"La avverto signorina un'altra azione del genere e non la passerà liscia come questa volta" disse il commissario della polizia con aria minacciosa.
Io me ne stavo lì seduta a guardarlo anche se non avevo un'idea precisa di quello che stava succedendo intorno a me.
"Si rende conto di quello che ha fatto? Poteva uccidere la sua amica" continuò puntandomi il dito adosso.
Lea era seduta nella sedia accanto alla mia,aveva una specie di tic nervoso all'occhio destro e non riusciva minimamente a stare ferma, anche il più sciocco tra tutti i poliziotti avrebbe capito che se la stava facendo sotto dalla paura.
Io preferivo farmi vedere risoluta in ogni circostanza,abbandonarsi alle emozioni e alle insicurezze mi è sempre sembrato una perdita si tempo.
"Signorina mi ascolta quando le parlo?" proseguì il commissario con un tono di voce sempre più minaccioso.
"La ascolto" sorrisi maliziosamente.
"Bene, dovremmo avvertire qualcuno della vostra famiglia per farvi venire a prendere,quindi vi lascerò qualche minuto di tempo per riflettere,al mio ritorno dovrete darmi nome e numero" disse queste parole uscendo dalla stanza e sbattendo la porta. "Chi chiamiamo? Sarà una tragedia!" esclamò Lea iniziando a muovere i piedi per terra in modo compulsivo e nervoso.
"Adesso stai calma qualcosa ci inventaremo" la rassicurai incrociando le gambe e voltandomi dalla sua parte.
"Che ne dici di tuo padre?"
"Ti sei rincretinita Lea? Mio padre è l'ultima persona da chiamare.."
"Allora Meg?" Domandò velocemente.
"Senti,perché deve essere qualcuno della mia famiglia,perché non può essere tua madre o tuo padre?"
Lea si zittì perché probabilmente aveva capito che facevo sul serio, a quei tempi avevo l'aria di una persona molto dittatoriale mentre ora penso di averla persa.
"Chiameremo mia madre Lea,tranquilla! Tanto quella donna non fa altro che imbottirsi di psicofarmaci e saprà tenere la bocca chiusa"
Lea sorrise e si calmò per qualche istante.
Presi una penna e scrissi velocemente il numero di mia madre lasciandolo in bella vista sul tavolo del commissario.
Poi mi alzai e incominciai a frugare nella stanza "scommettiamo che riesco a trovare qualcosa di interessante?".
"Soph non fare cosa di cui potrai pentirti" mi disse Lea.
"Non faccio mai cose di cui poi me ne pento".
Aprii un vecchio cassetto e trovai un pacco di sigarette consumato a metà ed un piccolo accendino rosso, le presi nascondendole nella borsa.
"Fumo?" Esclamò sbalordita Lea.
"Già" le risposi ridendo.
Appena sentii un rumore provenire dalla porta mi misi a sedere ed aspettai il ritorno del commissario.
"Signorine i numeri velocemente" esclamò l'uomo sempre con quella faccia burbera.
"È sul tavolo bello"
"Come mi hai chiamato?" Mi domandò guardandomi in faccia con occhi di fuoco.
"Non si agiti troppo e faccia quel dannatissimi numero così potrò uscire di qua" risposi con tutta tranquillità.
Il commissario prese il foglietto e sempre con aria minacciosa compose il numero di telefono di mia madre.
Mia madre all'epoca assumeva psicofarmaci e non dava l'idea di essere una donna molto quadrata, aveva circa quarant'anni e soffriva di disturbi psicologici. La notte dormiva poco per questo assumeva spesso dei tranquillanti che le servivano come sonniferi,era costretta anche a fare uso di antidepressivi da quando aveva scoperto che mio padre si era trovato un'amante.
Avete capito bene proprio una bella amante giovane giovane,il solo pensiero di mio padre a letto come una ragazzina mi faceva venire il vomito.
Mia madre era così tanto rimasta sconvolta dalla notizia che per più di due settimane non osò mettere piede fuori casa. Quando mia sorella più grande Meg era riuscita a farla uscire la aveva accompagnata dallo psicologo ed è da lì che aveva iniziato ad imbottirsi di farmaci.
Non era una donna stupida ma bisogna ammettere che tutte quelle medicine le avevano dato alla testa per questo decisi di chiamarla.
"Vostra madre si è molto spaventata ma sta arrivando" commentò il commissario abbassando la cornetta.
Passò circa un'ora e come promesso arrivò. Scarlett,così si chiama mia mamma,mezza addormentata entrò all'interno del commissariato, indossava un paio di jeans a vita alta e un maglioncino nero dal collo alto,i capelli biondo cotonato non erano minimamente pettinati e gli occhi erano lucidi.
"Grazie signor commissario di avere aiutato la mia bambina e la sua amica" disse.
"Dica alle sue bambine di stare più attente perché azioni del genere non sono più ammesse, guidare in stato di ebrezza senza nemmeno avere con sé il foglio della patente è un'azione molto grave e severamente vietata" affermò il commissario guardando mia madre.
"È stato un disguido, Sophie é così una brava ragazza, questi giovani si fanno prendere un po' spesso la meno"
"Firmi questi fogli signora,per ora le signorine sono libere ma posso garantire che questa azione finirà nel loro curriculum" il commissario passò delle schede a mia madre che lei firmò velocemente. "Sì, ora possiamo andare?" Commentò Mamma.
"Certo Signora" fece per aprire la porta.
Lea e mia madre si precipitarono subito fuori dalla porta mentre io prima di uscire presi una sigaretta dalla borsa portandomela tra i denti "le consiglio di chiudere a chiave i cassetti se tiene al suo posto di lavoro".
"Ragazzina impertinente!" Mi gridò dietro l'uomo.
Appena uscii dal commissariato mia madre iniziò a borbottare qualcosa sui pericoli ai quali andavo incontro e roba di questo genere,non le prestai molta attenzione l'unica cosa che capii di preciso era "e ringraziami che anche questa volta ti ho parato il culo".
Annuii a tutto perché ero certa del fatto che non avrebbe detto nulla a mio padre e infine le offrii una sigaretta per farla smettere di parlare.
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SOPHIE [ #Wattys2016 ]
Novela JuvenilUna massa indomabile di capelli neri, pessimismo allo stato puro e giusto un pizzico di poesia, questa è Sophie. Lei non bacia, non ama e cerca di mostrarsi risoluta davanti alle persone. Cresciuta all'interno di una disastrosa situazione famigliare...