Epilogo.

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Erano trascorse tre settimane da quella notte. Luce aveva aspettato quel giorno con impazienza: finalmente le avevano tolto i punti e sarebbe riuscita a camminare senza il supporto delle stampelle. Dopo essere stata dimessa, le era stato dato l'ordine tassativo di non affaticare la caviglia e di non appoggiarci sopra il peso per non far saltare i punti. Aveva passato gli ultimi venti giorni chiusa in camera sua. Era stanca di dover chiedere aiuto anche per andare in bagno. Come previsto dalla dottoressa, il trauma le aveva provocato un disturbo da stress post traumatico, che la portava a sfregarsi il viso con sapone e acqua bollente ogni volta che ne aveva l'occasione. Le sembrava di avere ancora addosso il sangue di quel mostro.

L'uomo era stato identificato come Jeremy O'Connor, un ex guardiacaccia sollevato dalla sua carica a causa di varie accuse di brutalità sugli animali. Non aveva famiglia, era solo al mondo. Il posto in cui Luce aveva trovato Taylor era la casa in cui era cresciuto. Sul retro, sepolti sotto in fitto manto d'erba artificiale, avevano trovato i corpi delle altre ragazze. Erano tutti stati identificati e restituiti alle loro famiglie, le quali avevano provveduto alle esequie. La storia aveva riempito le più importanti pagine di cronaca per giorni. Molti giornalisti si erano presentati a La Locanda per sentire la sua versione dei fatti ma lei, si era sempre rifiutata di fornirla. Non era ancora pronta a raccontare che cosa era successo quella notte nel bosco. Non aveva ancora trovato la forza per dirlo a Miles, sicuramente non avrebbe condiviso quella storia con la stampa.

Controllò per l'ultima volta il cielo e sorrise, era la notte perfetta.

«Sei pronta?», le domandò Taylor, affacciandosi sulla soglia della sua stanza. La ragazza aveva perso molto peso in quel breve lasso di tempo, il viso pallido e le macchie scure sotto gli occhi, erano un chiaro segnale degli incubi che la tenevano sveglia di notte. Anche se non voleva ammetterlo, aveva un problema. Luce si alzò in piedi, la raggiunse e la strinse in un abbraccio.

«Grazie.»

Nel corso di quelle tre settimane aveva ricevuto molte visite, ma Taylor e Miles non l'avevano mai lasciata sola. Alla fine Joe e Bonnie avevano accettato la presenza del ragazzo in casa loro e si erano premurati anche di comprargli una brandina per farlo dormire ai piedi del letto della figlia.

Taylor, si era praticamente trasferita dai Robertson e condivideva il letto con Luce. Era stata lei ad aiutarla ad organizzare quella cerimonia commemorativa per le vittime. Ci sarebbero state le loro famiglie, gli amici e tutti coloro che volevano prenderne parte. La sua migliore amica aveva deciso di chiamare l'evento Che queste luci vi portino a casa. Lei avrebbe optato per qualcosa di più semplice, ma andava bene comunque, rendeva bene l'idea.

Raggiunsero Miles in soggiorno e lui la strinse in un abbraccio.  «Ti amo.»

Non smetteva di dirle che l'amava da quando l'aveva raggiunta nella camera d'ospedale in cui le avevano ricoverate. Lei gli sorrise e lo baciò su una guancia.  «Ti amo.»

Non "anche io", mai "anche io".  Anche se un "ti amo" seguiva immediatamente l'altro, non lo dicevano perché sentivano il bisogno di ricambiare quel sentimento, lo provavano davvero.

Taylor, finse di trattenere un conato di vomito.  «Andiamo.»

Uscirono dall'appartamento chiudendo la porta a chiave e si diressero verso il lago, la via era illuminata da tante piccole candele che tracciavano il percorso per raggiungerlo. Nei pressi del lago, nonostante il freddo del mese di Dicembre, si era già radunata una folla. Ognuno dei presenti teneva delle lanterne di carta tra le mani e si stavano adoperando per accenderle.

Taylor passò a Miles e Luce le loro, e li aiuto ad accenderle con il suo accendino, prima di passare alla sua. Mentre Miles era distratto, la ragazza prese la catenina di Sarah e la legò alla sua lanterna. Con il dorso della mano libera asciugò una piccola lacrima che le era sfuggita, per poi guardarsi intorno.

Ogni tanto riusciva ancora percepirle, le eco che le loro anime si erano lasciate dietro. Sepolte tra le ombre, si facevano avanti strisciando, le lambivano gli arti, si arrampicavano sul suo corpo, fino a raggiungere le sue orecchie. Si nascondevano nell'oscurità e si facevano sentire solo nei momenti di maggior sconforto, ma non le facevano più paura. Stava imparando a conviverci.

Lentamente, le lanterne si alzarono nel cielo, e lei liberò la sua. Una ad una si aggiunsero alla volta stellata, illuminando la notte.

Fireflies, lucciole: ecco che cosa le ricordavano. Lo spettacolo in cui, quei piccoli e incantevoli insetti, si esibivano ogni estate.

«È uno spettacolo incantevole.» Miles le cinse la vita da dietro e lei si appoggiò contro il suo petto, crogiolandosi nel tempore del suo corpo.

«Sembrano tante piccole lucciole» mormorò lei, con un sorriso sulle labbra.

Sperò davvero che quelle luci sarebbero riuscite a dar pace a quelle anime tormentate.

«Grazie, fireflie

La ragazza, si voltò per guardarlo, perplessa.  «Per che cosa?»

Miles le sorrise e le posò le labbra vicino all'orecchio.  «Per essere la mia luce.»

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