22: Febbre Mannara

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La mezzanotte è passata da poco e la movida notturna sta arrivando all'apice quando la serata prende la piega che ci aspettavamo, e cioè la peggiore possibile.

Da un momento all'altro, la calma si spezza come un cristallo di Boemia scagliato contro un muro: dalla strada parallela a quella in cui ci troviamo le grida si levano altissime, tanto da raggiungere me e Dario. Insieme al Jinn corro verso sinistra, il DET già in pugno, cercando la fonte del caos; le urla provengono da un ristorante giapponese. Anche da fuori, riusciamo a vedere l'enorme sagoma all'interno che salta a destra e a sinistra bloccando l'accesso alle scale.

«Vado avanti io» annuncio stringendo più forte il DET. Scendo le scale in punta di piedi e la prima cosa che vedo è un manto argenteo: prima ancora che possa accorgersene, la licantropa viene stesa da una robusta scossa elettrica.

«Però. Una Volpe-Lupo» fischia Dario, scavalcando l'argentea figura prona e seguendomi all'interno del ristorante.

«Dubito ce ne sia solo una» borbotto un attimo prima che altre due Volpi saltino davanti a noi.

Facciamo roteare i DET ma lasciamo loro lo spazio per passare; quelle ci superano di corsa, agguantano la Volpe priva di sensi e balzano fuori dal ristorante, ancora pieno di gente urlante: almeno sembrano tutti incolumi.

«State calmi e chiudetevi dentro» riesco a urlare. Non abbiamo tempo di tranquillizzare gli umani; dobbiamo seguire le Volpi, e dobbiamo farlo subito, altrimenti le perderemo di vista. Partiamo al loro inseguimento tenendole d'occhio senza avvicinarci troppo, facilitati dal colore del loro manto.

«Daniel, abbiamo appena beccato tre Volpi-Lupo in un ristorante in via Cattaneo» dico nel microfono; l'auricolare è pieno delle urla dei miei compagni, segno che anche loro si stanno scontrando con dei licantropi. «Daniel, mi hai sentita?»

«Ti ho sentita io, Cate» risponde la voce di Lorenzo. «In che direzione andate?»

«Verso piazza Vittorio» ansimo mentre continuo a correre. «Stanno uscendo dalla nostra zona!»

«Ve ne arrivano sette dalla nostra, Morganti, verso piazza della Repubblica» brontola la voce di Ireneo. «Distruttori. Occhi aperti e riflessi pronti!»

«Grazie!» rispondo prima di chiudere la comunicazione e invertire la direzione. Di fronte a me alcune persone scappano urlando, mentre le persone affacciate alle finestre gridano di paura, aprendo le loro case per dare rifugio a chi è in strada.

«Almeno saranno al sicuro» dice Dario, affiancandomi e scoccando uno sguardo rapido ai civili. «Dai Morganti, veloce!»

Acceleriamo ancora l'andatura; strada facendo incrociamo un paio di Fratelli del Mare, qualche Ordinario e una mezza dozzina di licantropi della Congregazione della Croce del Sud. Riusciamo a stenderli quasi tutti e quelli si dileguano in direzioni diverse trascinando via i compagni tramortiti. Mentre li vedo sciamare in tutte le direzioni mi chiedo che diamine potremo mai fare in due contro così tanti licantropi.

Quando arriviamo a piazza della Repubblica, troviamo i Distruttori cui aveva accennato Ireneo tutti intenti a saltare intorno alla grande fontana, sui cofani delle automobili in corsa e lungo i colonnati. Vedo un licantropo afferrare un umano per il collo e tentare di tirarlo fuori dal finestrino dell'auto; corro verso di lui con le ali ai piedi, gli assesto un colpo duro al polso per fargli mollare l'umano e gli ficco il DET dritto tra le costole: la scarica è talmente forte da farlo schizzare verso l'alto per due o tre metri.

«Via, vattene» intimo all'uomo ancora sconvolto, spingendolo verso la chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Un licantropo si esibisce in un salto mortale con agilità insospettabile e atterra nel punto esatto in cui si trovava l'uomo due secondi prima: si erge in tutta la propria altezza stando ritto sulle zampe posteriori, getta indietro la testa e ulula alla luna.

Il Sacro Ordine della Croce Armata (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora