30.[love?sex.]

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Rimanemmo lì; gli occhi negli occhi e le dita intrecciate e brucianti.
Dopo attimi eterni Ostuni si alzò e, rivolgendosi verso di me disse:
«Vieni...»

Cominciò a correre, trascinando anche me tenendo la sua salda presa sul mio polso, finché anche io non presi il ritmo della corsa e riuscii a stargli dietro.
L'adrenalina mi faceva andar avanti velocemente, talmente tanto che non mi accorsi che il  moro si era fermato ed andando a sbattere contro la schiena coperta da solo una maglietta.

Si girò verso di me ridacchiando ed in un nano secondo aveva le sue mani sui miei fianchi e la bocca sulla mia.
Ricambiai il bacio che entrambi desideravamo, facendo riunire le mie braccia attorno al suo collo.

Un piccolo rumore metallico mi fece mollare la presa e notare che il cancello della casa che avevamo di fronte si era aperto; scrutai l'edificio, non ci trovai nulla di famigliare.

«Entra»
Mi incitò il moro con un ennesimo imperativo.

Lo seguii fino all'entrata della piccola villetta a schiera, non appena entrai notai le grandi gigantografie delle foto al ingresso, raffiguranti una coppia con un neonato in grembo.

«È casa tua?»
Domandai continuando a guardare la foto, intenta a scrutare tutti i lineamenti delle due persone.
«si...»
Disse la voce di Lorenzo in lontananza, mi voltai notando che la figura del moro si stava velocemente spostando verso il corridoio per percorrerlo ed entrare nell'ultima porta infondo.

Esitai a seguirlo, guardandomi in torno e cercando una figura materna o paterna al interno del edificio.

«I tuoi non ci sono?»
Chiesi urlando al ragazzo, che ormai era dentro la camera da minuti.
«...No bambina, loro...loro non ci sono mai stati, altrimenti non saremo venuti...»
Urlò di rimando prima di uscire dalla stanza con indosso solo un paio di boxer, avvicinandosi a me lentamente e continuando a fissarmi negli occhi.

Qualche mese prima avrei rifiutato quel movimento, tenendo pronta tra le dita la sberla da dare al moro, ma invece, quando si avvicinò, lasciai che le nocche sfiorassero il mio volto, provocandomi la pelle d'oca ed un'improvvisa sensazione allo stomaco, come un formicolio.

«Lo schiaffo non me lo dai sta volta?»
Chiese il moro, evidentemente ironico, prima di prendermi per la maglietta e di appoggiarmi al muro alle mie spalle,senza provocarmi dolore.

Il cuore batteva talmente forte che non mi sarei stupita se fosse partito fuori dal mio petto, gli occhi del ragazzo avevano una luce strana,erano luminosi e sicuri, erano i suoi.
E questo bastava.

«...ti avevo detto che ti avrei dovuto punire...»
Aggiunse facendo spuntare un sorriso poco rassicurante sul suo volto, un sorriso che mi fece trasalire.

«...seguimi...»
Mi sussurrò il moro, prendendomi per mano dolcemente e facendo avanzare le mie gambe, nemmeno troppo involontariamente, verso la camera da cui era uscito poco prima.

Non appena entrai capii che era la sua camera; alle pareti erano appese alcune foto di famiglia, insieme a molti poster di band oppure di cantanti.
La cosa che attirò la mia attenzione fu il letto; un enorme letto matrimoniale al centro della stanza, con lo schienale appoggiato al muro candido.

Uno scatto metallico mi costrinse a girarmi, vedendo Ostuni chiudere a chiave la piccola porta, togliendo la chiave e appoggiandola sulla scrivania alla sua destra.

«Ora ci divertiamo piccola...»
Disse cominciando ad avvicinarsi a me.
Indietreggiai, lentamente e costantemente, finché le mie caviglie non incontrarono i piedi del letto,facendomi perdere l'equilibrio e cadendo a pancia in su sul morbido materasso, tra le risate del moro.

«Mi hai facilitato le cose...»
Disse lui, continuando a fissare il mio corpo inerme di fronte a lui.
Lentamente, cominciò a baciarmi, appassionatamente e intensamente, come Owen non aveva mai fatto.

Le sue mani, che fino ad allora erano rimaste sopra gli indumenti, cominciarono a scivolare sotto la maglietta, facendola salire a sua volta e portandomela fino al petto, lasciando scoperto il reggiseno nero che indossavo.

«sei uno schianto...»
Disse lui con la voce bassissima, prima di abbassare la coppa del reggiseno e incastrare il mio capezzolo tra i suoi denti, leccando e succhiando, mentre con l'altra mano torturava l'altro seno.
Gemetti, più per il dolore che per l'eccitazione.

Continuava a mordicchiare il mio capezzolo, mentre la mano libera si spostava sotto la mia schiena e, con difficoltà, slacciò il reggiseno.
Non appena la chiusura scattò,non ci penso due volte a togliermelo, lasciando i miei seni lattei scoperti.
Alzò leggermente la testa, per potermi ammirare meglio, quasi come se fossi un trofeo.

«...mi hai sempre eccitato un casino...»
Confessò per la terza volta la sua voglia a me, però sta volta non era come un vettore,ad una direzione;era una volontà a doppio senso.

«E allora cosa aspetti?»
Dissi, incitandolo a continuare quello che desideravamo entrambi.
Lui sorrise e, lentamente, riportò la mano sul capezzolo, facendo scivolare l'altra fino al bottone dei pantaloncini stretti che indossavo.

Aiutandosi con l'altra mano, slacciò il bottone e abbassò la cerniera, per poi toglierli con un movimento unico e leggero.
Sentivo le mutande bagnate sotto lo sguardo del moro, che ossessivamente continuava a guardarmi maliziosamente.

Lentamente, spostò la sua figura a cavalcioni sulla mia, cominciò a passare la mano su tutta la lunghezza della pancia, per poi infilarle nelle mie mutande, cominciando a giocare con il mio clitoride.
Gemetti,sta volta di piacere.
Strinsi le coperte sotto le mie dita, conficcando le unghie nella tela.

«...ti amo piccola»
Disse Ostuni, prima di infilare due dita dentro di me, cominciando a muoverle e trovando immediatamente il punto fatidico, che mi fece sussultare e inarcare la schiena.

«Dimmi che mi vuoi...»
Disse Lorenzo, tirando fuori le dita.
Esitai, esitai per paura; per paura che il suo non fosse vero amore.

Per paura che io per lui fossi un gioco,un gioco da gettare via una volta usato.
Eppure io lo volevo.
Lo guardai negli occhi,cercando le conferme che cercavo.

Non volevo avere nulla a che fare con quegli occhi di quel demone che mi stregavano come un mago.

In un solo sguardo, capii tutto.
Capii lui.
Capii noi.
«io ti voglio.»
Dissi, facendo finalmente unire i nostri corpi, insieme alle nostre anime.

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ALLORA.
QUESTO NON È L'ULTIMO CAPITOLO.
Ci saranno ancora cinque capitoli e poi il prologo...
Mi mancherà :'(
~Lolly🌌

Bad Boy ||Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora