Capitolo 44 - Errori imperdonabili

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James's pov
"James"

No, no, no. Black mio padre? Ma siamo pazzi?!?!

"Ti faccio una proposta" parla molto lentamente, scandendo le parole.

Deglutisco. Qualunque cosa mia chieda, so che devo preoccuparmi. Fino a che livello può essere infido e astuto? Crudele e insensibile?

"Devi sapere che nello scantinato dove stanno i tuoi amici c'è una mina" il modo in cui parla di queste cose, pacatamente e freddamente, mi fa accapponare la pelle.

"Questa mina può essere azionata grazie a un telecomando. E si dà il caso che io abbia questo telecomando" tira fuori dalla sua tasca un oggetto nero con un pulsante sopra.

"Hai due possibilità: o vieni con me e costruiamo un nuovo impero, io e te, e so che tu sei molto intelligente, altrimenti non saresti arrivato fin qui; o ti uccido e faccio esplodere la mina" il suo tono è glaciale e impassibile, anche se vedo una scintilla di perfidia e gioia malata nei suoi occhi di fronte alla mia espressione disperata.

No, non può fare sul serio!

"La mina esploderebbe in ogni caso, sia che io venga con te, sia che io mi opponga, giusto?" chiedo, respirando profondamente per cercare di calmarmi.

"Beh... Sì... Ma se mi segui, sarai salvo" si appoggia alla ringhiera della scala antincendio. Devo ammettere che è piuttosto affascinante.

Nel silenzio che si crea fra noi due, si sentono gli ultimi scoppi all'interno del condominio. Sta cadendo a pezzi, eppure la scala antincendio resiste ancora.

Ho una pistola nell'interno della giacca. Sento il freddo metallo premere contro la maglia. Si tratta solo di estrarre la pistola prima che lui possa farlo. E sparare. Nulla di più. Ce la posso fare. Ce la posso fare.

Ma le mani mi tremano e ho il batticuore. Ho appena scoperto chi è il mio vero padre, sono sangue del suo sangue e... voglio ucciderlo?

Sento dei passi su per le scale. Più persone si stanno affrettando sui gradini. Black si volta lentamente e tranquillamente, come se fosse tutto un film, una cavolata. Come se la gente non stesse morendo davvero. Come se non ci trovassimo in un momento cruciale è fatale.

I miei amici stanno per rischiare la vita! So perfettamente che non appena arriveranno qui, Black sparerà. Non posso permetterlo. Devo uccidere Black prima che lui possa uccidere loro; e se per caso rimarrò ucciso pure io... Beh, sarei morto lo stesso, no? Non avrei mai e poi mai seguito mio padre, vero? Quindi, tanto vale morire nello sforzo di risparmiare i miei amici.

Infilo la mano sotto un lembo della giacca ed estraggo la pistola cercando di non farmi notare da Black. Inutile. Nonostante sia voltato di tre quarti, nota il mio movimento. In fondo, questo è il suo mondo; chissà quante volte l'esser riuscito a cogliere questi dettagli gli avrà salvato la vita...

Il suo movimento, al contrario del mio impacciato e goffo, è fulmineo e sciolto. Nessun indugio, nessun tremito nella sua mano o nella sua voce, mentre pronuncia queste parole: "Peccato, James. Essendo a conoscenza della tua mente, brillante come la mia, pensavo che saresti stato più astuto. Pensavo che non avresti cercato di ingannare tuo padre, di ucciderlo. Mi dispiace, James, ma devi imparare che in questo mondo - nel mondo in cui io sono cresciuto e diventato potente, e in cui saresti potuto diventare un bossa tale e quale a me, il tuo famoso padre - non c'è spazio per gli errori; sbagliare è imperdonabile. E ognuno paga le conseguenze delle proprie azioni; l'inganno che volevi tendere al tuo compagno diventerà l'inganno che verrà teso a te e, nella maggior parte dei casi, costerà la tua morte. Mi dispiace ammettere che, James, figliolo, questo è uno di quei casi."

Quindi morirò. Ora. Per mano di mio padre. Beh, almeno sarà in un certo senso una morte gloriosa: avrò perso la vita nel tentativo di salvare i miei amici. Non è così male, in fondo, no?

Ma chi voglio prendere in giro, sinceramente? Io voglio vivere, vivere ed essere con Isabelle quando si sveglierà; e fare errori, avere problemi, ma poi risolverli. Il semplice pensiero di non poter più vedere l'azzurro intenso e meraviglioso del cielo, fra qualche istante, mi spezza il cuore.

Black solleva lentamente la pistola. Daisy, ci vedremo fra poco.

Poi tutto accade così in fretta. In un secondo, anzi meno, meno ancora di un decimo di secondo, in un periodo di tempo infinitamente breve e impossibile da misurare con certezza.

Nel momento esatto in cui il proiettile parte dalla pistola di Black - un revolver nero lucido, per l'esattezza - Brian irrompe nel luogo.

Brian... Lui scatta, come solo i poliziotti davanti al malvivente che hanno sempre sognato di catturare sanno fare.

Il suo corpo enorme, la sua gigantesca statura, si para di fronte a me. E il proiettile destinato a dare un taglio netto alla mia vita finisce nel suo addome. Il gigante si piega e si affloscia, sporco di sangue.

Poi un colpo parte. Un altro proiettile. Questa volta, però, la vittima non è nessuno dei miei amici. Boss Lawrence Alfred Christian Klartens, ovvero Black, ovvero mio padre, viene colpito in fronte. Un colpo perfetto. L'uomo rimane un attimo immobile, con un'espressione quasi stupita in volto, prima di cadere a terra, con gli occhi blu così simili ai miei sbarrati.

Mi volto e dietro di me c'è Jacob, pallido in volto, tremante, con gli occhi azzurro ghiaccio spalancati. Il suo braccio cade inerme lungo il suo fianco e la mano debole lascia crollare a terra l'arma fatale. Poi si inginocchia per terra, in preda ai singhiozzi.

Mi precipito da Brian. Lo scuoto per un braccio. È ancora vivo, sì... Ma in fin di vita. Mi affretto a chiamare un'ambulanza, ma nel momento stesso in cui compongo il numero, so che Brian non si salverà. Non riuscirà ad arrivare vivo in pronto soccorso. Non è pessimismo, è realismo. La dura, terrificante realtà.

"J-James" rantola, con un filo di voce "Fammi un favore. Chiedi... Chiedi... Chiedi a... M-mio f-figlio... A S-Simon... Chiedigli di perdonarmi... Chiedigli... S-scusa"

Piango, mentre stringo la sua grande mano, la grande mano di colui che mi ha salvato la vita, rimettendoci la sua.

"Vivi anche... Anche p-per m-me... Sei ancora c-così g-giovane... S-Simon è f-fortunato... Con un amico c-come te..." sussurra ancora, come le poche forze che gli restano. Il suo sangue, rosso cupo e denso, impregna la sua e la mia camicia.

"Ti perdonerà di sicuro, Brian. Simon ti perdonerà, stai pure sicuro. Come farebbe, d'altronde, a non perdonare un padre come te?" mi affretto a mormorargli, stringendogli con forza la mano. E pensando alla parola 'padre', mi viene in mente Black, un cadavere poco più lontano, senza nessuno a compiangerlo veramente.

Rivolgo nuovamente le mie attenzioni a Brian. Il mio coraggioso e valoroso salvatore sorride, un sorriso che va fino agli occhi, verdi smeraldo. E quest'ultimo sforzo di sorridere prosciuga le sue ultime energie.

Brian Jacobs muore da eroe, col sorriso sulle labbra.

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SPAZIO AUTRICE:
nessuna immagine per questo capitolo così tragico e intriso di morte e dolore. Non ho nulla da dire, davvero. Sono in lutto per Brian. Un minuto di silenzio, please. E piangete qualche lacrima anche per lui, un eroe che si è sacrificato nel tentativo di farsi perdonare - con qualche anno di ritardo - dal figlio.

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