Capitolo 15.

3.3K 243 15
                                    

Invece di salire subito in camera sua per fare i compiti e studiare per la sua verifica di francese del giorno dopo, Luce decise di passare prima per la locanda per salutare i suoi genitori.

Sua madre fu la prima che vide. La donna era in piedi dietro il bancone della reception e stava parlando al telefono con qualcuno, sembrava davvero infastidita dal suo interlocutore. Ma quando la vide le sorrise e le fece segno di aspettare.

«Senta, le ho già detto che non vogliamo rilasciare alcun tipo di dichiarazione. La smetta di chiamare.» Intimò al suo interlocutore, poco prima di chiudere la telefonata, senza ulteriori convenevoli.

«Tutto bene?» Le chiese la figlia indicando il telefono.

Bonnie non le rispose, ma fece il giro del bancone per raggiungerla e stringerla a sé in un abbraccio. Accadeva di continuo, ultimamente. Sembrava quasi che la donna avesse bisogno di quel contatto per accertarsi che lei stesse bene.

Dopo qualche secondo, più di quelli necessari, la lasciò andare liberandola da quella stretta.

«Come stai?» Domandò, prendendole il viso tra le mani per poterla guardare negli occhi.

«Sto...bene.» Rispose, incerta.

Non riusciva davvero a capire il comportamento di sua madre. Erano settimane oramai che si comportava così, da quando aveva trovato il corpo di Sarah, ma quel giorno era anche peggio.

«Sei sicura? Sembra che tu abbia pianto.» Insisté, accarezzandole le guance e rivolgendole un sorriso incoraggiante.

Sembrava davvero che sperasse che la figlia si aprisse un po' e si confessasse con lei.

Non sarebbe mai successo. Luce voleva bene a sua madre, e anche molto, ma non riusciva proprio a vederla in quella veste. Non poteva essere sua madre e la sua migliore amica, non voleva quel genere di relazione con lei.

«Sto bene.» La rassicurò, curvando le labbra in un sorriso forzato.

Voleva andarsene da lì, immediatamente. Quella di passare a salutare i suoi genitori era stata una pessima idea. Non sapeva quanto avrebbe retto ancora prima di crollare, di nuovo. Voleva stare da sola e ripensare a quello che era successo. Infilarsi a letto sotto le coperte e piangere fino ad addormentarsi, magari aiutata da una bella dose di sonniferi. A quello che aveva scoperto su Miles. Alle parole di Lachowski. Doveva credere che lui avrebbe mantenuto la promessa che le aveva fatto, avrebbe catturato l'assassino e tutto sarebbe tornato alla normalità. Lei, sarebbe tornata alla normalità.

«Vado a salutare papà e poi vado su a studiare.» Comunicò alla madre. Le posò un bacio sulla guancia e si diresse verso la cucina.

La prima cosa che la colpì quando attraverso la soglia fu il calore: quel posto era caldissimo.

Era così che immaginava l'inferno, solo più puzzolente. Invece dalle pentole di suo padre si sprigionava un odore che le faceva venire l'acquolina in bocca ogni volta. In quel preciso momento l'aria profumava di patate e rosmarino. Il suo stomaco brontolò per la fame, era quasi ora di cena e reclamava attenzione.

«Ciao papà.» lo salutò dirigendosi verso di lui.

Joe Roberston posò il mestolo di legno che teneva in mano per cingere la vita della figlia e posarle un bacio sulla fronte.  «Ciao piccolina, com'è andata a scuola?»

«Bene, come sempre.» Replicò lanciando un'occhiata ai fornelli, era curiosa di sapere che cosa bollisse in pentola.

«Arrosto e patate al forno» La informò.  «Ne vuoi un po'?»

The WhispersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora