Capitolo 27.

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«Luce» Miles la raggiunse, e le cinse la vita con un braccio attirandola verso di sé. Il suo petto premeva contro la sua schiena, mentre con la mano libera le sistemava una ciocca di capelli dietro all'orecchio. «Torniamo in macchina», le mormorò gentilmente, provando a convincerla a seguirlo.

I suoi occhi studiarono il profilo delle case. Il viale illuminato dalla luce dei lampioni, che creavano piccoli coni di luce sul marciapiede.

Era tutto esattamente come nel suo sogno. Come se lo ricordava. Ma nel ricordo di Marina, era molto più tardi, e le case erano al buio. L'unica luce era quella proveniente dai fari dell'auto che si era fermata a pochi metri dalla sua per prestarle soccorso. Luce si voltò in quella direzione, Taylor era a pochi metri dal punto esatto in cui si trovava l'uomo che si era fermato per aiutarla.

«Come facevi a sapere che questo è il punto in cui hanno trovato la macchina?» le chiese atona, non riusciva a decifrare i suoi pensieri. Le emozioni che provava in quel momento, si mescolavano con quelle provate dalla ragazza nel suo sogno, e si confondevano.

«Ho cercato Silver Lane, Northampton, su Google», le spiegò mostrandole il cellulare che teneva tra le mani. Taylor si avvicinò a loro per permetterle di leggere l'articolo. Miles la teneva ancora stretta a sé. I suoi occhi, come quelli di Luce, scorrevano sullo schermo del telefono della ragazza, per leggere le poche informazioni riportate riguardo al ritrovamento dell'auto di Marina River. L'articolo si limitava a riferire il nome della via, senza aggiungere altro.

«Non dice nulla a riguardo del numero civico» fu Miles a dare voce ai suoi pensieri, solleticandole il collo con il suo fiato caldo.

No, non diceva nulla sul punto esatto in cui la macchina era stata trovata abbandonata. Ma questo non voleva dire nulla. I suoi piedi l'avevano guidata fino a lì, come avevano fatto nel bosco, quando l'avevano portata ai cadaveri delle due ragazze. Non c'era alcun dubbio: si trovavano nel luogo giusto.

«Sta bene?» domandò Pedro, avvicinandosi a loro. Luce si voltò per guardarlo.

Si era quasi dimenticata di essere lì con altre persone. Italia era con lui, e la stava studiando con attenzione, nei suoi occhi Luce riusciva a leggere tutta la preoccupazione che provava per lei.

Heldon, aveva seguito l'ordine di Taylor, ed era risalito in macchina. La ragazza annuì per rassicurarli entrambi.

«È meglio andare» disse poi, e liberandosi dall'abbraccio di Miles.

La mancanza di contatto durò meno di un minuto, il ragazzo si allungò subito per prenderla per mano e intrecciare le sue dita a quelle di lei. Luce posò il suo sguardo sulle loro dita intrecciate, prima di alzarlo per incontrare gli occhi del giovane. Sotto la luce fioca dei lampioni, e i pallidi raggi di luna, avevano assunto una sfumatura molto più scura. Ma erano comunque bellissimi. Gli sorrise, e gli strizzò la mano. Non c'era bisogno che si preoccupasse per lei: stava bene, davvero. Almeno questa volta non aveva trovato un corpo.

Quella era solo la conferma ai loro sospetti: gli incubi che faceva ogni notte, erano in realtà i ricordi delle due ragazze.

Si avviarono verso le auto in silenzio. Salutarono Pedro e Italia, prima che salissero sulla loro, e poi si diressero alla Jeep di Heldon.

«Scusa», mormorò Luce, prendendo posto accanto a Miles sul sedile posteriore.

L'amico le lanciò un'occhiata attraverso lo specchietto retrovisore, e le sorrise rassicurante. «Non importa», la perdonò, prima di mettere in moto la macchina.

Viaggiarono in silenzio. L'unico suono che riempiva l'abitacolo era quello dei loro respiri che riempivano l'aria e appannavano i finestrini, e il rumore prodotto dai pneumatici che sfregavano sopra l'asfalto. Heldon non chiese nulla, non pretese una spiegazione, da nessuna delle due.

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