Sunset

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"Corsa a ginocchia altee"
Se mi urla contro un'altra volta giuro che smetto di fare gli esercizi e mi vado ad ordinare una pizza qua di fronte.
Sono solo dieci minuti che sto in palestra e mi ha sclerato contro pure sul fatto che ho un calzino diverso dall'altro. Ma che ti importa a te se mi sono svegliata tardi e non trovavo i calzini?
"Quindi signorina Alis, vuole lavorare o preferisce prendere un puntino sul registro? Le ricordo che dopo 3 puntini prenderà l'insufficienza in pagella e lei ha già un puntino a metà primo quadrimestre."
Oh c'avevo il ciclo quel giorno non potevo mettermi a fa yoga. E oggi non ho il ciclo, peggio. Oltre ad avere quel ragazzo maledettamente sexy in testa, sta anche sugli spalti della palestra ad osservare ogni movimento e a ridere per i miei modi di svolgere gli esercizi assegnati da quel pazzo. Del resto tutti gli insegnanti in questa scuola sono pazzi.
È entrato ad inizio lezione come se sapesse che la mia classe all'ultima ora del Lunedì ha educazione fisica. Sa troppe cose secondo me.
Comunque ora mi ritrovo a stare dietro ad una cessa con i pantacollant grigi che le fanno vedere le mutande a righe bianche e rosse, saltellando con le ginocchia in alto. Lo facevo quando ero piccola al parco mentre seguivo i miei genitori che tenevano mia sorella in mezzo a loro e la facevano volare. Sembrava che fossi io la figlia più grande, non amavo quanto Bianca fare quei giochini con mamma e papà, io ero già grande, con la sola differenza che il sorriso me lo riusciva a togliere solo mio padre. Non come tutti i grandi che per riuscire ad intravedere un sorriso bisognava comprargli una BMV e una villa.
"Tutti in riga davanti a me, ora vi divido in quattro squadre due giocano oggi e le altre due dopodomani e per ora si possono andare a cambiare."
Bene, speriamo che non mi sceglie, ci manca solo che Cal mi vede giocare a pallavolo contro quelle troiette di classe mie.
"Da te a te siete la prima squadra, voi la seconda, poi questi altri sei sono un'altra squadra e voi siete la quarta."
Nonostante l'odio che prova per me stranamente sono rimasta fuori dalle squadre e posso andare da Cal.
Sfioro il professore mentre attraverso la palestra per andare negli spogliatoi e mi sussurra: "Per oggi passa signorina, ma magari se non si vuole far vedere dal fidanzatino mentre fa educazione fisica non lo faccia venire. Ti potrebbe costare tanto."
Il suo solito sorrisetto mi consente di andarmene senza rispondere.
Cammino per non farmi raggiungere da Calum, potrebbe vedermi con questa maglietta corta tutta nera a maniche corte sopra ai pantacollant neri un po' troppo trasparenti. Devo mettere i miei jeans di corsa, per non parlare delle converse rotte che uso esclusivamente per quest'ora. Lo spogliatoio è buio perché le altre della mia classe stanno ancora in palestra a guardare la partita. Mi sfilo la maglietta e dopo essermi sciacquata metto un maglione di lana nero, gli skinny anche quelli neri con un buco sul ginocchio destro e le superstar bianche. Calum fortunatamente non è entrato perché mi sarei sentita abbastanza in imbarazo. Prendo lo zaino pieno di libri e vestiti ed esco dallo spogliatoio delle ragazze trascinandolo a terra. È pesante. Calum mi aspetta seduto sulle scalette, non vedo la sigaretta, ma il fumo che si intravede da dietro mi fa capire che sta fumando. Scendo gli scalini e mi siedo accanto a lui. "Sei molto atletica."
"Non ti è bastato umiliarmi portandomi a correre con te? Ora mi vieni anche a guardare mentre faccio educazione fisica." Sorride e mi porge la sigaretta quasi finita, faccio due tiri e schiaccio il filtro con le mie scarpe sporche. È la prima volta dopo tanto che le rimetto e sinceramente preferisco la sensazione che provo quando indosso le Vans. Sento il pavimento più vicino. Cerco di tirare su lo zaino per metterlo sulle spalle, ma niente. " Tieni." Prende il mio zaino rosso da terra e mi lascia il suo nero sullo scalino di marmo. "Grazie." Oh, questo si che è più leggero. Lo avevo detto io che lui a scuola ci viene per noia.
Camminiamo verso il parcheggio dove ci aspetta la sua Ford nera. Un urlo lo fa girare di scatto. Oh dio, io la conosco quella voce. Una ragazza in minigonna è dietro di noi seduta goffamente sugli scalini. È caduta. Guardo Cal per implorarlo di tornare indietro. Non mi calcola e comincia a camminare a passo svelto verso quella troietta.
Giuro che non la sopporto e non sopporto neanche la bontà di quel ragazzo. Che poi proprio ora doveva cadere? Non c'è nessuno.
Mi avvicino per assicurarmi che non gli salti addosso e osservo tutta la scena senza commentare. "Oh ti prego aiutami ad alzarmi, mi fa male la caviglia." E te credo se vieni a scuola con quei tacchi. Anzi che non ha le gambe aperte che fanno vedere le mutandine, se le porta oggi. "Ecco prendi." Cal porge la mano e lei la afferra senza fare storie. Osservo i muscoli delle braccia del ragazzo che si contraggono per tirare su quella gallina. Appena è in piedi si mette davanti al moro e gli porge la mano. "Come si chiama il mio eroe?" che gatta morta. "Si chiama Calum e ora io e lui dobbiamo andare, se magari vieni vestita decentemente e non da cheerleader mancata c'è meno rischio di fare queste figure Taylor."
Prendo Cal sotto braccio e lo trascino via, non oppone resistenza, ma non riesce a smettere di ridere per la scenata.
" Ma no, perché non siamo rimasti, volevo vedere la sua faccia." La sua faccia eh?
" Oh no no, non mi dire che ti piace la faccia di quella."
Scoppia a ridere. Apre lo sportello dell'auto e ci butta dentro lo zaino, lo faccio anche io. Apro la portiera davanti e mi siedo accanto a lui. Accende l'auto e usciamo dal parcheggio.
"Volevo vederla piangere dopo quello che gli hai detto amore, non mi piace nessuna faccia oltre alla tua." Bene, mi stavo preoccupando.
"Dove mi porti di bello?" Mica mi sono dimenticata che è un appuntamento questo. Come potrei?
"Al mare." Mi risponde senza staccare lo sguardo dalla strada. Amo il mare e sfortunatamente l'estate è finita e non posso più passare le giornate in spiaggia con Ashton.
"Facciamo un gioco?" Con mia sorella ci divertivamo sempre a giocarci quando la mamma ci portava a casa da scuola.
"Se non mi devo rotolare sulla sabbia o mangiarmi un'alga sì." Mi sorride sedendosi meglio sulla sabbia bianca. Io sto in pratica sdraiata perché amo il contatto con il freddo della spiaggia.
"Non ti garantisco niente io. Allora, uno dei due dice almeno dieci cose su di se e poi tocca all'altro".
Spiego il gioco, è un po' una scusa questa per farmi raccontare qualcosa su di lui, senza che lo assillo di domande per fargli dire di più.
"Inizia tu." "Nono inizi te caro." Lo indico con il dito e lui alza le mani come per segno di sconfitta.
"Numero uno: mah partiamo dalle cose banali, sono nato il 24 gennaio a Sydney. Numero due: mia mamma è morta durante il parto.- Cosa? Ecco perché i suoi sorrisi rari e la perenne tristezza. Deve essere stato davvero duro. Non posso fare a meno di vergognarmi per aver scelto questo gioco. Mi prende il mento tra le mani e mi alza il capo per osservarmi meglio.- ehi, non ti preoccupare, prima o poi te ne avrei parlato e poi ormai è passato tutto."
Appoggio la testa sulle sue gambe e inizia ad accarezzarmi i capelli. È davvero una persona forte. Lo stimo. "Numero tre e quattro: amo i cani e se potessi avere un super potere vorrei poter parlare con loro."
"Oh, a me non piacciono i cani."
Mi copre la bocca con la mano. "Piccola, ora tocca a me, quando sarà il tuo turno potrai dirmelo." Sta prendendo sul serio questo gioco. Bene.
"Numero cinque: non ho mai mangiato un waffle." Provvederò. "Numero sei: da piccolo amavo nascondere per casa le mele che papà comprava." Mi mordo la guancia per non scoppiare a ridere. Anche se è abbastanza strano solo la scena di suo padre che cerca le mele per casa che il figlio ha nascosto per gioco mi si riempie il cuore.
"Numero sette: il mio gusto del gelato preferito è menta e cioccolato e la pizza preferita è ananas e prosciutto." Ma che razza di giusti ha?
"Numero otto: ho una sorella che è poco più piccola di me che si chiama Mali Koa e abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto."
"Numero nove: mio padre ha raccontato al resto della famiglia che sono andato via di casa per studiare medicina. Anche se sa che io odio medicina." Alza il volume della voce per enfatizzare il fatto che odia la medicina anche se aggiungerei che odia studiare in generale lui.
"Numero dieci: Luke ed Io siamo scappati da casa a sedici anni e ci siamo trasferiti qua per cambiare vita."
Luke. È lui il suo motivo di continuare a vivere credo, la sua ragione per cui ogni mattina si alza.
Ora voglio fargli qualche domanda io. "Come si chiamava tua mamma?" Non sembra essere dispiaciuto o infastidito da questa domanda.
"Si chiamava Joy. Mio padre ci parlava spesso di lei e visto che a lui piaceva tanto la fotografia a casa nostra a Melbourne ci stanno tantissime fotografie di lei soprattutto in montagna o nelle città che visitavano insieme. Era molto simile a me sia fisicamente che caratterialmente. Solo molto meno timida."
"Tuo padre la amava?" "La ama." È davvero bello e raro trovare persone che amano come molto probabilmente il padre di Cal ama sua madre.
"Cambiando discorso, voglio assolutamente conoscere tua sorella un giorno." Mi aiuta ad alzare la testa dalle sue gambe e tenendomi le mani ci alziamo in piedi. Continuiamo a guardarci negli occhi, piano piano si toglie prima di tutto la felpa e la lascia per terra, il sole sta scomparendo dentro l'acqua e non c'è più nessuno in spiaggia. Non che prima ci fosse tanta gente. Non so cosa stiamo facendo ma in pochissimo tempo mi ritrovo in mutande e reggiseno davanti a lui. Prende la mia mano e intreccia le nostre dita.
"Fidati." "Mi fido." Lentamente si piega e mi sfila le mutandine nere e slaccia il mio reggiseno. Osserva il mio corpo con adorazione. Zac non lo aveva mai fatto. Con Zac era solo passione. Non c'era questo. L'amore.
Sfilo anche io i suoi boxer neri. Succede tutto con calma. Nessun bacio, niente. Solo i nostri occhi che scorrono sul corpo di chi ci sta di fronte e le mani che con gentilezza ci privano dei nostri indumenti.
Mi riprende la mano e con calma camminiamo verso il mare. Restiamo in silenzio e osservo dall'alto i nostri piedi muoversi in sincronia scomparendo e ricomparendo tra la sabbia chiara. Diventa sempre più scura, ormai siamo sul bagnasciuga. Non si torna indietro. L'acqua è calda e non ci sono scogli né pesci. Ci fermiamo all'acqua bassa, mi giro verso di lui e lo osservo quasi per chiedergli cosa debba fare, gli sorrido e mi giro verso l'orizzonte. Il sole è ormai scomparso lasciandoci soli. Alzo un piede e lo rimetto in acqua poco dopo. Lo faccio di nuovo con l'altro e passo dopo passo sto correndo verso l'acqua alta. Non so se Cal mi sta seguendo, ma mi sento libera. Come ognuno si deve sentire ogni giorno. Ora sento il rumore dell'acqua spostata dalle gambe di Calum, mi sta raggiungendo, anche lui corre. Ormai mi sono fermata e lo osservo venirmi in contro con il sorriso sulla bocca. "Ma sei pazza? Come fai a correre così veloce in acqua?" ho freddo e non riesco ancora a scendere per bagnarmi completamente. Non è buio quindi il ragazzo mi vede per la prima volta completamente scoperta.
"Vedi che anche io so correre veloce!" Calum alza le mani facendo volare l'acqua. Freddoo. Mi scappa un urletto anche se l'acqua non è poi così tanto fredda. Maledetto. Anche io comincio a schizzarlo facendo volare meno acqua di lui. Fottuta forza. Per schivare l'acqua che ho lanciato si tuffa e si bagna completamente, rimane sott'acqua per un po' di tempo. È buio la sotto e non riesco a vedere dove è finito. Sento una mano stringermi la caviglia e spingermi verso il basso. Mi tappo il naso e vengo annegata dalle sue mani sulle mie spalle. Ora mi vendico. Giuro.
Esco dall'acqua per prima. Cal sta ancora in acqua. È stato bellissimo. Abbiamo riso, scherzato e quasi ci eravamo scordati di essere nudi. Anche se sono ancora un po' bagnata rinfilo le mie mutandine, ma non il reggiseno, metti caso che se vado da lui domani ho bisogno del reggiseno asciutto. Metto i jeans e la felpa di Cal senza maglietta. Non dovrebbe arrabbiarsi. Mi metto seduta su un sasso e con l'iphone faccio partire un po' di musica. Cominciando con 'Lego House' di Ed Sheeran. È davvero bella quella canzone, bella quasi quanto vedere Calum che nuota.

"Io voglio giapponese." Urlo dal bagno. Mi sono fatta una doccia veloce, ho già asciugato i capelli e ho messo un paio dei boxer di cal ed una sua maglietta. Lui è in cucina che decide cosa ordinare per la cena. È tardi, ma abbiamo fame. Esco dal bagno ed entro in camera per mettere sul termosifone i vestiti bagnati. Corro in cucina per accertarmi che non mi abbia preso la pizza come la sua. "Mi hai preso la margherita vero?"
"No, ho preso per tutti e due ananas e prosciutto." Sembra essere davvero impegnato nel mentire. Io lo conosco però. Non gli rispondo e mi butto sul divano incrociando le gambe. Faccio zapping tra i canali di questa vecchia TV. Ci deve pur essere qualcosa di bello da vedere.
Il campanello suona e io non mi scomodo per aprire alla porta. Se mi ha davvero preso quella pizza se la deve mangiare lui. Quindi non serve neanche che mi alzo. "Amore a tavolaa." Adoro quando mi chiama così, devo dirgli di farlo più spesso. Entro in cucina e ci sta un cartone della pizza e.. Il sushi. Lo raggiungo e avvolgo le braccia sul suo collo sussurrandogli un grazie all'orecchio. Lo amo.

I'm fine |C.H.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora