Accomodati pure cara, la dottoressa Wilson è in ritardo.» La informò la giovane segretaria, aprendole la porta dello studio. «Arriverà subito.»
Luce la ringraziò ed entrò dentro l'ufficiò. Si lasciò cadere sopra il divanetto, lo sguardo rivolto verso la finestra. Fuori stava piovendo e il suono prodotto dalla pioggia che cadeva contro il vetro era così rilassante, le venne quasi voglia di stendersi sul sofà e chiudere gli occhi.
Era stremata, da giorni non riusciva a dormire e ogni volta che chiudeva gli occhi era tormentata dagli incubi. Erano sogni sempre diversi, ma la lasciano sempre tremante e in lacrime. Era stanca e invece di prendere i sonniferi, si costringeva a restare sveglia, fino a quando non crollava.
Le sue dita corsero alla catenina che portava intorno al polso, quella da cui pendeva il ciondolo a forma di chiave di violino che aveva trovato nel bosco.
Era diventato un tic, ogni volta che aveva bisogno di conforto e sentiva che non sarebbe riuscita a reggere ancora molto, le sue dita la cercavano e si stringevano intorno ad essa.
Le dava sicurezza sentirla premere contro la sua pelle, sapere che era ancora lì.
La porta si aprì, e la Wilson entrò nel suo studio scrollandosi la pioggia di dosso. I capelli elegantemente raccolti erano leggermente umidi, e anche il suo soprabito di lana era bagnato.
«Sono uscita senza ombrello.» le spiegò, mentre scivolava fuori dal capotto e lo appendeva dietro alla porta.
Luce si ricordò che stava ancora indossando il suo, così la imitò e lo lasciò sul bracciolo del divanetto.
«Fa davvero freddo oggi, sembra che sia davvero arrivato l'autunno.» aggiunse la donna, strofinandosi le mani per riscaldare.
E aveva ragione, passata la prima settimana di novembre le temperature erano calate, insieme alle foglie che cadevano dagli alberi. I rami avevano perso il loro bel fogliame per lasciare spazio ai rami spogli, che si allungavano come dita scheletriche verso il cielo, cercando di ghermire le nuvole.
«Ti va qualcosa di caldo?» Le offrì, dirigendosi verso la porta.
La ragazza annuì, aveva proprio bisogno di qualcosa che l'aiutasse a distendere i nervi. Una bevanda calda era proprio quello che ci voleva. «Prenderei volentieri un thè, se non è di troppo disturbo.»
Violet Wilson aprì la porta e si affacciò sull'uscio. «Linda» chiamò la sua assistente. «Saresti così gentile da preparare a me e Lucille del thè caldo.»
«Subito dottoressa Wilson.» acconsentì la donnina.
Era la prima volta che la giovane la notava. Era piccola, con i capelli color paglia raccolti in una coda bassa. Indossava un cardigan verde menta e una gonna color cachi a tubo che le arrivava alle caviglie. Non era vecchia, ma nemmeno giovane. Luce non riusciva ad attribuirle un'età precisa: sembrava fuori dal tempo.
La donna richiuse la porta alle sue spalle e iniziò a dedicarsi alla sua paziente. Le scrutò il volto, soffermandosi sui suoi occhi arrosati. «Come stai, Lucille?»
Prima di risponderle la ragazza valutò le varie opzioni che aveva davanti, poteva mentirle e dire che stava bene e che non aveva più bisogno di lei. Oppure dirle la verità, parlarle della sua insonnia, di come si sentisse affatica e del fatto che aveva smesso di prendere i sonniferi perché quando li prendeva era per lei inevitabile addormentarsi, mentre, quando non lo faceva poteva fingere di avere il controllo. Combattere, fino a quando le forze non l'abbandonavano.
Optò per una via di mezzo. «Sono assonnata.»
A sostegno della sua tesi si stropicciò gli occhi con le mani cercando di allontanare quella sensazione di leggerezza che la sorprendeva ogni volta che le palpebre stavano per chiudersi, contrariamente ai suoi desideri.
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The Whispers
Paranormalne[IN REVISIONE] Luce Robertson è una normale ragazza del liceo. Fa parte del giro giusto, è bella, popolare, ama andare alle feste e divertirsi. È un normale sabato sera quando la sua vita improvvisamente cambia. Mentre si trova ad un party organizz...