Terza sezione.

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Non fu molto il tempo che Mika trascorse su quel letto di ospedale, ma sarebbe stato molto il tempo in cui avrebbe dovuto tenere il gesso.
"Dai, fatti aiutare" Andy prese lo zaino di Mika, che intanto cercava in tutti i modi di imparare a usare le stampelle.
Dopo vari tentativi, riuscì a trovare una posizione comoda e camminare divenne molto più facile, infatti arrivarono davanti casa sua in una manciata di minuti.
"Bene Andy, io sono arrivato"
"Davvero? Pensavo abitassi molto più lontano da casa mia..."
"Perché? Tu abiti in questo quartiere?"
"Proprio in quella casa laggiù"
Indicò una casa che distava circa 50 metri da quella di Michael, in pratica si trovava tre case più avanti.
"Ah fantastico, così possiamo prendere il bus insieme prossimamente" gli fece l'occhiolino.
"Quindi hai accettato di essere il mio 'compagno di bus'?"
"Se per te va bene..." ridacchiò.
"Per me va più che bene, Mika. Comunque si è fatto tardi e mi conviene andare, prima che mia madre chiami l'FBI"
Quella semplice affermazione scatenò la risata di entrambi, che andava via via perdendosi nel vento mentre Andy tornava a casa.
Il riccio sfoderò le chiavi dallo zaino e le avvicinò alla serratura, ma non ebbe nemmeno il tempo di infilarle dentro, che si ritrovò davanti l'espressione preoccupata della madre.
"Mika! Ma si può sapere dove ti sei cacciato? E cosa diamine hai fatto alla gamba?"
"Tranquilla mamà, sono...ecco, sono solo caduto durante ginnastica, nulla di che..."
Non avrebbe mai potuto dirle ciò che era successo in realtà. Far sapere ai suoi genitori del bullismo che doveva soffrire giorno per giorno avrebbe sicuramente comportato una denuncia alla polizia da parte loro. E ovviamente questo non avrebbe fermato Jonathan, tutt'altro: lo avrebbe spinto a fargli più male, semplicemente per vendetta.
Per non parlare di quanto gli sarebbero stati addosso i suoi genitori, non avrebbe più avuto libertà e in questo modo la sua omosessualità sarebbe venuta fuori. Ed era proprio quello che avrebbe voluto evitare, almeno per ora.
"Entra Mika, ti preparo una cioccolata calda"
Superò la soglia della porta, lasciò cadere lo zaino ai piedi delle scale e, aiutandosi con le stampelle, arrivò fino in cucina, dove sua madre stava già sciogliendo una barretta di cioccolato in un pentolino a fuoco lento.
Si mise il più comodo possibile sulla sedia in legno e poggiò la gamba ingessata su una seconda sedia, posizionando per benino un cuscino al di sotto del piede.
Intanto la cioccolata calda era pronta e la madre gliela servì su un vassoio, accompagnata da una fetta di torta con scaglie di cioccolato e nocciole, buona solo come una madre libanese saprebbe farla.
Mika, che non aveva pranzato, apprezzò molto la torta, chiedendone un'altra fetta che divorò con altrettanta velocità.
Finita la sostanziosa merenda, ripose la tazza nel lavandino e andò in soggiorno a guardare un pò la televisione.
Si sedette sul divano poggiando il piede su un pouf e accese il tubo catodico.
Non prestò molta attenzione a ciò che trasmettevano, era troppo impegnato a sognare di leggere i numerosi libri sistemati in ordine alfabetico sugli enormi scaffali del salotto. Purtroppo la dislessia glielo impediva, essa trasformava tutte le parole in un minestrone di alfabeto e tutto ciò provocava una gran confusione all'interno della sua povera testa, infatti quando provava a leggere, l'unico risultato era sempre un dolore acuto alle tempie, che si prolungava sempre durante la notte, impedendogli un sonno tranquillo. Tra questi pensieri legati ai suoi sogni letterari, scivolò in un sonno profondo.

***

Si sentì squotere la spalla. Suo fratello Fortunè lo stava chiamando per la cena.
Si alzò a fatica dal divano per recarsi in cucina dove una deliziosa bistecca alla fiorentina lo stava attendendo, insieme a un'insalata di broccoli.

Terminata la cena, salì in camera sua e, fatti quei pochi compiti che riuscì a capire, si mise al piano per riprendere la melodia che tanto lo asfissiava in quei giorni. Eppure, nonostante la musica fosse nella sua testa, aveva ancora bisogno di una spinta in più per poterla suonare e, successivamente, aggiungerci un testo.
Provava e riprovava ma niente, le sue dita non ne volevano a che sapere di tramutare in realtà il suo pensiero.
Poi il telefono squillò: la telefonata tanto attesa era arrivata.







#SpazioCrazyKiwi
Eccoci qua con il terzo capitolo!
Cosa ci sarà di così importante in questa telefonata? Boh, si saprà al prossimo capitolo. Intanto fatemi sapere se la storia vi piace con stelline e commenti, accetto anche le critiche, soprattutto quelle costruttive.
Al prossimo capitolo koaline.

-On the bus. //Mikandy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora