Ventinovesima sezione.

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Era su di giri, l'alcool era ormai entrato in circolo nelle sue vene e arterie, mentre Andy non aveva idea di come si camminasse.
Dopo un paio di birre, aveva perso la voglia di bere ancora quella bevanda al gusto di luppolo così preferì lanciarsi su qualcosa di più pesante e tra vodka e Jack Daniel's, finì per ritrovarsi barcollante in una strada deserta di Londra.
Rideva senza motivo, inciampava nei suoi stessi piedi finendo in una pozzanghera che finiva per sporcargli i pantaloni di acqua piovana.
Ad un tratto iniziò a cantare a squarciagola una delle canzoni di Mika mentre pensava che, in effetti, stava soffrendo di più per la mancanza del riccio a ridere con lui che per il precedente litigio con Blaine, con il quale non aveva poi tanta voglia di riparare quella situazione.
Era piuttosto sicuro che se il battibecco fosse accaduto con Mika, molto probabilmente in quel momento sarebbe stato sotto la sua finestra per tentare di farsi perdonare e si rese conto che lui era più importante di chiunque.
Aveva realizzato quanto gli mancava. Quanto gli mancavano i suoi abbracci.
Le sue pacche sulla spalla.
La sua voce melodiosa e soave.
La sua risata cristallina che scoppiava all'improvviso e sembrava una musica così meravigliosa che avrebbe fatto invidia agli dei greci.
Il suo sorriso che avrebbe potuto scaldare anche il cuore più marmoreo.
La sua figura magra e slanciata che, anche se con pochi muscoli, presentava un corpo da urlo.
E poi i suoi occhi. Oh, per i suoi occhi avrebbe dato la vita.
Erano verdi? Marroni? A volte avevano anche sfumature oro, chi poteva capirlo?
Quegli occhi caleidoscopici ti sapevano intrappolare l'anima e la mente, facendo di te ciò che volevano.
Ti sapevano scavare dentro, fino a tirar fuori anche la più nuda parte del tuo io interiore.
Sapevano come metterti a tuo agio, ti capivano e ti sorridevano per infoderti sicurezza.
Perché quando Mika sorrideva, non era solo la sua bocca a mettersi in moto, ma anche i suoi occhi e tutto il resto del suo viso entravano in gioco. Insomma, lui era un ragazzo perfetto, da incanto.

Non aveva la più pallida idea di come si fosse ritrovato a pensare in quel modo del riccio, che fino a qualche minuto prima avrebbe definito come suo migliore amico, ma ormai aveva compreso l'importanza che quella persona aveva nella sua vita.
Era di più, molto di più.
Sdraiato su quella umida panchina, aveva appena ricevuto un'illuminazione nella sua testolina bionda che fino a quel momento si era rifiutata di capire che voleva Mika.
Voleva lui e basta, tutto il resto era una formalità casuale che gli scivolava addosso come neve sotto il calore del sole.
Non gli importava di Blaine, di Jessie e né tanto meno di suo padre. Mika era ciò che contava di più così, ritrovata un po' di lucidità mentale, afferrò il telefono dalla tasca dei pantaloni neri e chiamò il libanese, senza pensarci troppo, senza soffermarsi su dettagli insignificanti che avrebbero potuto fargli cambiare idea.

Uno squillo, due e l'ansia cresceva. Sapeva che Mika aveva l'incontro con una casa discografica quella mattina ma in quel momento se ne dimenticò totalmente.
Non avrebbe dovuto però. Infatti ricevette un secco rifiuto alla telefonata. Nemmeno un messaggio in cui spiegava il motivo di quella negazione, semplicemente la segreteria telefonica a fare da sottofondo in quella fredda sera inglese. Provò a richiamare ma nulla, il telefono ormai era staccato.

Decise così che era il momento di alzarsi da quella panchina di Finsbury Park e andare in un posto più caldo, per evitare di beccarsi un raffreddore.
Si diresse in un bar abbastanza familiare alle sue pupille infettate dall'alcool, non riusciva a rammentare però il motivo di quella specie di dejavù che lo colse non appena entrò.
Si sedette al bancone del bar e ordinò una coca-cola light e, sotto lo sguardo di scherno di chi lo servì, affermò che se avesse versato anche un'altra sola goccia di liquore nel suo corpo, sarebbe entrato in un coma etilico istantaneo.
Si guardò intorno, certo di essere già stato lì e, tutto ad un tratto lo vide. Seduto qualche sgabello più a destra del suo, mentre stringeva fra le mani una bottiglia semi vuota di birra.
Darren Evans.

#SpazioCrazyKiwi
Il ritorno. Gente, Darren is back.
Ammettete che vi eravate dimenticate di lui eheh.
Comunque il nostro greco ha finalmente fatto due più due nella sua mente da cameraman, contente?
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciatemi una stellina o un commento, accetto anche le critiche, soprattutto quelle costruttive. Al prossimo capitolo koaline.

-On the bus. //Mikandy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora