Capitolo 17 - L'inizio della ricerca

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"James"

Siamo in piedi in silenzio, con i gomiti appoggiati alla ringhiera della 'nostra' terrazza.

"Dimmi, Izzy"

Respiro profondamente. Mi costa molto ammettere una cosa simile, io che ho sempre preferito tacere sui miei problemi personali...
Lo guardo. Tutti e due abbiamo lo sguardo perso nel vuoto.

"Mi mancano i miei genitori"

Una pausa, lo vedo accennare un sorriso, ma ancora è voltato verso la città, al contrario mio, che mi sto girando appena verso di lui.

"Ora penserai che io sia una di quelle bimbette sempre attaccate alla gonna della mamma, che se vanno in gita un giorno la devono chiamare almeno cinque volte... Non è così, te lo giuro. Il fatto è chi mi mancano tanto, proprio tanto, e vivere senza di loro non era stessa cosa" aggiungo.

Ora sorride veramente, con la dolcezza di chi prova compassione, ma anche qualcosa di più. Un sentimento diverso dalla pena.

Si raddrizza piantandosi di fronte a me. Mi scosta i capelli dal volto e mi sussurra: "Non ho mai pensato che tu fossi una bimbetta, Izzy, e non credo che lo penserò mai. Non dopo tutto quello che è successo"

Sorrido, con gli occhi lucidi. Si riferisce a Simon, anche.

"È arrivato il momento, Izzy"

"Di fare che cosa?"

Mi incuriosisce. Ha pronunciato quelle cinque parole con fare solenne, come se fosse questione di vita o di morte.

"Di trovare i tuoi genitori, Izzy"

"Oh"

Non sono in grado di formulare una frase migliore.

"È un 'noi'?" domando dopo un secondo di silenzio.

"Certo, pensi che ti lascerei mai sola?"

Sorridiamo e l'abbraccio. Il mio caro James.

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"Okay, allora, che cosa sappiamo dei tuoi genitori e di dove possono essere scomparsi? O anche solo del nesso che li lega a Simon e Harry?"

Rifletto un istante. Siamo seduti alla scrivania della mia camera, con Beth invece distesa sul letto. James, molto professionale, ha un foglio davanti dove prende appunti. Io, invece, mordicchio l'estremità di una matita, causando l'evidente fastidio del ragazzo.

"Simon ha parlato di un certo Black quando ho spiato lui e Harry dalla finestra"

"Black... è un cognome abbastanza diffuso. Il primo passo potrebbe essere questo: cercare tutti i Black di Boston e magari anche Cambridge, visto che tuo padre ha frequentato Harvard"

"Sì, possiamo cercare sull'elenco telefonico e su Internet. Qualcosa credo che lo troveremo"

"Sì, hai ragione, e poi possiamo fare un salto a casa di questi tipi o semplicemente telefonare loro"

"Wow, siete tutti cervelloni qui. Io mi sento vagamente a disagio, vedete, non perché non mi interessino i tuoi genitori, cosa del tutto errata, ma perché non so come posso rendermi utile" interviene Beth

"Aiutandoci nel cercare e andare a trovare tutte le persone che fanno Black di cognome. Abbiamo bisogno di te, Beth" le rispondo io solennemente e con un'aria seria che non pensavo di poter avere.

"Siamo una squadra, no?" aggiunge con semplicità James, suscitando i nostri sorrisi.

Sa sempre che cosa dire per farci sentire meglio: poche semplici parole che hanno il potere di darci forza, coraggio. Che riescono a convincerci se dubitiamo e a rischiare se siamo esageratamente prudenti. 'Perché in un mondo che cambia così velocemente, il maggior rischio è di non rischiare'.

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Mi fanno male agli occhi dal tanto usare il computer e sfogliare le Pagine Gialle per cercare quegli stupidi Black. E alla fine ne troviamo tanti. Troppi. E forse non li abbiamo nemmeno trovati tutti, ma questa è un'ipotesi a cui non voglio dare credito, altrimenti cado nel pessimismo.

E il portatile si sta per scaricare e ho dimenticato l'alimentatore. E se non si sbriga a caricare e salvare questo file con i nomi, gli indirizzi e i numeri di telefono dei vari Black, rischiamo di perdere tutti i dati e dover rifare tutto da capo. Pessimismo doppio.

E devo anche uscire di casa, nella pioggia, per comprare qualcosa dal take-away cinese poco lontano da casa mia, perché non ho una madre che mi possa preparare la cena. Pessimismo triplo.

E dopo cena vengono gli amici dei miei fratelli, quindi faranno un caos infernale ovunque senza lasciarmi un minuto in pace. E visto che le mamme accompagneranno i loro figli, dovrò anche offrire loro il caffè e intrattenere una conversazione colta e raffinata, quando vorrei solamente urlare insulti al mondo e andare a bere qualcosa in un bar, da sola. Pessimismo quadruplo.

Fortunatamente riesco a stampare tutti i quattro fogli di Word prima che il computer si spenga, morto anche lui di stanchezza ed esaurimento nervoso, proprio come me.

Passo rapidamente lo sguardo sui fogli riassuntivi di giorni di lavoro miei, di Beth e di James. Vanno da Abby Black a Zachariah Black.

Fra tutte quelle 38 persone, ce ne sarà una, una sola, che mi possa aiutare con i miei genitori? Che mi posso porgere il filo di Arianna nel labirinto in cui mi trovo, con un Minotauro nascosto da qualche parte pronto a soccombermi? O un Dedalo che mi possa salvare prima che io precipiti in mare, per essermi avvicinata troppo a quel sole così caldo e apparentemente sicuro?

"Ehm... Izzy" una mano mi scuote la spalla. Non mi ero accorta di essermi addormentata sulla mia scrivania. Mi piaceva quell'oblio in cui ero cascata, il nero totale, la pace, l'assenza completa di sentimenti, che siano positivi o negativi.

"Io e George... abbiamo un po' fame, ecco, e fra venticinque minuti arrivano i nostri amici" incomincia titubante Peter.

Mi si riempiono gli occhi di lacrime. Io pensavo ai miei problemi e dormivo abbandonata nell'oblio, mentre loro pativano la fame... Mi sono dimenticata di loro, i fratellini che dovrei accudire, che soffrono come me, ma cercano di essere forti perché comprendono quanto io sia distrutta ora.

Ecco cosa sono: una ragazza che deve fare da madre troppo presto. Una ragazza depressa che deve occuparsi di due ragazzini, quando non riesce a occuparsi nemmeno di se stessa. Una ragazza che dovrebbe preoccuparsi solo della scuola e dei soliti piccoli problemi quotidiani, e invece, sommersa da complessi e delusioni di vario tipo, deve comportarsi da madre, quando a malapena ce l'ha avuta lei, la madre. Senza nessuno ad aiutarla. Senza nessuno a spiegarle. Senza nessuno a insegnarle, a parte l'esperienza, la professoressa più difficile di tutte: prima ti fa fare la prova pratica, poi ti spiega la lezione.

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SPAZIO AUTRICE:
ora siete contente? Ho tirato di nuovo in ballo l'argomento 'genitori' come mi avete chiesto in molte. Questo è un capitolo di passaggio, che serve per reintrodurre il problema e le modalità con cui Izzy e i suoi amici cercano di risolverlo.
Vi prometto (o almeno spero) che il prossimo capitolo sarà più bello e succederanno più cose. Ma vedrete voi stessi in seguito, come me, che ho un caos in testa e molte idee, ma contrastanti. Quindi continuate a leggere, senza troppe aspettative. Senza aspettarvi nemmeno altre delusioni, però, perché sapere di avervi deluso è la cosa peggiore che ci sia. E spero di non provarla mai.
Vi lascio alla lettura dei prossimi capitoli e buona giornata/serata/nottata!

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