Capitolo 19 - Secrets

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"James, che hai?"

"Niente, solo... Abby era malata di Alzheimer. Anche mia nonna materna lo è stata. E pure mio nonno paterno. Non è stato bello, ecco"

Mi avvicino a lui e lo stringo con forza.

"Raccontami di loro" gli mormoro.

"Di loro?"

Annuisco piano.

"Mia nonna ti sarebbe piaciuta proprio. Forte ed energica. Ogni volta che la andavo a trovare, mi proponeva giochi nuovi. Le cacce al tesoro, per esempio, erano fantastiche. Dovevo superare prove di ogni tipo per trovare poi io tesoro, che il più delle volte era un barattolo di Nutella. Era un'insegnante di letteratura e al posto di raccontarmi le solite facile, la sera, prima di andare a letto, mi narrava i miti greci. La sua dea preferita era Atena, intelligente e combattiva. Lei non raccontava semplicemente, ma recitava. Si muoveva, gesticolava, cambiava tono di voce. Un'attrice nata, secondo me.
Mio nonno, invece, era totalmente diverso. Un contadino rude, la cui filosofia era costituita dai proverbi o da quelle semplici eppure profonde cose che imparava dall'esperienza diretta. Diceva che si capisce tutto di una persona dalle sue mani. Le sue erano grandi e callose, sempre piene di graffi. Da lavoratore arduo qual era. Mi narrava la sua vita. Com'era una volta. Mi parlava della nonna sua moglie che non avevo mai conosciuto. Mi descrisse l'amore, come lo può descrivere una persona priva di istruzione come lui. L'amore, secondo lui, non è quel sentimento ideale delle poesie. È l'aver continuamente bisogno dell'altro. Il cercare sempre gli occhi dell'altro. Il pensare sempre all'altro. L'arrabbiarsi con l'altro e il perdonarlo subito perché non riesci a stare lontano dalla tua anima gemella"

Stiamo zitti per un po' a riflettere su quella concezione più materiale e terrena dell'amore.

"Izzy"

"Dimmi"

"Raccontami i tuoi segreti"

Lo guardo perplessa. Non capisco.

"I tuoi segreti, Izzy, quello che ancora bon vuoi svelarmi. Sai che ti puoi fidare di me"

Non gli rispondo. I miei occhi sono lucidi, ma cerco di trattenere le lacrime.

"Izzy, se vogliamo trovare i tuoi genitori, devi dirmi tutto, lo sai, vero?"

"Non posso, James... Non ora... Non ancora..."

Mi guarda chiaramente deluso. Poi sospira.

"Allora, chi è la prossima persona, Izzy?"

Mi dispiace non raccontargli la verità. Mi dispiace più di quanto lui stesso pensi. Non è così facile. Spesso è molo più semplice mentire, nascondersi dietro un muro di bugie che raccontare la pura verità. Quella verità che spesso costituisce la nostra parte più intima.

Alice Black, Washington Street, 27.

La casa è graziosa e curata. Un giardino ordinato e verdeggiante circonda una villetta bianca su cui spicca il tetto rosso.

Ci apre una giovane donna con i capelli scuri e ricci e gli occhi anche castani. Ci guarda perplessa e sorridente. Non capisce che cosa ci facciamo lì, due perfetti sconosciuti.

"Ehm, mi scusi, è lei Alice Black?"

"Sì, sono io, in carne ed ossa"

"Io sono Isabelle Matcher. I miei genitori sono Jessica e..."

"Jessica?" una voce maschile risuona dall'interno dell'abitazione.

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