Capitolo 45 - Mi dispiace

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Simon's pov
Non credo ai miei occhi, quando la porta dello scantinato in cui sono nascosto da tanto, troppo tempo viene sfondata.

E sono ancora più euforico e stupito, quando mi accorgo che a sfondarla sono stati dei poliziotti parecchio muscolosi. Cerco fra loro anche mio padre: chissà, magari anche lui ha partecipato a quest'operazione... Purtroppo, però, non lo vedo.

Era da parecchio tempo che sentivo le esplosioni e le detonazioni provenienti dal condominio e sono terrorizzato: e se qualcuno fosse morto? Non riuscirei mai a perdonarmelo...

Esco all'aria aperta con un enorme sorriso in volto. Dietro di me, Jessica e Thomas, i genitori di Isabelle, si abbracciano e si baciano fra le lacrime. Ammiro il loro amore, così forte e resistente: dal rapimento di Jessica e dalla venuta di Thomas qui a causa di un ricatto, non hanno mai avuto debolezze dal punto di vista sentimentale, hanno sempre affrontato tutto insieme.

Uscito all'aria aperta, vedo un'ambulanza ferma: un uomo è su una barella, ma sento che non c'è nulla da fare. Due altre ambulanze sono già partite per il pronto soccorso, ma i due poliziotti in questione riportano ferite gravi ma non mortali.

Mi avvicino alla barella dell'uomo morto, ma prima che riesca ad arrivare abbastanza vicino da poterne osservare il volto, vedo James. Mi fermo. Rimaniamo qualche istante bloccati uno di fronte all'altro. Per un attimo, di fronte alla sua espressione cupa e disperata, ho paura che creda ancora che io sia un traditore, una persona infima.

Poi, però, si scioglie in un sorriso: "Simon"

Sorrido anche io apertamente: "James"

"Da quanto tempo" ridacchia.

Rido con lui, ed è una risata impacciata ma anche liberatoria.

Un attimo dopo, ci stiamo abbracciando e dando forti pacche sulle spalle. Perché è questo che fanno gli amici, vero? Litigano, non si parlano per mesi, ma poi risolvono tutto con un sorriso e un abbraccio: la soluzione migliore a tutti i problemi.

Quando ci allontaniamo l'uno dall'altro, vedo Harry caricato su una volante della polizia e Tiffany su un'ambulanza.

"Chi è l'uomo morto? Anzi, gli uomini morti?" chiedo dopo qualche istante di silenzio, in cui osservo con attenzione tutta la scena: dal condominio quasi totalmente distrutto, alle volanti della polizia, alle ambulanze, alla folla di curiosi e giornalisti che si sta presto radunando.

James non risponde. Mi volto verso di lui, in attesa di un nome o qualcosa del genere, ma nulla. Anzi, evita il mio sguardo. Che cosa sta succedendo?

"James, ti ordino di dirmi chi è l'uomo morto" comando contro fermezza nella voce e paura nel cuore.

"James, non è una richiesta, è un ordine!" urlo disperato. Il dolore nel petto mi sta dilaniando il cuore. Un sospetto attraversa il mio cervello e il dolore accresce ancora.

"James!" grido, afferrandolo per le spalle e scrollandolo, finché il suo sguardo non incrocia il mio.

Lui stringe le labbra, con le lacrime che gli rigano il volto.

"È mio padre, vero?" mormoro con voce spezzata.

Lui annuisce e aggiunge, pure lui con la voce incrinata: "Dovevo morire io... Black, mio padre, mi aveva sparato, ma... Lui si è messo in mezzo... Le sue ultime parole sono state rivolte a te: voleva che tu lo perdonassi..."

Lo mollo e indietreggio. Ecco, sembrava tutto troppo bello e troppo facile. Barcollo fino alla barella e trovo conferma delle parole di James. Mio padre è lì, con un lieve sorriso sulle labbra, gli occhi che so uguali ai miei chiusi.

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