Capitolo XIII

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Non avevamo parole, non sapeva minimamente di cosa parlare, due estranei che camminavano per le stradine di Hyde Park.
Non avevo bisogno di parole perché sarebbero state sicuramente superficiali.
Cosa poteva importare, ad una persona quasi sconosciuta, quello che poco prima avevo visto all'interno del locale? Poteva interessargli il fatto che la mia famiglia non era più la stessa da quando mio padre ci aveva abbandonato? Poteva interessargli il disturbo psicologico di mia madre? O il fatto che stava per entrare in un college senza poter impedire nulla?
Iniziai a guardarlo per capire che tipo di persona potesse essere e come al solito mi soffermai sui dettagli.
Il suo corpo sembrava piuttosto muscoloso e palestrato, forse era uno sportivo nato o forse era imbottito di doping.
Prima lo immaginai ad allenarsi facendo sollevamento pesi, poi lo vidi come playmaker di una squadra di basket.
Ero sicura del fatto che lavorasse come cameriere, ma si trattava di un lavoro part-time o qualcosa di più duraturo?
E la famiglia? Magari lui era il fratello più piccolo di una felice coppia di cinquantenni oppure il fratello maggiore di due giovani appena sposati.
"Perché mi stai guardando?" mi chiese rompendo il silenzio.
"Perché volevo capire chi fossi" risposi abbassando la testa.
"Non ti fidi di me?"
"Non ho detto questo, volevo solo leggerti"
"bene"
Scavalcammo un altro cancello e anche questa volta la sicurezza fortunatamente non ci beccó.
Girovagare per Hyde Park di notte era proibito, ma a me non importava, ero e sono tutt'ora amante del rischio.
Ci sedemmo su un piccolo muretto sotto ad un albero, era buio e non vedevo ad un palmo dalla mia mano.
"Perché sei qua con me?" mi domandò con un tono di voce piuttosto basso.
"E tu perché lo sei?"
"Rispondi prima tu" concluse.
" Forse perché mi piace il pericolo"
"Ed io sarei il pericolo?"
"No"
"Allora?"
"Lascia perdere"
"Vuoi provarci?"
"Va bene" risposi pensado che sarebbe stato un buon modo per dimenticare la scena precedente.
Si avvicinò prendendomi la mano ed incominciò a toccarmi.
Quando la sua bocca provò ad avvicinarsi alla mia, mi attraversò una strana sensazione di vuoto mista a paura.
Mi distaccai freddamente.
"Cosa c'è?" mi domandò infastidito.
"Non voglio" risposi.
"Cosa?"
"Quello che stava succedendo"
Si voltò dall'altra parte ignorandomi per un po,' fino a quando non tirò fuori dalla tasca qualcosa.
"Prendi questa pastiglia"
"Che cos'è?"
"Non farti domande e prendila"
Sapevo benissimo che si trattava di qualche droga strana che mi avrebbe mandando in frantumi il cervello, ma che avevo da perdere?
Nulla.
Volevo dimenticare, dimenticare tutto forse quasi tutta la mia vita.
Avevo davanti lo strumento tramite il quale avrei dimenticato, lo strumento che mi avrebbe portato ad una strana felicità.
La accettai, nel modo in cui Eva colse il frutto proibito, il male riusciva quasi sempre a sedurmi.
Aveva uno strano sapore ma la ingoiai senza pensarci troppo, non volevo e non dovevo pensare.
Il tempo lentamente scorreva ed io non vedevo l'ora che quello schifo mi facesse effetto.
La pastiglia inzió a circolarmi in corpo, provai una strana leggerezza ed incomincia a ridere senza un motivo preciso.
Mi alzai velocemente dal muretto ma il ragazzo accanto a me mi fermò stringendomi il polso.
Volevo scappare, avevo una tale adrenalina in corpo ma come al solito non lo feci.
Mi abbandonai nuovamente allo sconosciuto senza farmi troppe domande, senza un motivo preciso.
Volevo sentirmi viva, volevo dimostrare a me stessa che c'era una via di scampo da tutto l'odio che avevo accumulato nel corso della vita.
La verità è che avevo un vuoto dentro, un vuoto incolmabile che cercavo di riempire in tutti i modi possibili e non mi rendevo conto dei miei costanti errori.
La droga mi provocò forti allucinazioni, forse le più pesanti di tutta la vita.
Vidi Nick in lontananza che correva verso di me gridando qualcosa, a tratti Pat anzi in certi casi mi sembrava che al posto del ragazzo conosciuto in discoteca ci fosse lui a fare sesso con me.
Che cosa orribile!
Confusi la sua viscida mano con quella amorevole del mio fratellino.
Improvvisamente si avvicinò anche Meg, o meglio non era Meg.. le assomigliava molto ma i tratti del suo viso ricordavano molto quelli di mia madre da giovane.
Vidi anche mio padre, stava scendendo da una moto e lentamente si stava avvicinando
Tirò fuori un pacchetto regalo mentre sorrideva.
"Buon compleanno Sophie!" esclamò.
Stavo per rispondere quando percepii una voce dal suono famigliare.
"Grazie papà!"rispose.
Ero io, mi ero dimenticata di quanto fosse semplice essere bambini, ero così piccola, così felice.
Saltai al collo di mio padre e lui mi abbracciò stretta al suo petto.
Perché mi hai fatto questo? perché mi hai illusa? Ti sei preso gioco di me?
Incomincia a tremare, tra un'allucinazioni e l'altra, tra un battito di ciglia ed un altro.
Sensazioni di vuoto, di vertigini si propagano in ogni centimetro del mio corpo,quello che prima sembrava paradiso si tramutó ben presto in un inferno, svelando così la sua vera natura.
Mi sentivo perduta, all'interno di me stessa, annegata in un mare di ipocrisia,non ricordo più nulla, se non un grande orrore.

SOPHIE  [ #Wattys2016 ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora