Capitolo 9.

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Il sole splendeva alto nel cielo, i suoi raggi filtravano attraverso le tendine appese alla sua finestra riscaldandole il viso. Anche ad occhi chiusi, Luce riusciva a vederne i colori riflessi sulle sue palpebre: rosso, arancione e giallo. Le piaceva il calore del sole sulla pelle, la sensazione che le provocava.

Le sembrava di essere in un caldo bozzolo, al sicuro dal resto del mondo. E dai suoi incubi. Era stanca, aveva passato gran parte della notte sveglia per paura di quello che avrebbe visto una volta chiusi gli occhi.

Il sonno l'aveva colta alla sprovvista, le era bastato chiudere gli occhi per un attimo per non riuscire più ad aprirli.

Aveva dormito a lungo, un sonno senza incubi. Per la prima volta dopo tanto tempo.

Aprì gli occhi e si guardò intorno, tutto era stranamente silenzioso quel giorno. Il sole era troppo alto nel cielo.

Doveva essere tardi.

Si voltò verso il piccolo comodino che teneva accanto al letto, la vecchia radiosveglia era accesa e segnava le otto del mattino. Era in ritardo. Incredibilmente in ritardo, mancava poco all'inizio dell'appello e lei lo avrebbe perso.

Perché la sveglia non aveva suonato? Possibile che si fosse dimenticata di metterla? No, si ricordava di averla impostata la sera prima di andare a dormire. Forse l'aveva spenta e non se lo ricordava. Si mise a sedere e la prese tra le mani, era stata disattivata.

Balzò giù dal letto e corse verso il baule alla base del letto, prese la sua divisa scolastica e iniziò a vestirsi.

Doveva muoversi se voleva arrivare in tempo per la seconda ora. Si vestì in fretta, e studiò il suo riflesso nello specchio. Aveva un aspetto pietoso, il viso era solcato da profonde occhiaie nere che la facevano sembrare ancora più pallida del solito e aveva i capelli arruffati dal sonno. Andò in bagnò e prese del correttore per mascherare le borse sotto gli occhi, poi prese lo spazzolino e ci mise sopra una dose abbondante di dentifricio. Mentre con una mano si spazzolava i denti, con l'altra cercò di districare la matassa di nodi che erano i suoi capelli ogni mattina al risveglio. Ci mise quasi dieci minuti, però alla fine aveva un aspetto presentabile. Aveva ancora l'aria di uno zombie, ma almeno aveva i capelli in ordine.

Uscì dal bagno chiudendosi dietro la porta, e prese lo zaino appeso allo schienale della sedia della scrivania, prima di correre fuori dalla stanza.

Si precipitò giù di corsa lungo il corridoio e aveva già una mano sulla maniglia della porta quando si sentì chiamare da sua madre. «Luce, per favore vieni qui.»

Fece retromarcia trattenendo a stento una smorfia, non aveva voglia di parlare con sua madre. Non in quel momento. Era già nervosa perché era in ritardo. E poi perché Bonnie non era andata a svegliarla? La cosa non prometteva bene.

Percorse a ritroso il corridoio e si fermò sulla soglia della cucina. Entrambi i suoi genitori erano seduti a tavola, uno ad ogni capo del tavolo. Suo padre le dava le spalle, da dove si trovava la ragazza ne vedeva solo la nuca. 

Entrò nella stanza con i nervi tesi. Percepiva una strana energia nell'aria.

«Siediti, fa' colazione.» Le ordinò Bonnie, alzandosi dalla sua sedia per andare a versare una tazza di caffè alla figlia.

«Mamma, sono in ritardo.» Cercò di protestare Luce. Ma quando la donna si voltò a guardare la figlia con la tazza in una mano e la caraffa nell'altra e i loro sguardi si incrociarono, la giovane capì che non erano ammesse repliche di alcun tipo.

Luce si tolse lo zaino dalle spalle e lo lasciò cadere a terra, a piedi della sua sedia mentre prendeva posto al tavolo della colazione. Davanti a lei, macedonia di frutta appena tagliata, yogurt bianco, cereali, zucchero e latte. Bonnie posò la tazza davanti alla figlia per poi tornare al posto che occupa poco prima, il sole che entrava dalla sua finestra le illuminava i capelli facendone risaltare i riflessi biondi e creando un'aureola dorata intorno alla sua testa.

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