Harry si svegliò lentamente, il mattino dopo, prendendo poco alla volta consapevolezza del fatto che l'ambiente che lo circondava era diverso dal suo solito letto. Da una parte poteva sentire il russare di Ron, che lo spingeva a pensare di essere nella Torre; d'altro canto, il letto sembrava diverso, e non c'erano tende a bloccare all'esterno la pallida luce dell'ora prossima all'alba. Girò la testa e, scoprendo che il suo tutore dormiva nel letto accanto al suo, per un attimo non riuscì capire dove si trovasse e perché. Si sentiva al sicuro – dopotutto il suo professore era proprio lì con lui – ma non riusciva a comprendere dove fossero.
Si sentiva stanco, anche se si era appena svegliato. Nulla gli faceva male, ma si sentiva esausto, come se avesse giocato a Quidditch per ore ed ore il giorno prima.
Quidditch.
Bolidi.
Zucche di pietra.
E poi Harry ricordò tutto, e non riuscì a trattenere un singhiozzo di angoscia.
Piton si stava godendo un riposo ben meritato. Con tutto il lavoro che aveva da fare con i Malandrini e la scuola e i suoi serpenti ed Harry, era stato più occupato del solito. Per quanto avesse urlato quando il Guaritore gli aveva cacciato in gola la Pozione Senza Sogni, doveva ammettere che era passato troppo tempo da quando era riuscito ad avere una buona notte di sonno. Ancora meglio, la pozione sarebbe stata l'unica cosa che avrebbe impedito al suo sonno di venire disturbato dagli incubi.
Era stato impegnato a valutare i compiti durante un'ora libera nel momento in cui ognuna delle barriere (da poco migliorate) del castello erano improvvisamente impazzite; e Severus sapeva anche troppo bene che l'unica cosa che avrebbe potuto causare quel genere di risposta era l'Oscuro Signore In Persona. Voldemort era risorto, proprio lì ad Hogwarts: e Piton aveva saputo in quel momento, con una spaventosa certezza che gli aveva gelato il cuore in petto, che Lui era a caccia di Harry.
I ritratti urlanti di antiche streghe e maghi Guaritori, che avevano farfugliato freneticamente di mostri intenti ad aggredire gli studenti in Infermeria, gli avevano semplicemente fornito la prova finale. Era corso più in fretta di quanto pensasse umanamente possibile, puntando all'Infermeria, solo per trovare Silente, che si muoveva ancora più in fretta.
Chi avrebbe mai pensato che sotto a quelle ridicole vesti fluorescenti, capaci solo di causare mal di testa, il vecchio pazzo indossasse scarpe da corsa?
Ogni professore nel castello sembrava essere stato richiamato dalle barriere o dai ritratti o da entrambi, ed una compatta falange di professori aveva invaso l'Infermeria. Il povero, minuto Vitious aveva realizzato che, con tanta adrenalina nell'aria, Hagrid non si sarebbe mai accorto di averlo calpestato, ed aveva perciò usato astutamente un incantesimo di levitazione per tenersi fuori dai piedi e per fornire, se necessario, copertura aerea.
Piton non aveva mai – neanche durante la guerra – visto Silente apparire così pericoloso, e l'espressione della McGranitt avrebbe potuto essere sufficiente a far scomparire qualunque Signore Oscuro abbastanza sciocco da trovarsi sul suo cammino. Si era accorto dell'assenza della Sprite e di Sinistra ed aveva presunto (correttamente, come saltò fuori) che stessero proteggendo gli studenti; ma l'attimo dopo erano oltre le porte dell'Infermeria, e Piton ebbe occhi solo per Harry.
I suoi occhi frenetici corsero attraverso l'Infermeria, rilevando la mobilia rotta, il più giovane dei Weasley che barcollava, il viso ridotto a una maschera di sangue, e la Granger, con i capelli arruffati che volavano in ogni direzione mentre la ragazza si girava, la bacchetta sollevata, per fronteggiarli. Il suo sguardo pieno d'orrore si fermò sul cadavere sanguinolento solo il tempo sufficiente a notare che era quello di un adulto e, di conseguenza, di nessun interesse immediato per lui. Poi – grazie, Merlino – aveva visto Harry.
Il ragazzo era in piedi, innaturalmente fermo e quieto, e stava fissando il corpo senza testa con un'espressione neutra in una maniera inquietante; ma era lì, in piedi, e respirava, con tutti gli arti attaccati. Non aveva sangue addosso – a differenza di Weasley – e si stava muovendo di sua volontà.
Piton sentì un'ondata di sollievo quasi intollerabile scivolare sopra di lui, così forte che le ginocchia quasi gli cedettero; ma venne immediatamente seguita da una vampata di rabbia così potente che lui si mosse in avanti per afferrare il ragazzo e per scrollarlo ferocemente. Come osava, quel ragazzino, dargli ragione di provare tutto quel terrore?
Ma, prima che potesse superare il Preside – che aveva mantenuto, stranamente, una posizione da battaglia – il suo Marchio Oscuro tornò bruciando in vita. Piton boccheggiò quando l'agonia quasi dimenticata del marchio arse di nuovo, l'altra mano sollevata ad afferrare l'avambraccio bruciante. Come poteva essere accaduto? L'unica cosa che poteva svegliare il suo Marchio era -
"Potter!" Oh, no. No no no no no no. Non era pronto. I suoi piani erano pronti solo a metà. Non ancora. Il mostro non poteva essere già tornato. Era troppo presto. Harry era solo un ragazzino. Non era pronto a fronteggiare un immortale Signore Oscuro. No no no. Non ancora, buon Merlino, per favore, non ancora!
Ma Piton avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, quella voce sibilante, piena d'odio, carica di potere: e l'ascoltò, intorpidito dal terrore, mentre minacciava l'unica cosa che avesse importanza nella sua vita; mentre minacciava un undicenne con un'eternità di dolore e tutto quel che lui poteva fare era serrarsi l'avambraccio e sforzarsi di respirare.
Fortunatamente, incredibilmente, impossibilmente, l'undicenne in questione era fatto di un materiale più solido del suo1: Harry gridò una parola per la quale Piton avrebbedecisamente dovuto parlare con lui, poi lanciò un vaso da notte attraverso la forma incorporea di Voldemort.
Questo infranse la paralisi di Piton, che sollevò la bacchetta nello stesso istante in cui Albus ruggiva contro Voldemort, il potere della sua magia che increspava l'aria della stanza. Piton si unì agli altri professori nel tentativo di assoggettare l'ombra – anche Hagrid le lanciò una freccia – ma, con poca sorpresa di tutti, il Signore Oscuro, o quel che di Lui restava, riuscì a fuggire.
E poi quel cretino dalla testa rossa aveva balbettato qualcosa e Piton era accorso verso Harry. Dapprima era stato un Harry poco familiare, che appariva molto più vecchio dei suoi anni, quello che aveva alzato gli occhi per guardarlo: ma poi qualcosa negli occhi del ragazzo si era smosso ed Harry l'aveva riconosciuto improvvisamente. Giusto in tempo per svenire.
Piton non voleva ricordare mai più quell'orribile momento, quello che aveva preceduto l'istante in cui Minerva gli aveva assicurato che Harry stava respirando, quando lui era stato certo che Voldemort fosse riuscito a lanciare un'ultima Avada Kedavra prima di andarsene.
Quella era probabilmente la ragione per la quale era stato così inusualmente... agitato... quando i Guaritori erano arrivati. Non era come se gli importasse sul serio del moccioso, era semplicemente che, essendo collegato a lui da due Voti Infrangibili, voleva ovviamente assicurarsi che il demonietto ricevesse la miglior cura possibile. Non aveva nulla a che vedere con qualche più sentimentale nozione, malgrado quel che Silente o la McGranitt potevano aver lasciato intendere. Era solo che quello era, dopotutto, Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, e lui non aveva intenzione di permettere a qualche Guaritore in addestramento appena nominato, ancora con il latte sulle labbra, di fare pratica sul bambino.
Forse era stato lievemente brusco con il Capo Guaritore, quando questi si era finalmente degnato di arrivare (Piton non si era lasciato impressionare dal fatto che il Guaritore avesse dichiarato di essere stato trattenuto da un incidente con diverse vittime che aveva coinvolto il Nottetempo), ma questo certo non dava all'uomo il diritto di drogarlo con la Senza Sogni, né di accusarlo (pubblicamente, oltretutto!) di essere un genitore iperprotettivo. Piton sbuffò alla memoria. Che coraggio! Come se lui fosse stato colpevole di coccolare il moccioso! Ovviamente, malgrado i suoi molti titoli, il Capo Guaritore era troppo ottuso per realizzare che Potter era un bambino speciale ed aveva bisogno di un trattamento d'eccezione. Dopotutto, non era cosa da tutti capire perché il moccioso fosse sopravvissuto ad una Maledizione Che Uccide – era evidente che ci fosse qualcosa di speciale nella sua fisiologia, e dei test extra sarebbero stati richiesti, naturalmente, per assicurarsi che fosse davvero illeso.
Era stato più o meno a quel punto, mentre lui metteva eloquentemente in chiaro l'incompetenza del Capo Guaritore che non voleva lanciare di nuovo gli incantesimi diagnostici, che l'uomo gli aveva forzato la pozione giù per la gola. Piton aveva avuto a malapena il tempo di lanciare ad Albus uno sguardo di rimprovero per aver deviato la Maledizione Oscura che lui aveva spedito al Guaritore, prima che la pozione lo facesse scivolare nell'inconsapevolezza.
Ed ora era ovviamente mattino e la pozione aveva finalmente esaurito il suo effetto. Giacque quietamente per un attimo, godendo del silenzio e chiedendosi se poteva permettersi, magari, di riassopirsi: poi udì un singhiozzò di angoscia che identificò istintivamente come proveniente da Harry, ed i suoi occhi si spalancarono.
"Potter," sussurrò, consapevole di essere in Infermeria e ricordandosi quanto malmesso fosse apparso il ragazzo Weasley – per non parlare di Poppy. "Che c'è?"
Harry guardò il suo professore, gli occhi gonfi di lacrime. Non era neanche certo di cosa ci fosse che non andava, precisamente. Solo, tutto sembrava terribile. L'orribile testa che era spuntata fuori dal cranio di Raptor. Lo scontro e Ron coperto di sangue. Le disgustose minacce rivolte da Voldemort ad Hermione. L'ordine di ucciderli in tono casuale, noncurante, dato dal Signore Oscuro a Raptor. L'improvvisa comprensione di come dovessero essere stati gli ultimi momenti dei suoi genitori. L'orribile consapevolezza che Voldemort era tornato davvero ed era intenzionato ad ucciderlo. Il nauseante suono che la zucca Trasfigurata aveva causato quando aveva sfracellato il cranio di Raptor come un guscio d'uovo. La colpa per aver quasi provocato la morte dei suoi amici con il suo stupido "Caso del Turbante Misterioso"; o il fatto che di colpa non ne provava affatto per aver effettivamente ucciso un altro essere umano. Forse lui non era migliore di Voldemort?
Piton aggrottò la fronte di fronte all'incapacità del moccioso di spiegarsi. Il ragazzo aveva un anno o undici? Aveva posto a Potter una semplice domanda, e il ragazzo sembrava impossibilitato a fare niente che non fosse fissarlo con le labbra tremolanti. Ovviamente spettava a lui prendere il controllo della situazione. "Vieni qui," ordinò fermamente, scostando le coperte. Certo non poteva continuare a sibilare verso il letto vicino e, se Harry aveva deciso di ignorarlo, a cos'altro poteva ricorrere? L'azione naturale era portare il ragazzo a sé. Dopotutto, perché avrebbe dovuto andare lui dal ragazzo? Piton era l'adulto. Che fosse il ragazzino ad uscire dal suo bel letto caldo.
Harry non attese di essere invitato due volte. Filò giù dal suo letto e dritto in quel del suo professore prima che l'uomo potesse ripensarci. Si raggomitolò contro il professore che, per una volta, non era vestito nel solito nero: come Harry, Piton aveva addosso un pigiama ospedaliero standard, anche se il suo aveva un piccolo emblema di Serpeverde sul petto.
Harry abbracciò strettamente il suo professore, posando il capo sul torace dell'uomo e lasciando che il suono dei suoi battiti lo calmasse. Sentì una potente ondata d'amore invaderlo quando le braccia di Piton gli circondarono le spalle e lo tennero vicino.
Piton mantenne una presa ferma sulla piccola creatura. Non aveva intenzione di permettere ad Harry di scappar via e nascondersi come un animale spaventato: meglio tenerlo strettamente fino a quando non avesse realizzato che opporsi o fuggire era inutile. Non aveva niente che a che vedere con un desiderio di rassicurare il ragazzo o di essere sentimentale. Semplicemente, Piton non aveva intenzione di ritrovarsi a trascinarsi in giro per il castello in cerca di un qualunque posto in cui un traumatizzato studente del primo anno potesse nascondersi o, come l'ultima volta, di doverlo trascinare fuori da sotto il letto dell'ospedale.
"Sul serio, Potter," lo rimproverò Piton, una volta che il moccioso ebbe smesso di tremare. "Non mi aspetto che tu sia eloquente, ma semplici risposte non dovrebbero essere un problema per te. Ti senti male?"
"No, signore," rispose Harry, obbediente. Era così fortunato! Il suo professore si prendeva cura così bene di lui.
"Sei spaventato?"
Harry si agitò. "Un po'," ammise.
Piton sospirò. Era sgradevole che il ragazzo dovesse apprendere così presto della minaccia che Voldemort costituiva per lui, ma non c'era modo di girarci attorno. Nessuno scopo ad indorare la verità. "E' vero che il Signore Oscuro è un avversario potente, Potter," disse infine, scegliendo le parole con cura. "Ma se n'è andato, per ora, ed hai visto con i tuoi occhi che è in uno stato debole ed incorporeo. Non devi temere per la tua sicurezza, qui e adesso."
"Non è questo," disse Harry, contorcendosi per guardare verso il suo professore, sorpreso. "So che mi terrai al sicuro."
"Lo farò, certo," assentì Piton, facendo del suo meglio per ignorare la calda sensazione d'orgoglio che lo sciocco commento del ragazzo aveva causato. "Ma allora di che cosa hai paura?"
"Di me," ammise Harry. "Penso che crescerò per diventare come Lui."
Piton poté quasi udire la lettera maiuscola. "Come il Signore Oscuro? Perché diamine pensi questo?" "Perché sono un assassino, proprio come lui," sussurrò Harry, affondando la faccia nel petto di Piton. "L'ho ucciso. Be', ho ucciso Raptor, ad ogni modo."
"Potter!" La voce di Piton tremava per la furia, ed Harry alzò lo sguardo, spaventato. Il suo professore l'avrebbe scacciato, ora che sapeva quel che Harry aveva fatto? "Riconosco che sei un Grifondoro, ma, cortesemente, non essere ancora più imbecille di quanto sia necessario! Certo anche tu puoi afferrare la natura fallace dell'argomento che porti a sostegno di una simile equivalenza morale?"
Harry si limitò a sbattere le palpebre, fissandolo a bocca aperta. Piton sospirò ancora. Grifondoro, Severus. Ricorda come sono i Grifondoro. "Potter, non riconosci la differenza tra uccidere ed assassinare?"
"Ummm...." Harry aggrottò la fronte, pensieroso. "Per assassinare devi volere che qualcuno muoia; ma per uccidere non è necessario. Per esempio, se investi per errore qualcuno con una macchina?" "Un esempio Babbano, ma ragionevole," concesse Piton.
"Ma io volevo ucciderlo, Professore," obiettò Harry, infelice. "Volevo che morisse. E non mi sento neanche in colpa per questo."
"Idiota." Piton aggrottò la fronte. Che cosa insegna, la McGranitt, in quella Casa? "Certo che volevi che morisse, Potter. Raptor era un volenteroso tirapiedi del Signore Oscuro. Presumo che stesse cercando di ferire te ed i tuoi amici?" Davanti all'assenso di Harry, proseguì, "Perciò puoi immaginare quale sarebbe stata la mia reazione se tu non avessi cercato di ucciderlo. Che cosa ti ho detto riguardo al fatto di difendere te stesso?"
"Ch-che dovrei farlo," riconobbe Harry. "Ma questo non significa che fosse necessario ucciderlo."
"Potter, tu hai undici anni. Ti sei scontrato con un mago pienamente adulto che non solo era a tutti gli effetti un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, ma aveva anche una qualche forma di collegamento con il più potente Signore Oscuro dell'ultimo mezzo secolo. In una situazione come quella tu non devi cercare di ferire o catturare. Tu uccidi per non essere ucciso."
"M-ma quello è assassinio," Harry tirò su con il naso.
Piton si mise a sedere e tirò Harry finché anche questi non fu seduto, faccia a faccia con lui. "Potter. Questo è molto importante, perciò ascoltami bene. Quello non è assassinio. Assassinio è l'omicidio deliberato di un innocente che non intendesse recarti danno. Tu non hai assassinato nessuno, anche se hai, in effetti, ucciso." Il labbro di Harry riprese a tremare e Piton gli lanciò un'occhiataccia. "Potter. Non hai ragione di essere sconvolto. Ora ascoltami bene. C'è un detto Babbano che mi aspetto che tu tenga a mente: 'Se qualcuno si prepara ad ucciderti, svegliati presto ed uccidilo per primo.'" Harry sbatté le palpebre, sorpreso, il labbro ora fermo. "Adesso, cosa significa questo?"
"Si-significa che se sai che qualcuno sta cercando di ferirti, dovresti alzarti dal letto ed ucciderlo prima che lui uccida te?"
"Esattamente. Significa che, se sai che qualcuno intende farti veramente del male, hai l'obbligo di proteggerti. Non devi startene seduto sul letto e rannicchiarti e gemere e sperare che accada qualcosa che lo dissuada. Non devi aspettare per vedere se cambia idea all'ultimo minuto, perché ci sono ottime possibilità che non lo farà. Devi alzarti e muoverti prima che l'altra persona possa danneggiarti." Piton gli lanciò un'occhiata estremamente severa. "Ciò non significa che se pensi che qualcuno potrebbe ferirti, allora hai il permesso di ferire lui. Significa che, se hai prove evidenti del fatto che qualcuno stia cercando praticamente di ucciderti, dovresti sbarazzarti della minaccia prima che tu – od altri – possano essere feriti."
Harry tirò su con il naso. "Ma se io voglio uccidere Lui così come Lui vuole uccidere me, questo non mi rende malvagio come Lui?"
"Non c'è equivalenza morale tra le due azioni, Potter." Di fronte all'espressione vacua del ragazzo, Piton riformulò la frase. "Non è affatto la stessa cosa. Il Signore Oscuro sta cercando di uccidere un bambino per i propri fini e il proprio piacere. Ha ucciso i tuoi genitori nella vaga possibilità che tu potessi un giorno portare a termine una Profezia. Tortura ed uccide le persone a causa dei loro genitori o delle loro convinzioni. E' una abietta e malvagia creatura che gode nel creare dolore e terrore negli altri. Tu cerchi di ucciderlo per proteggere te e gli altri dalla vera, reale minaccia della violenza del Signore Oscuro. Non c'è nulla di simile nelle vostre motivazioni.
Voldemort aveva l'abitudine di andare nei villaggi Babbani solo per uccidere la gente. Cercava di uccidere quante più persone possibile. Prendeva di mira uomini, donne e bambini indiscriminatamente. Non faceva distinzione alcuna tra Auror e civili. Voleva che ci fossero molte vittime e, quando attaccava, usava i Babbani come scudi umani. Non è mai accettabile uccidere deliberatamente persone che non abbiano intenzione di danneggiarti e che si stiano innocentemente occupando degli affari di ogni giorno."
"Gli Auror, al contrario, possono uccidere quando sono sul campo, ma lo fanno per proteggere civili. In guerra, non prendevano di mira deliberatamente i bambini dei Mangiamorte, mentre il Signore Oscuro e i suoi seguaci hanno attaccato molte famiglie, precisamente come hanno fatto con la tua. E' ridicolo dire che ogni morte è una tragedia o che tutte le morti sono moralmente equivalenti. Ci sono persone che, per le loro azioni, meritano di morire, ed uccidere qualcuno per proteggere te stesso od un innocente non è omicidio."
Harry prese un respiro profondo. Le parole del suo professore avevano senso. Forse non sarebbe cresciuto per diventare un Signore Oscuro, dopotutto. "Perciò non sei arrabbiato con me?" chiese cautamente.
"Per aver ucciso Raptor? Certo che no." Piton lanciò un'occhiataccia minacciosa al ragazzo. "Cosa ti aspetti che ti faccia se mai mancherai di proteggerti tanto vigorosamente quanto hai fatto ieri?"
Le labbra di Harry si piegarono in un sorriso. Amava quando il suo professore diventava furioso e protettivo. "Mi darai uno scapaccione."
"Precisamente."
"Perciò... se io non avessi ucciso il Professor Raptor, tu mi avresti sculacciato?" chiese Harry, maliziosamente.
"Direi proprio di sì."
"Perciò posso avere una Cioccorana per essermi difeso propriamente?"
"Niente Cioccorane prima di colazione," disse Piton, severamente.
Harry tenne il broncio per un attimo, prima di rischiararsi in viso. "D'accordo, te lo chiederò di nuovo dopo colazione."
"Hmmmm." Piton cominciò a guardarsi intorno.
"Che c'è, Professore?" chiese Harry, curioso.
"Sto cercando la mia bacchetta."
"Oh." Anche Harry si mise a cercarla, desideroso d'essere d'aiuto. "A cosa ti serve, Professore?"
"Credo sia necessario introdurti all'Incantesimo Insaponabocca," replicò Piton placidamente.
Gli occhi di Harry si spalancarono per l'orrore. "Cosa! Ma perché? Cosa ho detto?"
"Non ricordi quel che hai detto al Signore Oscuro, un attimo prima di tirargli un vaso da notte?"
Harry arrossì. "Oh." Lanciò un'occhiata furtiva al suo tutore, cercando di valutare quanto indulgente l'uomo potesse essere. Anche se l'espressione cupa di questi non era incoraggiante, decise di cercare comunque di obiettare. "Ma, Professore, era Voldevont! Non dovrebbe essere così terribile imprecare contro di Lui. Non è come se l'avessi detto in classe, o qualcosa del genere," disse, supplichevole.
"Se mai dovessi sorprenderti ad usare un simile linguaggio lontano dalla presenza del Signore Oscuro -" iniziò Piton.
"Non accadrà!" promise Harry, in fretta.
"Oh, molto bene," concesse Piton di malavoglia. Harry si afflosciò contro di lui, sollevato. Whew! Che fortuna, per lui, che il suo tutore fosse così gentile! Si accoccolò più vicino all'uomo e chiuse gli occhi. Si sentiva sicuro ed amato e – per la prima volta – orgoglioso di sé. Si poteva far conto sul suo tutore per rassicurarlo del fatto che non fosse un orribile mostro assassino. Harry sentì la tensione scivolare fuori dai suoi muscoli e la fatica insinuarsi all'interno.
Piton guardò il ragazzino, allarmato. Certo il moccioso non progettava di addormentarsi su di lui. Non era un cuscino per i Potter! "Potter, alzati immediatamente e torna nel tuo letto, se vuoi rimetterti a dormire."
"No," mormorò Harry, già quasi assopito.
Oh, disobbediente mocciosetto! Ovviamente aveva bisogno che gli venisse ricordato che cosa si poteva aspettare per un simile, ostinato comportamento. Piton alzò una mano dal punto in cui era posata sulla schiena del ragazzo e gli assestò uno scapaccione sul sedere. "Potter! Vattene nel tuo letto!"
Harry si limitò ad affondare più profondamente contro l'uomo e ad emettere un sospiro di contentezza. Era così carino da parte del Professor Piton prenderlo in giro in quel modo. Certo la gentile pacca sul sedere rendeva chiaro che stesse solo scherzando. Harry serrò la stretta attorno al suo professore. Come aveva potuto immaginare di assomigliare a Lord Volauvent? Il suo tutore l'amava, e questo dimostrava che Harry non era una qualche spaventevole, malvagia creatura.
Harry scivolò nel sonno, sicuro nella sua certa consapevolezza di essere una brava persona che aveva svolto un necessario, anche se spiacevole, compito. L'approvazione del suo tutore lo confermava – non c'era bisogno di preoccuparsi od angosciarsi ulteriormente. L'aveva detto il Professor Piton, e perciò era così.
Be'. Ciò era decisamente seccante. Era evidente che, con il raggio d'azione della sua mano limitato dalle coperte, i suoi scapaccioni non facevano alcuna impressione al moccioso: avrebbe potuto sfilare la mano da sotto il lenzuolo, ma a quel punto le coperte nel mezzo avrebbero provveduto a formare un'imbottitura per il sedere del piccolo disgraziato, e non sarebbe stato un miglioramento. Poteva far levitare il ragazzo – Ma, aspetta. Forse stava sottovalutando qualcosa. Perché il ragazzino era così sonnolento? Di certo, alla sua età, il moccioso avrebbe dovuto saltellare fuori dal letto e chiedere cibo, non cercare di dormire fino a mezzogiorno come un pigro adolescente.
Piton sbuffò. Lo sapeva. Aveva avuto ragione sin dal principio. Ovviamente il ragazzo era stato più danneggiato dagli eventi del giorno prima di quanto quell'idiota di un Guaritore avesse rilevato. Be', evidentemente era una buona cosa, dopotutto, che Harry si fosse addormentato proprio là. Piton avrebbe dovuto controllare il sonno di Potter per essere certo che non si sviluppassero complicazioni, nel frattempo. Avrebbe cominciato monitorando la respirazione del ragazzo. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Certo, sembrava piuttosto regolare. Piuttosto tranquillizzante, davvero. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Molto rilassante, in effetti. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Dentro... e...
Venti minuti dopo, la strega del San Mungo e il preside di Hogwarts guardarono la coppia addormentata, divertiti. La testa di Harry era posata sul petto di Piton, e le braccia del professore di Pozioni circondavano il ragazzo in un gesto protettivo. "Le mie barriere mi hanno informata che due dei pazienti si erano svegliati, Professore, ecco perché l'ho chiamata. Ma vedo che la mia chiamata è stata prematura. Magari tra un'ora, più o meno, possiamo svegliarli tutti, ma preferirei che dormissero il più possibile."
"Sì, certo," assentì Silente, estraendo una macchina fotografica dalle sue vesti voluminose. "Ma mi lasci solo prendere un paio di scatti prima che me ne vada. Sono certo che il Professor Piton sarà lieto di vederli, così come il resto del corpo docente."

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Harry's new home
Fiksi PenggemarUn ragazzino solo. Un sarcastico, irritante bastardo. Quando la salvezza dell'uno è affidata all'altro, tutti sanno che non finirà bene... oppure sì