Mano mano che mi faccio più vicina le risate diventano sempre più marcate, sempre di più, più voci che si sommano una all'altra mentre a queste si aggiunge un altro strano suono, come qualcosa di metallico che viene ripetutamente colpito.
Ormai il corridoio è quasi vuoto e tutti si concentrano in cerchio attorno a quel qualcosa che li fa tanto divertire. Sembrano essersi dimenticati della prossima ora di lezione che li attende, troppo occupati ad incuriosirmi con le loro risate così rumorose. Lo strato di studenti raggruppati in cerchio diventa sempre più sottile e tra me e il soggetto del loro divertimento solo pochi corpi.
"Ci mancava poco Harry; sono sicuro che puoi fare di meglio!" ridacchia la voce di Jayden.
Con un'ultima gomitata la scena più orribile che potessi immaginarmi si presenta davanti ai miei occhi. Mi blocco di colpo sui miei passi, incapace di andare oltre, rifiutandomi di voler credere che sia questo, che loro siano così, quando a casa, nel loro appartamento, soltanto ieri sera, erano persone così affabili e dolci.
Con le spalle appoggiate agli armadietti c'è Hunter, circondato da corpi di alunni divertiti da questo repentino cambio di programma nella loro monotona giornata. Di fronte ad Hunter, quasi camuffati nel cerchio di persone, vi sono Styles e Sullivan, hanno in mano una pallina da tennis ciascuno e le lanciano in aria per poi riprenderle, ghignanti. Hunter ha il volto che da sul pavimento, rosso in viso, le spalle bloccate contro il metallo dalla bestia più feroce che possa esserci al mondo: l'umiliazione.
"Io credo che se gli sfioro almeno la testa dovrai pagarmi la cena, vecchio mio." ridacchia Jayden mentre si avvicina la pallina all'occhio e tira fuori la lingua fissando con occhi divertiti Hunter, quasi a prendere la mira.
Sento il groppo che provavo prima farsi più stretto attorno al mio collo, non respiro, mi sento debole, in imbarazzo per Hunter, umiliata per lui, mi vergogno per le decine e decine di studenti che assistono senza dire nulla, troppo spaventati da una gerarchia che sono stati loro stessi a creare.
"Nah.. non credo che riuscirai a colpirlo senza fracassargli il cranio." sogghigna Harry. Si passa la mano nei capelli svariate volte e posso capire da questo gesto, oltre che dalle vene gonfie sul collo, che la sua è cieca furia mascherata da pseudo-divertimento. Ghigna in direzione di Hunter come se fosse la ragione delle sue disgrazie e come se in qualche modo si stesse vendicando di tutto quello che gli ha fatto, quando so bene che, in quattro anni in questa scuola, Hunter non gli ha nemmeno rivolto la parola. Una sensazione disgustosa mi pervade lo stomaco: che la ragione di tutto questo sia io? Non dovrebbe essere così! Non deve andare così!
Jayden lancia la pallina che ha in mano, con un tonfo che lascia il segno negli armadietti (già segnati da altri solchi) e fa sobbalzare dallo spavento Hunter che tenta di scomparire contro le assi si metallo. La palla scivola ai piedi di colui che lo ha lanciato.
"Beh.. tu hai una mira molto migliore della mia." ridacchia. "Aspettiamo Styles." ridacchia una voce stridula, Lucilla, che emerge appena appena dal gruppo. La guardo, la bocca leggermente spalancata ad osservare Harry e ad assicurarsi che tutti si siano premurati di associarla a lui. Come se questo potesse portarle onore.
La mascella squadrata è così pronunciata in questo momento, segnata con un ghigno, i denti bianchi a farsi beffe del mondo che è ai suoi piedi. I suoi occhi verdi viaggiano nel cerchio di persone come se gli bastasse chiedere perché qualsiasi cosa venga esaudita. E forse è davvero così. Perché Hunter se ne sta lì e non reagisce? Perché nessuna di queste persone fa niente?
La barba ancora appena accennata sul suo mento, le mani che giocano a lanciare in aria quella dannatissima pallina e riprenderla. Sono così ipnotizzata dal fissarlo (come tutti gli altri) che quando la scaglia con violenza contro l'armadietto, così vicino all'orecchio sinistro di Hunter, sobbalzo dallo spavento.
La pallina scivola a terra.
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Sheol
FanficTra le macerie di un posto che cadeva a pezzi non ci eravamo resi conto che quelli più distrutti eravamo noi. Noi che cercavamo di salvarci dai nostri demoni, noi che tentavamo, invano, di tenere nascosti i nostri segreti, noi che ci imponevamo di n...