Prima sezione.

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Due occhi azzurri.
Sono ancora quei due occhi azzurri a tormentare il sonno di Michael.
Purtroppo la sveglia suona sempre troppo presto per dargli la possibilità di focalizzare il volto del proprietario di quei due pezzi di cielo.
Come ogni mattina, Michael trascina il suo stanco corpo verso il bagno per cercare di darsi una sistemata rendendosi presentabile. Anche se consapevole del fatto che sia solo una futilità: i bulli lo avrebbero preso in giro comunque, non sarebbe stata un pò di eleganza a fermare i loro pugni.
Sospirò. Non avrebbe mai trovato il coraggio di confessare questa cosa a qualcuno, né tanto meno di difendersi. Era uno sfigato, un debole e lo sapeva fin troppo bene. Dopo tutti quegli anni pieni di insulti e minacce, aveva finito persino a credere a tutto ciò che gli dicevano dietro, senza sapere che in realtà, in quelle parole, non c'era nulla di vero.
Ma ormai il suo cervello era abituato a una sorta di masochismo psichico, si insultava da solo e non ci vuole un genio per capire che, da questa situazione, uscirne è difficile, se non addirittura impossibile.
L'unica cosa che allontanava la sua pallida cute dalla lama lucente di un coltello era la musica. È facile dire 'la musica mi ha salvato', ma nel caso di Michael non si tratta solo di una frase fatta, ma delle basi su cui si fonda la sua ragione di vita. La musica lo ha portato ad avere un motivo per alzarsi al mattino e respirare e non ci sarà mai nulla che gli permetterà di separarsi dal suo amato piano. Nemmeno la dislessia che gli rende impossibile leggere un qualsiasi spartito è stata capace di buttarlo giù e di farlo allontanare dal suo strumento.
Ha scritto un sacco di canzoni e le ha musicate ad orecchio ma ancora nessuna casa discografica è stata disposta a offrirgli un contratto, né tantomeno ha trovato un posto in un qualche talent show. Là bisogna essere raccomandati da qualcuno di famoso e lui non aveva questa opportunità.
A 24 anni viveva ancora con i suoi genitori e doveva finire l'ultimo anno di college, lavorava part-time in un bar notturno spesso frequentato da gente poco raccomandabile, a scuola era un completo disastro ed era anche omosessuale. Non che se ne vergognasse, tutt'altro, solo che ciò gli portava spesso l'emarginazione da tutti i gruppetti di amici che convivevano nella realtà scolastica.
Proprio ora si stava avviando verso la fermata del bus più vicina a casa sua.
Dopo circa 10 minuti il mezzo pubblico si presentò davanti a lui. Salì su di esso e, trovato un posto libero, infilò le cuffiette estraniandosi dal mondo esterno per entrare nel suo di mondo. Così colorato e pieno di emozioni, senza discriminazioni o odio. Solo un profondo senso di gioia, pace e tranquillità.
Proprio mentre si immergeva fra le note di una canzone dei Beatles sentì una leggera pressione sulla spalla sinistra.
"È libero questo posto?"
La calda voce proveniva dalla persona che pochi istanti prima era salita sul bus. Un ragazzo di 22 anni, con i capelli di un biondo ramato e gli occhi color del mare.
Michael levò una cuffietta e si voltò a fissarlo. Non fu la bellezza dei lineamenti del suo volto ma bensì i suoi occhi. Quegli occhi che aveva sognato e cercato per così tanto.
"C-certo, siedi pure"
Ovviamente la timidezza aveva preso il sopravvento su di lui, ma perdendosi in quegli occhi era inevitabile.
Per distrarsi, rimise le cuffie, senza badare troppo al rossore che era apparso violentemente sul suo viso.
"Uh, sei pure asociale? Ho un compagno di pullman asociale" sghignazzò.
"Non sono asociale e non sono il tuo 'compagno di pullman' " mimò il gesto delle virgolette con le dita.
Sbuffò senza aggiungere altro e si concentrò su altre persone.
Intanto Michael guardava fuori dal finestrino, pensando a quanto fosse stato idiota a rispondere in quel modo: quel povero ragazzo era sicuramente nuovo e non aveva amici, ma d'altronde anche lui era solo. Lo accompagnavano solo le percosse che riceveva quotidianamente.
La scuola era vicina e già sentiva nell'aria la familiare paura che si ritrovava ormai intrisa nella sua pelle.
Dal vetro del finestrino poteva vedere Jonathan e il suo gruppetto pronto ad infliggere altro dolore gratuito alle sue stanche membra, deglutii e scese dall'autobus avviandosi verso il grande cancello col cappuccio della felpa tirato sulla testa.






#SpazioCrazyKiwi
Allora, abbiamo intrapreso questa nuova avventura. Non vedo l'ora di entrare nel vivo della storia, stavolta non metterò limiti, posterò quando l'ispirazione si farà sentire. Voi magari votate per farmi capire che la storia vi piace, oppure scrivete un commentino su qualcosa che non vi quadra. Accetto le critiche, soprattutto quelle costruttive.
Al prossimo capitolo koaline.

-On the bus. //Mikandy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora