Capitolo 17

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Ho provato a trascorrere le mie giornate senza badare troppo alle avvilenti emozioni che mi ritrovo a vivere. Non penso che i miei amici, ad eccezione di Roger, si siano accorti del mio stato d'animo. Roger credo abbia intuito benissimo cos'è che mi affligge ma non cerca di parlarne perché immagina, giustamente, che la cosa non mi farebbe stare meglio. Anzi. I rapporti con Millicent sembrano essere tornati buoni. E' euforica per la serata in ci avrà un appuntamento con Harry ed io, nonostante sia di umore spento, cerco di accompagnarla nei suoi preparativi. Hunter è molto impegnato con la scuola ed abbiamo avuto, di conseguenza, poche occasioni per poterci incontrare. Riflettere su me stessa è l'unica attività che posso permettermi di fare in solitario. Ho riflettuto parecchio, cercando di capire il perché delle mie reazioni e delle mie emozioni, ma senza troppo successo. Ho cercato, principalmente, di chiedermi se questo periodo buio che sto vivendo avrà mai fine: sono sempre stata una persona tesa alla malinconia, ma non mi ricordo di aver mai passato momenti difficili come quelli che sto passando qui. Cerco di convincermi che prima o poi passerà e che tutto quello che devo fare è trovare uno scopo.

La scuola è in subbuglio, domani sera ci sarà la proiezione del film horror ai vecchi capannoni. Sono poche le attività divertenti che impegnano la gioventù di queste parti, ecco perché questa piccola serata ha suscitato così tante aspettative. Appoggio la cornetta tra l'orecchio e la spalla, osservo le unghie e cerco di immaginarmi come sarà domani sera assieme ad Hunter: spero davvero che il mio umore migliori e che la mia voglia di partecipare incrementi. Il telefono continua a squillare senza risposta, è proprio quando sto per attaccare la cornetta che la voce di mia madre risponde: "Pronto!"

"Ciao mamma, sono io."

"Sky- un sospiro di sollievo le scappa dalle labbra- Ehi!"

Non posso fare a meno di ridacchiare: "Aspettavi una chiamata da qualcun'altro?" domando non capendo il perché del suo sollievo. 

"No, no, affatto. Sono felice di sentirti. E' che sono appena  rientrata da una passeggiata con Brenda." sospira affaticata. 

Brenda è la nostra vicina di casa nonché una personal-trainer. Questa informazione mi fa sentire il cuore più leggero: a sentirla così sembra che io la stia chiamando per chiederle se ha bisogno di nulla prima che rientri a casa. Come se fosse tutto quanto nella regola, ed io non fossi a chilometri di distanza dalla mia famiglia. E come se loro non fossero terribilmente arrabbiati con me. 

"Volevo sapere come ve la passate." spiego continuando ad osservare le unghie. "Come state?"

Si prende un momento prima di rispondere: "Le cose vanno meglio." mi spiega, e sembra usare un contagocce per le parole che dice, quasi temesse che io possa capire ciò che intende con questa frase, ovvero che le cose vanno meglio ora che non ci sono. "Jillian sta molto meglio, ha fatto dei grandi passi in avanti. E noi altri, beh, si stiamo tutti bene. I nonni ti salutano." 

"Già.." sussurro afferrando la cornetta e sollevando gli occhi verso il soffitto di travi "Salutali da parte mia." e mi fermo a pensare come non si sia addossata il disturbo di chiedere come stia io. Domanda che le viene spontaneo fare solo dopo un lungo ed imbarazzante silenzio. 

"Io.. me la cavo. Ho un paio di amici ora, e mi sto abituando alla nuova scuola, ai nuovi professori. Al modo in cui funzionano le cose da queste parti. Ho trovato un piccolo lavoro, cerco di fare del mio meglio." sospiro, cercando di dipingere un quadro il più idilliaco possibile, per non rivelare quanto mi sento miserabile in realtà. 

"Mi fa davvero piacere sentirtelo dire!" esclama, come se quella di mandarmi qui non sia stata anche una sua decisione. "Parlami un po' dei tuoi amici." 

Il suo interesse mi sorprende, ma l'accontento: "Sono Roger, Hunter e Millicent. Quest'ultima è la ragazza con cui condivido l'appartamento. Sono persone apposto, cerchiamo di trovare il modo di far funzionare il tutto." ometto i nomi di Sean, Ginger e Gwen, che in questo periodo infelice si sono sempre premurati di chiedermi di mangiare con loro. Ho sempre declinato, per evitare di dover mangiare accanto ad Harry, ma loro si sono sempre seduti accanto a me, parlando del più e del meno e cercando di farmi evadere, almeno un poco, dalla realtà quotidiana. Ma questa è una parte fin troppo complessa del vivere in questo posto, e mia madre non avrebbe né tempo né voglia di sentirla. "Siamo tutti quanti sulla stessa barca." concludo poi.

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