Intermezzo natalizio

3K 108 9
                                    

Aubry sospirò di dolore seduto nella sua poltrona preferita davanti all'enorme camino della biblioteca. Gli occhi chiusi e le mani strette al pomolo della sedia mentre stringeva i denti dalla frustrazione. Erano settimane che Domenic era scomparso portandosi via la loro figlia, e l'unica cosa che riusciva a sentire era la sua traccia magica nell'aria, come un dolce profumo afrodisiaco che gli ricordasse che c'era stato e non era un sogno troppo bello. Da quando erano scomparsi senza lasciare traccia si sentiva di volta in volta sempre più stanco e sofferente, come un male oscuro che gli serpeggiava lungo l'animo e sapeva che si trattava del loro legame che andava incrinandosi, o forse spezzandosi. Vi aveva resistito anche quando aveva percepito il tentativo di Domenic di romperlo totalmente lasciandoli scoperti e deboli, aveva contrapposto ogni briciola del suo potere a quell'assalto, riuscendo a proteggere in parte il loro nodo permettendogli di sentire la sua anima, seppur lievemente. Non era abbastanza per placare il suo dolore, in parte attenuava la mancanza del compagno, la sua perdita, ma il dolore era sempre presente, come un chiodo rovente conficcato a forza nelle sue carni martoriate, ma sapeva che doveva essergli sufficiente anche perché non poteva andare a riprendersi il suo compagno. Quando aveva scoperto dove si era rifugiato aveva distrutto buona parte del mobilio della loro camera prima di riuscire a riacquistare parte del suo controllo e sopprimere un onda di orgoglio. Aveva da sempre, anche inconsciamente, sottovalutato l'astuzia del suo demone, pensando solo al lato magico di questo e classificandolo come inutile paragonato al suo. Ma invece il bruno aveva molte risorse e compensava con l'intelligenza e l'acume quello che gli mancava in magia. Aveva sempre e solo pensato ad un confronto diretto, ma mai che progettasse la fuga per se e sua figlia, non si era reso conto di quanto quel suo piano, all'apparenza perfetto, nascondesse trappole e insidie di cui una gli si era appena rivelata. Domenic era stata più furbo di lui e l'aveva giocato limitandosi a sparire nell'aria usufruendo di quella debole magia che aveva e della sua agilità acquistata negl'anni passati come orfano. Si era svegliato la mattina successiva trovando la parte di letto occupata dal marito intatta e fredda, terribilmente anonima, e con un brivido si era alzato di corsa indossando la vestaglia e correndo nella stanza della figlia, per trovala vuota e fredda esattamente come il letto. Aveva allarmato ogni guardia e demone perché setacciassero l'isola, ma quando i primi rapporti negativi erano giunti Aubry aveva appurato che oramai i due fuggiaschi erano lontani da lui. Li aveva persi, persi quando tutto quello che aveva fatto in quegl'anni verteva sul tenerli al sicuro e permettergli una lunga vita serena. Invece aveva fatto un madornale errore. Sapeva benissimo la fragilità emotiva del compagno, quanto ancora si sentisse indegno di lui e di quella vita a lungo ricercata. Conosceva alla perfezione la sua insicurezza e il dolore che provava nel vedere, o credere, mille altri pretendenti migliori di lui. E naturalmente il suo atteggiamento in quegl'ultimi anni doveva aver accentuato, se non confermato, quelle sue paure.

Stava così male senza di lui, se ora avesse potuto averlo di nuovo lì gli avrebbe fatto capire cosa intendeva per Compagno d'Anima e soprattutto, l'avrebbe abbracciato così forte da aver l'illusione di poterlo inglobare dentro di sé, lo rivoleva con lui, rivoleva quella vita semplice e spensierata che avevano condiviso fino a poco tempo prima, fino a che il peso della guerra degli Eredi e del comando del Consilio, non si era fatto troppo pressante da richiedergli una soluzione immediata, e l'unica che aveva trovato era stata quella. Avventata, pericolosa, stupida ma era la sola idea che poteva salvare la sua isola, il suo mondo e riportare un po' di ordine all'interno della società demoniaca. Oltre a tutti i pensieri e dolori sulle condizioni di suo marito, c'era anche la preoccupazione per sua figlia. Quel tenero angelo doveva essere molto spaventato e non osava pensare a come si potesse sentire lontana da lui quando lì, a casa, trascorrevano la maggior parte delle ore insieme, loro tre, giocando o raccontando qualche bella storia. Sentiva ancora il brivido di felicità quando gliela avevano messa tra le mani, un fagottino rosa dagl'enormi occhi azzurri che piangeva e si stringeva a lui. Ricordava alla perfezione il sorriso stanco e felice di suo marito, la stretta dolce con cui li aveva abbracciati entrambi prima di cadere nel sonno......rivoleva tutto quello. Rivoleva la sua famiglia, il suo compagno, sua figlia, la sua felicità. Stava appunto vagliando l'idea di andarlo a prendere fregandosene del piano quando l'aveva percepita, la scarica di dolore e lacrime che gli aveva attraversato il corpo mentre si rendeva conto che non appartenevano a lui. Ci aveva messo relativamente poco a connettersi alla mente del suo compagno e l'onda di sconforto, colpa e rimpianto gli si era rovesciata addosso tutta all'improvviso. Dopo settimane di silenzio anche quel piccolo contatto lo aiutò a calmare il suo animo inquieto mentre cercava di assorbire il più possibile e percepire cosa non andasse. Dom, come si era immaginato, si stava incolpando di tutto e aveva fatto riaffiorare le sue antiche insicurezze e debolezze. Aveva cercato di rassicurarlo, convincerlo a tornare, ma dopo la nota straziante e il senso di bisogno e affetto che sentiva trasparire, non se l'era più sentita di spendere frasi vuote. Anche se fosse tornato niente sarebbe cambiato perché niente poteva cambiare, anzi, forse sarebbe stato costretto a metterlo a servizio del suo Tutore e la cosa lo faceva fremere di rabbia. E poi quando gli aveva detto di Harry aveva ceduto definitivamente convenendo con lui che era molto più al sicuro là che altrove. Sperava solo che Catrins ed Harry fossero in grado di consolarlo e sostenerlo come potevano, ma in cuor suo non poteva che pregare che quella guerra finisse in fretta perché voleva andare a riprenderselo e riabbracciarlo a sé. Con un singulto cercò di sopprimere le lacrime e il magone che rischiavano di sommergerlo, e facendo ampi respiri si costrinse a reindossare la maschera di freddezza che da anni portava. Dentro di sé si sentiva mancare ad ogni passo, ma non poteva permettersi di cedere, non quando erano ad un passo dalla svolta finale. Avrebbe dovuto farsi bastare quel breve ed inteso contatto con il marito per riuscire ad andare avanti, doveva farsi violenza per non pensare alla nota sconfitta, triste e addolorata che la voce di Dom conteneva, perché se solo ricadeva in quei ragionamenti, rischiava veramente di partire per Hogwarts ad andare a riprenderlo. Sperò però con tutto il cuore che avesse recepito il sincero e devoto amore che gli aveva mandato prima di interrompere il collegamento, e pregò perché riuscisse a servirsene per sopravvivere fino al suo arrivo.

Harry Potter e il mistero di Godric-Drarry <3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora