3: Teoria e pratica

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Quando apro la porta del salotto, scopro con piacere di non essere sola: Daniel infatti è comodamente sprofondato in una poltrona, immerso nella lettura di un quotidiano. Al mio ingresso distoglie lo sguardo dal giornale e lo punta su di me.

«Buongiorno» dice cortese, mentre mi siedo sul divanetto accanto alla poltrona. Poi mi guarda meglio. «Stai bene? Hai un aspetto terribile».

Le sue parole non mi sorprendono: quando mi sono guardata allo specchio, stamattina, mi sono accorta di essere innaturalmente pallida e di avere delle profonde occhiaie scure, ma non avevo proprio voglia di truccarmi.

«Lo so» rispondo secca. «È solo che stanotte non ho dormito».

Daniel annuisce. «Già. Mi dispiace: Bartolomeo di solito non è così... rumoroso, ma Gioelia sì, e lui si fa trascinare» mi spiega.

Sbuffo. «Me ne sono accorta!» esclamo. «Ti prego, dimmi che quell'oca non passa spesso la notte qui...» lo imploro. Lui tentenna per un attimo.

«Ehm... no, non passa spesso la notte qui» dice. Sta mentendo, è palese. Sbuffo di nuovo.

«Scusa Daniel, ma come fai a sopportarlo? Come riesci a dormire, con tutto il rumore che fanno?»

Daniel sorride sereno. «Io non dormo» dice tranquillamente.

Sono interdetta. «Scusa, che significa che non dormi?»

«Esattamente quello che ho detto: io non dormo. Sono un angelo, non ne ho bisogno» annuncia senza scomporsi.

Okay. Se dovessi descrivere cosa hanno suscitato in me le sue ultime parole, direi che la mia mascella sta rotolando sul pavimento.

«T-tu sei... un... un angelo?» balbetto. Daniel mi sorride divertito e annuisce, ma francamente non posso fare a meno di pensare a uno scherzo. Quindi sorrido a mia volta. «Buona questa, Daniel» dico ridendo.

Lui solleva un sopracciglio. «Non mi credi?»

La mia risposta non si fa attendere. «Ovviamente no».

Daniel scrolla le spalle con fare indifferente. «Va bene, allora forse questo ti convincerà».

Non faccio in tempo a chiedermi cosa intendesse con 'questo' che un paio di enormi ali grigio chiaro e rilucenti come perle spuntano dalla sua schiena. Faccio un salto sul divano.

«Ali!» rantolo indicandole spasmodicamente con un dito, completamente fuori di me.

Il mio nuovo comandante soffoca una risata a fatica. «Sì, ali» ripete, fingendo un colpo di tosse per non farmi capire che sta ridendo di me.

Vorrei fargli qualche domanda - o almeno toccare quelle ali, che sembrano sofficissime - ma prima che abbia il tempo di esternare i miei desideri e le mie curiosità, la porta si apre e un Bartolomeo completamente arruffato, con gli occhi semichiusi e addosso soltanto una tuta sformata e una maglietta di cotone, fa il suo ingresso.

«Buon-buon-buongiorno» dice in uno sbadiglio che ci fornisce la visione completa delle sue tonsille. Storco il naso.

«Buongiorno a te, amico» replica Daniel, tornando alla lettura del giornale. Io, dal canto mio, lo ignoro: non ho ancora dimenticato che è anche colpa sua, se stanotte non ho chiuso occhio!

Incurante del mio malumore, Bartolomeo si lascia cadere accanto a me sul divano e si allunga verso il tavolino per afferrare una brioche. Ne divora metà in un sol boccone prima di rivolgere la sua attenzione su di me.

«Ciao splendore! Sai che stamattina sei anche più bella di ieri?» dice sfacciato. Gli rivolgo un'occhiata assassina prima di versarmi una tazza di caffè. Sorseggio la bevanda calda, ignorando bellamente l'uomo seduto accanto a me.

Il Sacro Ordine della Croce Armata (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora