Questa mattinata di fine agosto mi rendeva ansiosa. Ansiosa perché la fine dell'estate aumentava in me la malinconia. Perché voleva dire ricominciare a sopportare gli scleri di mia sorella Azzurra, che si apprestava a frequentare l'ultimo anno di liceo linguistico. Perché voleva dire dover aiutare mia zia Marina con i compiti e i problemi dei suoi bambini, dato che faceva l'insegnante. E perché voleva dire per me l'anno della svolta. A vent'anni avevo già avuto molte responsabilità. Mia zia aveva sempre potuto contare su di me, anche perché mia sorella dava più problemi che altro. Ora però dovevo pensare a me stessa, e cercarmi un lavoro. Un lavoro che mi permettesse di realizzarmi, e di aiutare mia zia, che aveva fatto tantissimo per noi da quando era successa quella cosa tremenda.
Già. Quella cosa che mi aveva sconvolto. La morte dei miei genitori in un incidente aereo, avvenuta 13 anni prima. Io e mia sorella avevamo rispettivamente 7 e 6 anni. Quell'avvenimento cambiò per sempre la mia vita. Mi rese triste, ombrosa, scontrosa con il resto del mondo; la mia infanzia non fu felice, poiché mi tormentavo ogni giorno con un sacco di possibilità. Se io, se lei, se loro, se, forse.. I miei avevano desiderato tanto quella vacanza. Per stare un poco da soli, per godersi due settimane in un posto da sogno. Avevano risparmiato dai loro stipendi per prenotare in quell'isola. Quella maledetta isola, Maiorca. Partirono e non ci arrivarono mai. Mille sogni andati in fumo. Quando ci arrivò la notizia eravamo con mia zia, nel nostro appartamento di Roma. Non ho molti ricordi del momento, data la mia piccola età di allora. So solo che prima della partenza non li avevo nemmeno salutati come si doveva. Ero arrabbiata con loro. Perché era la prima vacanza che volevano fare senza di noi, e mi avrebbero mandato in una di quelle colonie, insieme agli altri bambini, e ovviamente a mia sorella. Non li avevo nemmeno salutati come volevo. Non avevo detto loro quanto li amassi. E non li avevo più rivisti. Non avevo mai preso un aereo in vita mia, e dopo quel maledetto lunedì la mia idea di prenderne uno scomparve del tutto. Io e Azzurra eravamo state affidate a mia zia Marina, la sorella di mia mamma. Era l'unica che avrebbe potuto prendersi cura di noi, non avendo i nonni era la parente più vicino a noi. E mia mamma la adorava. Era più giovane di lei, aveva 40 anni ora. Certo ritrovarsi a 27 anni con due bambine da crescere non deve essere stato facile per lei. Ma la volontà di mia mamma era questa, e per amor suo lei ci prese con sé.
Ci trasferimmo in questa casetta, distante un'oretta circa da Roma, quasi subito. Nell'appartamento mia zia aveva troppi ricordi. E pensava che anche a noi non avrebbe fatto bene restare lì. E poi lei non era una tipa da città. Le piaceva la tranquillità della campagna, e dei piccoli paesi. E poi li ci era cresciuta, con mia mamma. La casa era bella. Mi era sempre piaciuta. Avevamo un giardinetto davanti e un pezzo di prato anche dietro alla casetta, distribuita su due piani. Sotto c'era la cucina con la sala, un bagno, la camera di mia zia e un'altra cameretta, di solito usata come ripostiglio, e all'occasione per gli ospiti. Di sopra attraverso una scala dalla sala si raggiungevano le due stanze, una mia e una di mia sorella ed un altro piccolo bagno. Accanto alla nostra villetta ce ne era un'altra. Erano separate da un muro con una siepe sopra. Dal retro però ci si poteva tranquillamente vedere, visto che vi era solo un muretto in questo caso. Davanti al cancello vi era uno spazio prima di arrivare alla stradina, dove mia zia parcheggiava la sua macchina. Avevamo anche una piccola tavernetta, dove pranzavamo d'estate quando faceva caldo, e che usavamo anche come magazzino. Lì c'era la mia amata bicicletta, che spesso usavo per raggiungere il paesino, distante 5 minuti da casa nostra, o per andare al piccolo fiume che scorreva giù nella valle.
"Anitaaaaaa dove hai messo il mio mascara nero?" le urla di mia sorella mi fanno quasi sobbalzare, mentre apro la porta del mio balcone per far entrare aria pura nella mia stanza. "Che ne so mica l'ho preso io!". Alle nove di mattina doveva già urlare. Dopo essermi messa dei pantaloncini e una canottiera scendo di sotto. Mia zia aveva già prearato la tavola, con caffè e brioche. "Giorno" le dico sorridendole e sedendomi al tavolo di fronte a lei. "Oggi hai da fare?" mi chiede. "Mmm no.. direi di no" dico pensierosa. "Perché io volevo andare a Roma, devo comprare un pò di cose. Se vuoi venire con me, senno resti qui, come preferisci. Tanto per le 18 sarò a casa, che poi stasera c'è anche la festa qui da Patri per il ritorno del figlio" mi sorride.
Wow, che notiziona fantastica... Mia sorella mi aveva tormentato tutta la settimana per il ritorno di quel ragazzo, il nostro vicino. Era stato 4 anni lontano da casa. Prima era andato in Spagna, aveva viaggiato, poi era rimasto un anno a Roma. L'ultima volta che lo vidi avevo 16 anni e lui 17. Non avevo mai avuto un chissà quale rapporto con lui. Era antipatico, almeno per quello che lo potevo conoscere, ovvero molto poco; ricordo che ci andavo d'accordo soltanto da bambina. Verso i 12-13 anni aveva cominciato a darmi fastidio. E quando qualcosa non mi piace io mi allontano, e lascio subito perdere.
"Non so zia. Preferirei restare qui. C'è ancora un sacco di sole e magari mi abbronzo ancora un poco, visto che saranno gli ultimi giorni caldi. Poi pulisco casa e porto Whisky al fiume" dico mentre addento il mio cornetto alla nutella intinto nel latte. Whisky era il nostro cagnolino. Aveva 2 anni, era un piccolo cagnolino a pelo corto, color marroncino chiaro e lo amavo alla follia. Era l'unico che mi capiva, l'unico che mi stava sempre accanto. Gli animali e mio parere erano meglio delle persone a volte. "Va bene Anita come vuoi. Azzurra che fa ancora dorme?" domanda mia zia; nel frattempo sentiamo i passi per le scale, e scorgo la sua chioma bionda. "Buongiorno belle mie!" sorride mia sorella, mentre si accomoda al tavolo prendendo anche lei un cornetto. "Io vado da Silvia, stiamo insieme e rivediamo gli ultimi compiti prima di tornare in quell'inferno. Per cena sono a casa che torna Matti!" e quasi esulta per questo avvenimento. Mi esce quasi una smorfia. Silvia era la sua compagna di classe ed abitava alla valle, vicino al fiume. "Va bene, basta che li fate tutti i compiti, mi raccomando che questo è l'ultimo anno!" dice mia zia rivolta a mia sorella, mentre mette le tazze nel lavandino. "Si..che palle non vedo l'ora di finire tutto! Ci vediamo stasera allora!" ed esce dalla cucina, premendo il pulsante per aprire il cancello.
Mia zia era appena uscita in auto; vado in camera mia a sistemare e rifare i letti. La stanza di mia sorella fa quasi paura a vederla. É tutto in disordine, c'è un tale casino tanto che non riuscirei a rimanere li dentro nemmeno un'ora. Vestiti sparsi sul letto e sulla sedia, zaino e libri buttati per terra. Incredibile. Eppure lei invece era sempre impeccabile nel suo aspetto fisico. Il contrario esatto della sua stanza.
Dopo aver pranzato con un panino infilo il mio costume preferito. Un bikini color pesca. Lego i miei lunghi capelli rosso scuro in una coda e metto gli occhiali da sole. Prendo l'asciugamano. Vado nel giardino sul retro insieme a Whisky, che si accuccia sotto la pianta per avere ombra. Mi sdraio sul telo da mare dopo essermi spruzzata un po di crema solare. Amavo il sole. E amavo vedere la mia pelle diventare scura. Anche se il mio colorito non raggiungeva chissà quali sfumature. Purtroppo quel lusso potevano permetterselo solo le persone dalla pelle già scura, e non era proprio il mio caso.
La tranquillità del momento mi piaceva assai. Dopo un'ora al sole sento la mia pelle bruciare. Li accanto a me c'é la piscinetta blu. La usavamo da piccole, e ultimamente era diventata di Whisky. Nelle giornate più afose amava farsi un bagnetto. Posso farci un giretto pure io però. Ho troppo caldo.
Entro e mi immergo completamente nell'acqua, lasciando che il mio corpo si raffreddi un poco. Dopo cinque minuti Whisky si butta dentro, schizzandomi sul viso. "Esci subito!" gli urlo. Non sembra volermi ascoltare. Che peste. Esce e rientra, esce e rientra dalla piscina portando inevitabilmente l'erba nell'acqua.
Vabbe ho capito non ci posso stare qui. Mi alzo e mi preparo ad uscire dalla piccola piscina.
Scrollo i capelli, lasciando scivolare l'acqua lungo il mio corpo. Mentre alzo lo sguardo sento una voce. "Noo nun ce credo. Anita?". Mi volto di scatto e lo vedo lì. I gomiti appoggiati sul muretto. E quella sua stessa faccia da schiaffi di sempre. La stessa faccia di 4 anni fa, con quel sorriso impertinente stampato in volto. Raccolgo immediatamente il telo mare e ci avvolgo il mio corpo. Provavo un poco di imbarazzo nel mentre i suoi occhi erano su di me. "Ciao" dico facendo un cenno con la mano. "Se non t'avessi visto qua a casa tua nun t'avrei mica riconosciuta lo sai? Sei cambiata" mi fa un occhiolino ammiccando . "Tu invece sei sempre uguale" gli rispondo. "O prendo come un complimento va! Senti ma tù sorella?" domanda sporgendosi al di qua del muretto. "É da Silvia. Comunque ora vado" gli dico. Non avevo voglia di parlare con lui, e non mi aspettavo nemmeno che fosse già arrivato. "Non ci vediamo da 4 anni e manco me chiedi come sto, che ho fatto de bello...ce vieni stasera di qua almeno?" mi domanda indicando con l'indice la casa alle sue spalle. Annuisco. "Te aspetto a braccia aperte allora" dice allontanandosi. Pure io..non vedo l'ora penso sbuffando.
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||Alcune Sere|| ~ Briga
RomantiekEra questo l'inconveniente di vivere in un piccolo paese. Anche se non lo vuoi, tutti sanno tutto di te. Io invece cercavo di farmi i fatti miei, immersa nel mio mondo. E le sere passate in quel giardinetto me le ricordo come fosse ieri. Persa nei m...