13: L'agguato

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Tre giorni dopo il mio rientro in Vaticano, Andrea si è presentato per un incontro privato.

«Volevo soltanto sapere come stai» dice a mo' di spiegazione di fronte al mio sguardo perplesso.

Sospiro.

«Sto bene» dico, e anche se solo in parte, è vero. «È che non sono sicura di voler sapere cosa succede al di fuori di queste mura, ma tanto non potrò evitarlo per sempre». Prendo un respiro profondo, preparandomi a fare una domanda di cui temo molto la risposta. «Hai sentito qualcuno degli... degli altri che erano con noi a casa di Adelmi, l'altra sera?»

Andrea tace per alcuni lunghi istanti e mi rivolge un'espressione desolata: non prevedo niente di buono.

«Non sono riuscito a parlare con nessuno di loro» mi rivela a malincuore. «Ci ho provato, ma sembra che nessuno abbia voglia di parlare di quello che è accaduto l'altra sera». Mi fissa, un po' preoccupato. «Stava andando abbastanza bene, ma dopo lo scontro con i demoni...»

Mi passo le mani sul volto e tiro indietro i capelli. «Mi dispiace tanto, Andrea, non volevo» dico mesta. «Non era mia intenzione usare l'Illusionismo, è... è come se quella parte del mio cervello avesse agito di sua spontanea volontà, non sono riuscita a controllarlo...»

Senza alcun preavviso, Andrea mi abbraccia.

«Non hai fatto niente di sbagliato, Caterina, niente» dice risoluto. «Eravamo tutti in pericolo ed eravamo allo stremo; non ce l'avremmo mai fatta, nessuno di noi. Usando l'Illusionismo ci hai salvati tutti, quindi non hai nulla di cui scusarti».

«Ma nessuno sarà più dalla mia parte, ora. Non avranno mai il coraggio di appoggiarmi contro Adelmi» mormoro.

«Troveremo un altro modo» replica Andrea, risoluto. «E, a proposito di Adelmi» dice, improvvisamente meno sicuro di sé, «lui è stato l'unico a voler parlare di quello che è successo a casa sua».

Alzo gli occhi al cielo. «Fammi indovinare: vuole che l'Ordine gli risarcisca i danni!»

«No» ribatte Andrea con serietà. «Mi ha chiesto di te. Gli ho detto che eri già tornata in Russia...» mi rivolge uno sguardo eloquente, «e lui mi ha pregato di ringraziarti per quello che hai fatto l'altra sera».

Sbuffo stizzita. «Non ho dubbi che voglia ringraziarmi. Gli ho fornito la vittoria su un piatto d'argento!»

«Credo fosse sincero» replica pacato il mio padrino. «Ti ha anche mandato un regalo. Uno piuttosto consistente, a giudicare dalla grandezza e dal peso del pacco».

«Non m'interessa» brontolo.

Andrea scuote la testa. «Almeno aprilo e fammi sapere cosa devo dirgli. Tranne gli insulti, Caterina, quelli non li riferirò in nessun caso e per nessun motivo. Questo dono potrebbe essere il suo modo di tenderti un ramoscello d'ulivo...»

«Se potesse, il ramoscello d'ulivo me lo ficcherebbe nell'occhio, dammi retta» replico.

Il mio padrino alza gli occhi al cielo, esasperato. «Ho fatto portare il pacco nella tua stanza. Dagli almeno un'occhiata» si raccomanda congedandosi.

Borbotto una risposta incomprensibile alle mie stesse orecchie: qualsiasi cosa ci sia in quel pacco, dubito possa farmi cambiare idea su Orlando Adelmi.

******

«Avanti, aprilo» mi incita Lorenzo.

È tarda sera. Io e Lorenzo siamo nella mia stanza, quest'ultimo comodamente sistemato sul mio letto. Come aveva annunciato Andrea, il pacco di Adelmi era già qui: è lungo circa un metro e mezzo e altrettanto alto e largo, e decisamente più ingombrante di quanto pensassi.

Il Sacro Ordine della Croce Armata (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora