Capitolo 20.

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Non puoi decidere quando smettere di amare una persona. Nè puoi decidere quando smetterà di amarti.
Non troverai mai una spiegazione logica, una motivazione che regga, che spieghi per quale motivo tutto il tuo grande e immenso amore non è bastato.
"Perché?" ti chiederai, "In cosa ho sbagliato?" penserai ogni singolo secondo, "Io lo amavo più di quanto amassi me stessa e lui mi ha rifiutato", dirai.
E soffrirai, e starai male, e non troverai mai una risposta. Perché non c'è risposta. O meglio, non c'è risposta che tu possa considerare valida.
La cosa migliore che potrai fare sarà cercare di convivere con quel dolore, giorno dopo giorno. Finché capirai di aver sbagliato alla grande perché dovevi amare prima di tutto te stessa.
E farai cazzate, e cercherai di dimenticarlo nei modi peggiori, e passerai serate lunghissime ed insonni, si, succederà, è giusto che succeda.
Ma c'è un limite sottile tra il soffrire e l'impazzire. Tra il tentativo di dimenticare e perdersi del tutto.
E allora caricatevi di tutta la forza di cui siete capaci e riconoscete quel limite. Una volta superato, non si torna più indietro.
Nessuno merita di sopravvivere.
Bisogna vivere.
Con tutti i dolori, le giornatacce e i tempi bui, bisogna vivere, tenendo stretti i denti, aspettando l'alba, il sole.
Ma per fare ciò, ci occorre del coraggio.
E che cos'è il coraggio?
A volte è la calma voce alla fine del giorno che dice "Proverò di nuovo domani".
Il coraggio non è solamente saper affrontare le proprie paure, perché anche il più coraggioso di noi ha paura di se stesso.
Il coraggio è anche rischiare, provare, provare pur essendo terrorizzati, pur avendo la più grande delle paure, altrimenti il coraggio, non esisterebbe neanche.

Ed è quello che mi aspettava quella sera: paura.
Paura di ferirlo, di passare dalla parte del torto, di destabilizzarlo. Ero completamente terrorizzata all'idea di dover affrontare un argomento così grosso con lui, più grosso di noi.
Ma dovevo farlo, per forza.

Appena varcai la porta di casa, oramai sua, avvertii un senso di tristezza, di solitudine. Le luci erano spente, neanche il piccolo neon che si trovava in cucina era acceso. Di solito lasciavamo quello se uno dei due ancora non fosse rientrato.

Posai le chiavi all'ingresso e tolsi il giubbino. Presi poi il cellulare ed inviai un messaggio a Zayn.

"Sono rientrata, augurami buona fortuna."

Riposi quest'ultimo oggetto in tasca e presi a camminare lentamente nel piccolo corridoio che rimandava al bagno e la camera da letto. Entrai proprio in quest'ultima stanza, trovandola vuota, ma nel vero senso della parola. Sui comodini non c'erano più le nostro foto, i miei oggetti. Le ante degli armadi erano completamente spalancate e gli armadi completamente vuoti, tranne per qualche maglietta sparsa qua e là.
Le grucce erano un po' sul pavimento ed un po' sul letto.
Dove diavolo erano tutte le mie cose e tutti i miei vestiti?!

"Dove diamine sei!" dissi ad alta voce.

"Ah, allora sei ancora viva."

Mi girai di scatto, trovando Tyler poggiato ad una parete del corridoio circondato da tre valige colme di roba.

"Che significa?" dissi, riferendomi alle valige.

"Significa che sono stanco, che puoi fare quello che cazzo vuoi della tua vita e lasciarmi in pace. Significa che puoi smetterla di farmi soffrire e prendermi per culo, una volta tanto. Sparisci dalla mia vita, Summer."

Aveva gli occhi completamente rossi dalla rabbia, tremava ed aveva i pugni così tanto stretti da mettere in evidenza le nocche che divennero bianche.

"Tu..." provai a dire, ma m'interruppe bruscamente.

"Io, Summer. Si. Io ti ho, anzi, vi ho visti e sai anche cosa ho visto? Quanto dannatamente sei stronza!"

Summer 2 ||Zayn Malik||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora