capitolo 3.

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-Quindi mi prendete?- non posso fare a meno di sorridere a trentadue denti.
-Si, una persona in piú non ci fará male.- mi risponde la ragazza dai capelli rossi al di lá del bancone.
Sono qua due due giorni e ho giá trovato un lavoro, fantastico direi.
Non sono mai stata una barista, non so nemmeno se sono capace, ma con un po di aiuto ce la faró a fare tutto.
Il bar non é ne piccolo ne grande, normale. É anche abbastanza affollato, ma mi sembra ovvio dal momento che é l'unico qua in questo paesino.
-Quando posso cominciare?- chiedo alla ragazza che nel frattempo aveva tolto gli occhi da me e stava preparando un caffé ad un anziano vicino a me.
-Questo pomeriggio. Fatti viva verso le 14.00- non ribatto, mi limito ad annuire facendomi vedere il piú contenta possibile, infondo lo sono.
Esco dal bar salutando la ragazza e giro verso la via di casa mia.
Devo decidermi a fare delle amicizie, mi sento terribilmente sola e triste senza nessuno con cui confidarmi. Ho mio fratello, é vero, ma con tutto il bene che gli voglio, per ora non é mai riuscito a farmi stare veramente bene con i suoi consigli.
I miei amici di Bologna invece si: sembravano magici, ogni volta che gli raccontavo i miei problemi, in qualsiasi modo riuscivano a farmi stare bene e riuscivo a sorpassare tutto. Mi mancano cosí tanto...
Mi fermo davanti al portone di casa mia e cerco le chiavi nella mia borsa. Non le trovo. Non puó essere vero, i miei non ci sono e neanche mio fratello. Come cazzo faccio? Sono sempre cosí disordinata.
Mi siedo sopra lo scalino del portone ad aspettare, non so precisamente quando rientreranno i miei genitori oppure Lorenzo, quindi non so neanche quanto dovrò aspettare.
Sospiro appoggiando la schiena al portone.
-Sbrigati Gianluca!- sento urlare. Mi giro di scatto e noto che un signore dai capelli grigi sta uscendo dalla porta della casa accanto alla mia.
Presumo sia il padre di quell'antipatico.
Dopo di lui, infatti esce anche il moro basso.
Alzo gli occhi al cielo e mi volto dall'altro lato, mi sta veramente sulle palle.
-Papá, puoi aspettarmi in macchina? Devo fare una telefonata a Piero per metterci d'accordo.- parla a bassa voce, ma riesco a sentirlo comunque.
-Puoi telefonargli in macchina, siamo in ritardo.- ribatte il padre con tono scocciato.
-No, non lo siamo.- fa un piccola pausa e poi continua -aspettami in macchina, arrivo tra due minuti.-
Non sento risposte, quindi deduco che si sia avvicinato alla macchina.
-Cha fai qua fuori?-
Dio mio che colpo, ho perso dieci anni di vita dalla paura. Mi giro e vedo l'antipatico che si sta sedendo accanto a me.
-Non credo siano affari tuoi, tu sempre dove sono io devi stare?- scorro di qualche centimetro per evitare qualche possibile contatto con lui.
-Guarda che sei tu che sei arrivata qua da qualche giorno, io ci sto da quando sono nato.- accenna una risatina che mi da troppo fastidio.
-Senti, che cosa vuoi?- taglio corto alzando un po il tono della voce.
Lo vedo incupirsi e subito distoglie lo sguardo da me.
-Volevo scusarmi.- lo dice con voce cosí bassa che quasi non lo sento.
-Scusa?- chiedo incitandolo ad alzare il tono della voce.
-Ho detto che ti volevo chiedere scusa per quello che ti ho lasciato intendere.- questa volta lo sento bene e, posso ammettere che mi viene da sorridere, non so perché.
-Peró é vero quello che ho detto. Tutte mi vengono dietro appena sanno chi sono, ma tu no, sei stata l'unica.- accenna un sorriso.
Per un attimo mi perdo nei suoi occhi marroni/verdi, é incredibile, non mi é mai capitato di focalizzarmi per piú di cinque secondi gli occhi di un ragazzo.
Una domanda mi sorge spontanea -E se ti fossi venuta dietro, che cosa avresti fatto?-
Fa un'espressione indecifrabile che non riesco ad interpretare e poi ride.
-Vedendo che sei bellissima, sicuramente ti avrei portata a letto come ho fatto con tutte.-
"Almeno é stato sincero" ammetto a me stessa.
-Mi dispiace, okay? Non voglio che tu ce l'abbia con me. Sei la mia nuova vicina, voglio avere un buon rapporto con te.-
Ammette quasi speranzoso che io possa perdonarlo.
E lo faccio. Qualcosa dentro mi porta a non vederlo piú come l'antipatico che se la tira e che é viziato.
-Va bene, scuse accettate.-
Infondo é solo stato abituato male da tutte le ragazze del mondo.
Fa un sospiro di sollievo e subito dopo si alza.
-Giuro che rimarrei a parlare con te per conoscerti meglio, ma domani ho un concerto, quindi devo proprio scappare.- alza il polso per guardare l'ora. -torno tra un paio di giorni, mi prometti che poi prendiamo un caffè insieme?-
Annuisco. -Mi sa che peró il caffé te lo faró io.- sorrido alzandomi dallo scalino.
-Lavorerai al BereBene?-
Annuisco una seconda volta -Comincio oggi pomeriggio.- annuncio fiera di me stessa.
-Oh, bene! Allora saprò sempre dove trovarti, non mi potrai scappare!- detto questo, mi saluta con la mano e poi si gira per andare via.
"Non mi potrai scappare" questa frase non se ne va dalla mia testa, sinceramente non so bene il motivo.
Mi risiedo sullo scalino e tiro fuori il mio cellulare, qualcosa mi dice che l'attesa sará ancora lunga.

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