Capitolo 20.

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No, non poteva essere vero, non di nuovo.
Non era possibile che avesse trovato un altro corpo abbandonato, nel bel mezzo del bosco. Iniziava ad odiare quel posto con tutta sé stessa, davvero.

Perché era toccato proprio a lei? Perché non a qualcun altro questa volta? Non le sembrava di chiedere tanto, in fin dei conti, voleva solo smetterla di trovare le persone scomparse. Soprattutto, se questo implicava che le avrebbe ritrovate morte.

Luce iniziava a credere che l'universo avesse davvero uno strano senso dell'umorismo, o c'era la possibilità che avesse fatto qualcosa di male, e per questo Dio la odiava, non c'erano altre spiegazioni plausibili.

Si ripromise che, domenica mattina, invece di rimanere a casa, si sarebbe recata a messa. Giusto per far sapere a chi abitava ai piani alti che stava ancora dalla sua parte, ed era ora che LUI si voltasse dalla sua.

Poi un pensiero la colpì: sua madre l'avrebbe uccisa. O peggio, una volta al corrente di quello che era successo, l'avrebbe messa in punizione. Probabilmente a vita.

Le sembrava il giusto prezzo da pagare in fin dei conti: aveva fatto una cosa stupida, e lo sapeva.

Lei stessa si era rimproverata per aver accettato di tornare il quel posto, doveva pur immaginare che non sarebbe successo nulla di buono tornandoci.

Per fortuna, se così si poteva chiamare, questa volta nel correre, invece di addentrarsi ancora di più nel fitto della boscaglia, si erano avvicinati alla strada. Di tanto in tanto i due riuscivano a sentire il rumore delle auto che sfrecciavano sull'asfalto a solo qualche metro di distanza da loro.

Questo diede a Miles la possibilità di telefonare al detective Lachowski senza allontanarsi troppo da quel punto, e da Luce.

La ragazza sedeva sopra le radici di un albero, con le ginocchia al petto. Gli occhi fissi sui suoi piedi, studiavano le macchie di fango sulle punte degli stivali. Il ragazzo era in piedi, e si muoveva avanti e indietro di fronte a lei. In una mano stringeva il cellulare, con l'altra si stava torturando i capelli. Gli occhi che si muovevano frenetici, spostandosi da un punto a l'altro della piccola radura nella quale si trovavano, senza mai fermarsi.

«Il detective Dimitri Lachowski?» chiese al telefono. Era stata Luce a dargli il numero dell'uomo.

«Miles Matthews.» La sua voce era ferma e decisa, non tradiva nemmeno un briciolo dell'agitazione che provava. «Sono con Luce Robertson nei pressi del vecchio manicomio, credo che dovrebbe raggiungerci.»

I suoi occhi azzurri si posarono su di lei, che stava tremando come una foglia. «Si tratta di Marina Rivers, l'abbiamo trovata».

Era stata lei a dirgli che cosa dire. Aveva insistito tanto perché la chiamasse per nome, invece di riferirsi a lei come a " l'altra ragazza scomparsa", le era sembrato giusto così. E lui sembrava aver capito.

Il giovane rimase in attesa, il telefono ancora appoggiato contro l'orecchio.  «Sì, non ci muoveremo da qui.»

Riagganciò, poi ripose il cellulare in tasca.                                                  

Inspirò profondamente, e poi lasciò andare l'aria lentamente.

Luce riusciva a immaginare che cosa stesse passando in quel momento. Non era una realtà facile da affrontare. Lei stessa non era ancora capace di conviverci.

La ragazza lo studiò mentre questo continuava a camminare senza sosta. Le braccia lungo i fianchi, entrambe le mani serrate in un pugno, la pelle tesa sopra le nocche. I suoi occhi, di solito di un azzurro chiaro, avevano assunto una sfumatura più scura, più simile al colore del cielo poco prima di un temporale estivo. Luce si ritrovò a pensare come una stupida, che anche così, erano bellissimi. Il suo viso dai lineamenti marcati, sembrava ancora più duro quando il suo sguardo incontrò quello di lei. Qualcosa nella sua espressione però gli fece mutare atteggiamento. I suoi muscoli si rilassarono, e il suo volto si distese.

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