Trentatreesima sezione.

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E dove sarebbe andato ora? A casa sua non poteva tornare altrimenti suo padre avrebbe scoperto tutto e tanto meno sarebbe andato da Blaine.
Ormai era quasi giorno e il sole faceva capolino da dietro le alte case londinesi, annunciandogli un'altra sfiancante giornata.
Quanto avrebbe voluto che Mika fosse lì, a passeggiare con lui, a ridere, a parlare delle cose più strambe, ad abbracciarlo e ad avere idee impossibili che avrebbe dimenticato dopo pochi secondi.
Quanto avrebbe voluto anche solo vederlo da lontano, sapere che lui c'era, che stava lì.
Ma più di ogni altra cosa, avrebbe voluto sentire il suo profumo, come quella notte in cui avevano dormito insieme, abbracciati. Quando le sue narici erano totalmente invase dall'odore del riccio. E stava bene.
Al tempo, non aveva ancora capito cosa provasse per Mika, aveva la mente totalmente confusa da chissà cosa. Ma il suo cuore aveva già capito tutto e lo aveva spinto a stringere il magro corpo del libanese fra le sue braccia durante quella splendida nottata. Forse una delle migliori della sua vita, senza nemmeno aver fatto sesso. Perché le notti migliori si passano avvertendo il calore della persona che ti sta accanto solamente facendo l'amore con la sua pelle, anche se coperta del tessuto di un pigiama.

Eppure sapeva benissimo dove si trovasse Mika al momento: era in America, dai suoi parenti e quello stesso giorno, anche se 8 ore prima, avrebbe avuto un colloquio con un'importante casa discografica. Non sapeva nemmeno come gli era andata, se ce l'aveva fatta. Non c'era stato.

Se ha ottenuto il contratto, io non ho festeggiato con lui.
Se non l'ha ottenuto, non ho potuto consolarlo, dirgli che ce l'avrebbe fatta prima o poi, convincerlo di avere una voce straordinaria. Sono così stupido, troppo impigliato nella stessa ragnatela dei miei inutili problemi.

No, i suoi problemi non erano totalmente inutili. Perché, mettendo un punto finale alla storia con Blaine, aveva offerto una nuova speranza a un possibile rapporto con Mika. Ma dopo tutto quel disinteressamento da parte sua, dubitava che il riccio gli avrebbe più rivolto la parola.
Probabilmente aveva già trovato un affascinante americano con cui divertirsi. E molto probabilmente si stava divertendo con lui proprio in quel momento.
Ma non doveva pensare a quello, doveva solo trovare un posto in cui provare a riposarsi e smaltire la sbornia, che gli stava già preannunciano un terribile mal di testa.

Dopo aver trovato una panchina abbastanza comoda per dormire, prese la prima metro del giorno e si concesse di fare il turista per Londra.
Fece colazione in un grazioso bar ai piedi della cattedrale di Westminster, la cui scuola fu frequentata da Mika, come gli aveva raccontato un giorno. Passò il resto della mattinata passeggiando e godendosi la città come non aveva mai fatto. Aveva visitato molti monumenti e chiese, lasciando i musei per ultimi, in cui voleva trascorrere il pomeriggio, dato che ad osservare tutte le meraviglie contenute in essi avrebbe impiegato ore ed ore.
Era anche riuscito a tornare a casa per farsi una doccia e cambiarsi, mentre i suoi genitori erano al lavoro.
Fortunatamente, nonostante il clima invernale e il Natale ormai alle porte, Londra gli aveva regalato uno spiraglio di sole, una luce perfetta per girare video e scattare foto stupende.
Mangiò velocemente un panino, mentre il mal di testa causato dal precedente stato di ebbrezza era fortunatamente svanito e poté dedicarsi con tutto se stesso all'osservazione della bellezza dei quadri esposti nella National Gallery.

Arrivata la sera, tornò a casa, dove ricevette un alquanto strana occhiata da parte del padre, il che lo fece preoccupare parecchio ma non ci diede molto peso. Passata la cena, trascorse la serata al computer, montando e modificando i video che aveva fatto durante il giorno e, in quel frangente, riguardando quelle immagini, si sentì quasi felice e libero.
Ma quando il pensiero di Mika lontano miglia e miglia riaffiorò nel suo cervello, un senso di vuoto si impossessò del suo corpo, a ricordargli che senza di lui non poteva nemmeno sperare nella felicità.
Non poté fare a meno di prendere il telefono e provare a richiamarlo. Provò, provò e riprovò. Ma il risultato era sempre quello che si aspettava: la segreteria telefonica.

#SpazioCrazyKiwi
Ho faticato tanto a scrivere questo capitolo, tra mal di testa, gite e compiti in classe non so davvero a cosa dedicarmi. Ma non vi lascerei mai senza continuazione e faccio del mio meglio. Scusate comunque per il ritardo.
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciatemi una stellina o un commento, accetto anche le critiche, soprattutto quelle costruttive. Al prossimo capitolo koaline.

-On the bus. //Mikandy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora