21: Convocazione straordinaria

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Le giornate scorrono con lentezza esasperante.

Da quando sono andata a trovarlo a Palazzo Borgia, Francesco non si è più fatto sentire. Immagino sia ancora con la Fratellanza, e questo mi inquieta un po': sapere che mio fratello è insieme a quella banda di balordi, torturatori e assassini non è certamente un pensiero piacevole, ma ormai lui è un loro affiliato e abbiamo coperto bene la sua attività di spia, quindi non dovrebbe correre rischi.

Se almeno avessi qualcos'altro su cui concentrarmi le cose andrebbero meglio, ma in questo periodo demoni e altre creature sono insolitamente tranquilli: gli attacchi che compiono verso la popolazione sono sporadici e mai particolarmente violenti, e noi dell'Ordine non abbiamo molto da fare. Grazie a questi giorni di calma irreale e ai mesi trascorsi in Vaticano, mi sono accorta con sgomento di essere annoiata. Annoiata. Dico, dovrei essere felice di avere un po' di tranquillità: sollevata, grata, estasiata, ma di sicuro non annoiata. Eppure è così che mi sento: da giorni nella mia testa c'è solo una voce che ripete senza sosta "noia, noia, noia, noia, noia", e sono addirittura arrivata a rimpiangere gli anni dell'adolescenza: insomma, erano spaventosi, caotici e angoscianti, ogni volta che uscivo per una missione ero divisa tra la paura di non tornare a casa e il terrore di dover uccidere – pur sapendo che quello era il mio dovere e che quasi sempre la scelta era tra la mia vita e quella del nemico – ma almeno sapevo cosa mi aspettava, sapevo cosa potevo trovarmi a dover affrontare e soprattutto come affrontarlo, e, ultimo ma non meno importante, non avevo il tempo di fermarmi a riflettere più di tanto, visto che oltre alle missioni c'erano la scuola – e, in seguito, l'università – l'addestramento, le lezioni degli insegnanti dell'Ordine.

Comincio a credere di essermi giocata anche le ultime sinapsi buone che avevo e di essere diventata pazza.

Una ciocca dei miei capelli viene tirata con un certo vigore e mi volto, confusa e un po' stizzita.

«Smettila» dice Lorenzo, con i miei capelli ancora stretti in mano.

«Smetterla io? Smettila tu!» replico. «Se non te ne fossi accorto, sei tu che hai tirato i capelli a me!» dico indignata.

«Smetti di pensare a qualsiasi cosa tu stia pensando» precisa Lorenzo, mollando finalmente i miei capelli e guardandomi male. «Lo so che stai pensando a qualcosa di spiacevole».

«Ma va', non mi dire! Sei un Illusionista anche tu?» dico sarcastica.

Lui finge di non avermi sentita. «Quando pensi a qualcosa che ti fa arrabbiare, irrigidisci la bocca e ti si formano due piccole rughe qui» dice, sfiorandomi con un dito prima un angolo della bocca e poi l'altro. «Fai lo stesso se è un pensiero triste, ma in quel caso gli angoli della tua bocca si piegano appena all'ingiù» prosegue.

Lo guardo, sbalordita. «E tu hai notato una cosa del genere?»

Lorenzo sbuffa e incrocia le braccia sul petto. «Siamo stati in missione insieme per quattro mesi, fianco a fianco ogni ora del giorno: non è passato così tanto tempo da quando siamo tornati, e tu sei troppo giovane per soffrire già di demenza senile...»

Sbuffo a mia volta. «Ma che spiritosone! L'avevo capito che avevi notato questi dettagli quando eravamo in missione in Vaticano, ma avevo un'altra faccia, in caso te lo fossi dimenticato» replico sarcastica. «Magari sei tu quello che soffre di demenza senile!»

«Avevi un'altra faccia, ma il tuo modo di reagire era sempre lo stesso: parte dal cervello e non importa quali siano i tuoi lineamenti o il colore dei tuoi capelli, i muscoli facciali sono sempre gli stessi. A loro non interessa che tu abbia la faccia di Laura Giannetti o quella di Caterina Morganti, lavorano sempre nello stesso modo, quindi la tua mimica non è cambiata: i tic e i gesti che ho imparato a notare quando eravamo in Vaticano, li compi tuttora».

Il Sacro Ordine della Croce Armata (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora