Quattro giorni dopo la riunione del Concilio, Francesco non è ancora tornato: Tangherli è stato più che lieto di esaminare il sigillo che Bartolomeo aveva raccolto e Andrea si è dichiarato d'accordo con la nostra scelta di affidarci al comandante della Squadra 16. Purtroppo, per ora non siamo riusciti a sapere molto più di quello che avevamo già intuito su quel sigillo: è d'argento, serve al trasporto di persone e si autodistrugge entro centoventi secondi dall'attivazione. Tangherli sta facendo il possibile per capire quale fosse la destinazione o se ci sia una firma magica riconoscibile, ma per il momento non ha avuto fortuna. Inutile dire che questo l'ha reso ancora più determinato a raggiungere il proprio obiettivo: a quanto pare, Tangherli detesta fallire in qualcosa.
Portate a termine le missioni della giornata – niente di particolarmente impegnativo, solo tanti interventi in luoghi spesso molto distanti tra loro – ho deciso di tornare alla sede dell'Ordine, e più precisamente, nei sotterranei.
Nella sua cella, Egidio sembra tranquillo: è seduto al piccolo tavolo di legno, fissandosi le mani, e alza la testa solo quando mi fermo a poca distanza dalle sbarre.
«Ho sentito che stanno per trasferirti» dico. Egidio annuisce: sulla sua fronte spicca un cerotto, a coprire la ferita che gli ho procurato una settimana fa. «Mi dispiace per quella» aggiungo, indicandogli la testa. «Ero furiosa, ma mi sarei dovuta controllare».
Il Jinn si stringe nelle spalle. «Avevi ragione» ammette. «Forse non sono stato io a mandare i Ghoul a uccidere quei bambini, ma è stato anche grazie a me se la Fratellanza è diventata abbastanza potente da poter organizzare offensive del genere». Si interrompe. «Ero talmente accecato dal mio desiderio di vendetta da non rendermi conto che la stavo cercando nel posto sbagliato».
«Be', alla fine però hai preso una decisione» rispondo; mi siedo di fronte alla cella, con le gambe incrociate, e mi afferro le caviglie con le mani mentre lo osservo. «Hai fatto quello che potevi per rimediare, e questo è importante».
«Non restituirà la vita agli innocenti che sono morti ingiustamente» replica Egidio in tono amaro, «né la libertà a chi è stato attirato nella Fratellanza con l'inganno».
«No, è vero» convengo. «Il passato non si cancella, ma il futuro si può modificare: chi ora non ha più la libertà presto se la vedrà restituita, e chi ha perso una persona amata riceverà giustizia». Cerco i suoi occhi. «Facciamo del nostro meglio, ma a volte il nostro meglio non è abbastanza, Egidio. Non c'è nessuna colpa in questo, quello che conta è dare tutto per migliorare o sistemare le cose. Non lasciarti sopraffare dai sensi di colpa, concentrati sul ricostruirti una vita diversa».
Il Jinn annuisce in silenzio. «Non so ancora dove mi porteranno» dice all'improvviso, e si sente che è impaurito: è spiazzante, dover accettare di non avere più il controllo della propria vita.
«La Croce Armata ha delle specie di... centri di recupero, se vogliamo chiamarli così» spiego. «Sono posti in cui ospitiamo le persone come te che decidono di imparare a controllare i propri istinti e le proprie capacità per permettere loro di reinserirsi tra i civili senza essere scoperti. Ci sarà qualcuno che ti aiuterà ad abituarti gradualmente a una vita normale e che ti controllerà per capire se potresti essere ancora pericoloso per i civili».
Egidio sorride in modo strano. «Sembra una di quelle comunità per tossicodipendenti o alcolisti».
Mi metto a ridere. «Sì, il principio è quello» ammetto. «Non è così male, vedrai. Finora nessuno si è lamentato, mi sembra un buon inizio!»
Grattandosi il cerotto, Egidio si alza dalla sedia e viene a sedersi proprio di fronte a me, a pochi centimetri dalle sbarre.
«Che farete per fermare la Fratellanza?» mi chiede, serissimo.
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Il Sacro Ordine della Croce Armata (#Wattys2016)
ParanormalCaterina è una privilegiata: nata in una delle più ricche famiglie italiane, è cresciuta nel lusso e a venticinque anni vive senza preoccupazioni. O almeno, questo è quello che appare agli occhi dei più. Quello che quasi nessuno sa è che di...