14: Tempesta di fuoco

361 23 36
                                    

Sono stanca, stanca, stanca.

A due settimane da quella notte disastrosa, non posso credere che stiamo per rischiare tanto. Dopo infinite insistenze il Pontefice – è incredibile quanto possa essere ostinato quell'uomo – è riuscito a convincere tutti che fosse giusto ripristinare almeno le udienze del mercoledì. Le teorie più o meno fantasiose messe in campo dai giornalisti sui suoi presunti problemi di salute gli hanno fornito l'alibi perfetto per fare ciò che ognuno di noi sperava non facesse: proporre iniziative rischiose per la sua incolumità.

Non sono entusiasta della cosa; Lorenzo lo è ancor meno ed Estermann si è dichiarato del tutto contrario, ma dopo oltre una settimana di insistenze, suppliche, scatti d'ira e minacce velate abbiamo ceduto. Per stanchezza, suppongo: tenere Sua Santità costantemente sotto controllo è cento volte più difficile, se ci tormenta con le sue richieste e la sua loquacità.

E così, alle nove del mattino, io, Lorenzo e la nostra ormai fedele scorta di Guardie Svizzere stiamo facendo il sesto controllo della piazza dall'alba.

«Tutto a posto lì sotto?» dice la voce di Lorenzo nel mio auricolare; visto che è l'unico dotato di ali, si è assunto l'incombenza di controllare che tutto fosse in ordine in cima al colonnato e sui tetti che circondano la piazza.

«Qui tutto regolare» rispondo nel microfono. «E lassù da te?»

«Tutto tranquillo, ci sono solo i piccioni a farmi compagnia» dice il mio amico. «Ora scendo giù».

Un attimo più tardi lo vedo planare sul selciato, protetto dall'Amictus Sancti e seguito da una manciata di piccioni.

«Ti sei fatto dei nuovi amici, vedo» lo prendo in giro accennando ai pennuti.

«Almeno loro non sono paranoici né maniaci del controllo» replica lanciandomi un'occhiata significativa. Faccio una smorfia e mi trattengo dal mostrargli la lingua. «Dite che siamo pronti?»

«Più di così non possiamo fare» rispondo. «Siamo all'aperto, dobbiamo accontentarci di quello che c'è».

Stavolta è Lorenzo a fare una smorfia, e di fastidio. Lo capisco: gli incantesimi di protezione funzionano al meglio quando si agganciano a una struttura solida, quindi lavorano bene sugli edifici. All'esterno, invece, hanno meno punti fissi su cui agganciarsi, quindi è più facile che ci siano falle o crepe.

In pratica, stiamo andando allo sbaraglio.

«Allora, tutti al proprio posto, occhi aperti e pronti a muoversi alla prima anomalia» ordino.

Le guardie obbediscono, disponendosi nei punti che abbiamo concordato insieme, dai cui hanno una buona visuale sulla piazza ma sono, al contempo, abbastanza vicini al Pontefice da intervenire in caso di necessità. Io e Lorenzo torniamo verso la basilica, dove il Santo Padre attende il momento di uscire.

Mi guardo intorno mentre finalmente lo scortiamo all'esterno.

«Ricordi, Santità: al minimo segnale che qualcosa non va, la riportiamo nella basilica a costo di trascinarla per i capelli» lo avverto sottovoce.

Il Pontefice guarda prima me e poi Lorenzo, dopodiché annuisce appena: probabilmente non vuole rischiare di irritarci proprio ora che annusa l'aria fresca.

Il tragitto dalla porta della basilica allo scranno su cui siederà Sua Santità mi sembra lunghissimo: i miei occhi rimbalzano lungo il colonnato e poi sulla schiera di persone sedute, sulla punta dell'obelisco e dietro ogni possibile riparo. C'è una montagna di gente, sono troppi! E se un demone sbucasse fuori all'improvviso? E se qualcuno dei presenti fosse posseduto da un Parassita? Non abbiamo nessuna copertura sugli umani!

Il Sacro Ordine della Croce Armata (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora