Un'ora e mezzo dopo vengo assalita da un senso di nausea inspiegato e inizio a sentirmi davvero come se potessi vomitare ovunque da un momento all'altro. La testa mi sta per scoppiare e certo essere circondata da musica e persone rumorose non mi aiuta affatto. D'altro canto non so cosa mi aspettassi di diverso venendo in un pub di sabato sera. Ma la parte positiva di quest'uscita è che io rappresento una minoranza, che il resto del gruppo invece si sta divertendo cantando e ballando felice ed ubriaco in messo ad altre persone ubriache e felici.
Mi massaggio le tempie con delicatezza. Ho provato ad ordinare un tè calmante, e, nonostante l'occhiataccia riservatami dal barista, non ha funzionato molto; così come non è servito praticamente a nulla prendere l'aspirina che mi ha offerto Millicent. So che non è qualcosa che parte direttamente da me, ma dallo sguardo agghiacciante e penetrante di Gwendolyn Cruz, i cui occhi hanno perlustrato ogni centimetro del mio essere. Ma mentre faccio questi pensieri mi derido, assumendo per vero che è impossibile che una persona, soltanto guardandoti, possa causarti un dolore così grande. Forse mia nonna lo classificherebbe come malocchio, o altre diavolerie del genere, ma non credo proprio che sia l'attività principale degli adolescenti di queste parti. Ridacchio divertita dai miei stessi pensieri.Decido che l'unico modo per cercare di alleviare davvero l'inferno che si sta scatenando nella mia testa è andare a prendere una boccata d'aria e cercare di allontanarmi dal rumore assordante di questo pub. Faccio a gomitate tra la gente ammassata tra i tavoli fino a quando non riesco a trovarmi fuori. Una volta all'esterno controllo di non aver perso né il cappotto né la borsa. Mi riprometto che, se riesco a riprendermi nel giro di poco, andrò subito a casa. Essere all'esterno, fuori dai miasmi della gente e dell'alcol, con la musica e le grida isteriche ovattate, mi fa sentire leggermente meglio. Recupero un po' della mia lucidità e ringrazio il cielo che la situazione non sia peggiorata, altrimenti sarei potuta svenire da qualche parte e chissà cosa ne sarebbe stato di me.
Mi appoggio in un punto poco lontano dall'entrata e chiudo gli occhi respirando a pieni polmoni. Cerco di fare mente locale e di capire quale strada sia meglio seguire per tornare a casa. Quella che mi tiene attaccata a questo portico è proprio la paura delle strade buie di questa cittadina. Bisogna stare in allerta quando le si percorre di giorno, figurarsi di notte, nei pressi di un pub. Per un attimo mi balza alla mente il libro che ho preso in prestito da Arthur: tratta di un investigatore che tenta di risolvere una serie di omicidi nelle stradine della Londra del 1800. Con l'unica luce dei lampioni e la leggera nebbia sento che potrei far parte di un romanzo simile anche io. Più i miei pensieri si susseguono meno sento il mal di testa. Ho sottovalutato il potere dell'aria aperta.
"Come mai tutta sola qui fuori quattrocchi?" una voce inconfondibilmente roca mi desta dalla strada nebbiosa di Londra per riportarmi davanti al pub. Alzo gli occhi verso Harry che presto incombe su di me con la sua stazza. Volgere gli occhi verso la sua figura in fretta non mi aiuta affatto, infatti una fitta mi fa serrare immediatamente le palpebre.
"Harry.." lo saluto in un sussurro dolorante.
"Tutto bene?" domanda, e se la sua voce non fosse perfettamente piatta potrei quasi credere che sia preoccupato per il mio stato psico-fisico. Non mi piace che sia qui in questo momento. La sua presenza richiede un quantitativo di energie che io non possiedo, al momento. Ma è proprio in questo che confido, che si renda conto della situazione e decida di lasciarmi in pace. So che quando siamo soli, o con Arthur, Harry sa essere altro oltre ad uno spaccone idiota, ma qui non siamo soli: la Douglas Hight School ha solo cambiato location.
"Sto bene. Ti ringrazio." riapro gli occhi lentamente, sistemando dietro le orecchie delle ciocche di capelli cadute davanti al viso.
"Non si direbbe." mi indica, col volto impassibile tanto quanto il tono di voce.
STAI LEGGENDO
Sheol
FanfictionTra le macerie di un posto che cadeva a pezzi non ci eravamo resi conto che quelli più distrutti eravamo noi. Noi che cercavamo di salvarci dai nostri demoni, noi che tentavamo, invano, di tenere nascosti i nostri segreti, noi che ci imponevamo di n...