capitolo 16

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Harry guardò gli altri ragazzi. Erano tutti alti e muscolosi, ed ora incombevano sopra di lui in un semicerchio, intrappolandolo a tutti gli effetti. "Di che cosa volete parlare?" chiese con nervosismo crescente. Cosa poteva volere da lui un gruppo di ragazzi più grandi da una Casa diversa?

Il sorriso di Jeffreys si fece più ampio, mentre questi gli stringeva leggermente le spalle. "Che cosa sai di tuo padre, Potter?"

"Il mio papà?" Fece eco Harry, perplesso, chiedendosi se stessero parlando di James Potter o del Professor Piton. "Perché?"

"Perché sono curioso di capire se sai che razza di assoluto bastardo fosse!" Ringhiò Jeffreys, facendo cadere la sua maschera amichevole e spingendo Harry con forza bastante a farlo sbattere contro uno degli altri ragazzi.

"Non lo era!" protestò automaticamente Harry, mentre già combatteva per liberarsi dalla stretta dello studente più grande. Il Corvonero lo tenne fermo con facilità, le mani che si serravano dolorosamente attorno ai bicipiti di Harry. "Lasciami!"

"Non ancora, Potter," Jeffreys si esibì in un ghigno. "Lo stai tenendo, Smythe?"

"Non andrà da nessuna parte," lo rassicurò il ragazzo che stava reggendo Harry.

"Lasciami!" esclamò Harry ancora, la voce che si faceva più forte. "Lasciami andare!"

"Silencio!" Uno degli altri due ragazzi agitò la bacchetta verso Harry e, malgrado questi provasse con tutte le sue forze, nessun suono emerse dalla sua gola.

"Grazie, O'Leary. Non possiamo permettere che qualcuno lo senta e ci rovini la festa," disse Jeffreys, fingendo di assestare piccole pacche sulla testa di Harry, poi assestando ai suoi capelli uno strattone feroce.

Il grido di Harry esplose - ovviamente - silenzioso, così come l'imprecazione che ringhiò verso l'altro ragazzo.

Jeffreys era apparentemente abile a sufficienza da leggere le labbra - almeno per comprendere quella parola - e schiaffeggiò Harry in faccia, con forza bastante a fargli volare via gli occhiali.

"Ehi, aspetta un attimo!" esclamò l'ultimo Corvonero, suonando allarmato. "Non pensavo che avessi intenzione di fargli davvero del male!"

"Zitto, Peterson," sbottò Jeffreys. "Il vecchio di questo bastardello ha mandato mio padre ad Azkaban, ed ho intenzione di fargliela pagare. Oltretutto dobbiamo ringraziare lui personalmente per la sconfitta del Signore Oscuro e, se non fosse mai avvenuta, tuo zio e i genitori di Smythe non sarebbero stati cacciati fuori dal paese dagli Auror o uccisi come la mamma di O'Leary."

Harry non era ben sicuro di cosa Jeffreys stesse parlando. Stava lentamente cominciando ad apprendere chi fossero Voldemort e i Mangiamorte e cosa precisamente fosse accaduto un decennio prima, quando i suoi genitori erano stati uccisi. Capiva che Jeffreys lo riteneva responsabile per qualcosa che suo padre aveva fatto, e che i parenti degli altri ragazzi sembravano essere stati sostenitori di Voldemort che rimpiangevano il modo in cui la guerra era finita. Perché esattamente questo si traducesse in un desiderio di picchiare a sangue lui, non lo afferrava, ma a questo punto non era interessato alle loro ragioni.

Le parole del Professor Piton riguardanti il fatto che dovesse difendersi gli tornarono alla mente, ed afferrò la bacchetta. Non era ancora in grado di fare molto con quella, e Smythe lo reggeva sempre per le braccia, ma si sentì meglio tenendola in mano. "Lasciami ANDARE!" urlò ancora - silenziosamente - mentre si gettava da una parte, sperando di riuscire a liberarsi.

Ottenne un braccio libero - il braccio della bacchetta - e cominciò a dimenarsi e scalciare. Jeffreys imprecò e si protese per afferrarlo, ricevendo per il suo sforzo un gomito nel naso. Smythe si aggrappò al braccio che ancora teneva con una presa mortale e O'Leary avanzò, sollevando nuovamente la bacchetta.

Harry's new homeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora