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A tre metri di distanza da me, c'erano Tiffany e Kevin che si stavano baciando. O più che baciarsi si stavano ficcando la lingua uno nella bocca dell'altro. Avevo paura che uno dei due cadesse a terra soffocato.

Sentii un groppo in gola che mi faceva pizzicare gli occhi. Non riuscivo a muovermi, ma dovevo levarmi di mezzo prima di essere vista, anche se in realtà impegnati com'erano, non si sarebbero nemmeno accorti se un meteorite avesse colpito la terra.

Mi spostai lentamente, con passo strascicato, fino ad appoggiarmi al muro. Respirai a fondo.

Ero stata una stupida. Era solo colpa mia. Come potevo credere che un tipo come lui fosse interessato a me, quando poteva avere una top model a portata di mano? Era sempre la solita storia, e mi sorprendeva il fatto che non l'avessi ancora imparata.

Decisi di prendere la metro, in questo modo, se fossi scoppiata a piangere, potevo dare la colpa all'odore che aleggiava la sotto.

Mi odiavo per essere stata così ingenua; era logico che lo facesse solo per divertirsi, per vedere se mi sarei innamorata di lui e io come una cogliona gli avevo dato questa soddisfazione.

Quando arrivai a casa, mi fiondai in camera mia. Non volevo vedere nessuno, ma solo rimanere a letto fino a domani mattina. Che andasse al diavolo il compito di francese!

Mi tornò in mente la frase a proposito sui miei occhi; ora si spiegava tutto, erano di sicuro d'accordo quei due e di certo stavano ridendo della mia ingenuità.

Non so quanto tempo passò prima che qualcuno venisse a bussare alla porta, in cerca di mie notizie.

<<Posso entrare?>> chiese la voce di mio fratello, che tradiva tutta la felicità di sto mondo.

Grugnii.

Aprì lentamente la porta, venendo a sedersi con fare baldanzoso sul mio letto.

<<Io e...>>

<<Tu e Jackie state insieme. Si lo so. C'è altro?>> gli chiesi brusca.

<<Che gelo... Cos'è hai il ciclo per caso?>>

La domanda più idiota che potesse farmi.

<<Se ti interessa saperlo, no. Non ce l'ho!>>

<<E allora che hai?>>

<<Nulla che possa interessarti.>>

<<Non ne vuoi parlare. Scendi che è pronta la cena.>>

<<Non ho fame.>>

Mi guardò con fare di rimprovero.

<<Se non mangio per una volta, non muoio.>> lo avvisai.

<<Bé, da te non so cosa aspettarmi...>>

<<Senti, se sei venuto qui per criticare, quella é la porta. Non ho bisogno che la giornata peggiori con i tuoi commenti pieni d'amore!>>

<<Ma...>>

<<Per favore...vai via.>>

Mi girai per non fargli vedere che mi stavano venendo gli occhi lucidi.

Sentii la porta chiudersi con un colpo e io afferrai la prima cosa che trovai gettandola a terra. Mi misi a piangere anche se non avrei mai voluto farlo per un motivo del genere. Mia mamma diceva che stare male per amore, era la cosa più stupida che si potesse fare. Ma di certo lei da giovane non aveva avuto problemi con i ragazzi; era sempre stata una persona con certo fascino, anche se si annullava tutto dietro quella sua aria da svampita.

Forse proprio per questo tutti sbavavano per lei...no, ero ingiusta. Non era solo colpa sua se quando io avevo bisogno di lei non c'era, in fondo non le avevo mai dato la possibilità di farsi perdonare per quello che aveva fatto e probabilmente non gliela avrei data.

Sbuffai facendo sollevare un ciuffo di capelli dalla mia fronte.

Presi il telefono a chiamai Jackie.

<<Anna? Anna...svegliati...Anna? Svegliati!>>

Socchiusi una palpebra, vedendo mio padre che mi guardava mentre con le braccia faceva dei gesti a me incomprensibili.

Mi guardai intorno disorientata accorgendomi di essere nel letto con i piedi dove di solito le persone normali appoggiano la testa.

Spostai lo sguardo sull'orologio sopra al comodino.

Balzai in piedi come una molla, inciampando nelle ciabatte e cadendo per terra.

Mio padre mi chiese se stessi bene, ma non c'era tempo per rispondere.

Mi rialzai e zoppicando andai verso l'armadio, presi i primi vestiti che riuscii a trovare e corsi in bagno a lavarmi.

Ero stra in ritardo.

Avevo esattamente 5 minuti e 33 secondi per prepararmi e sperare di arrivare a scuola in tempo.

La sera prima mi ero addormentata più o meno alle tre di notte a furia di parlare delle mie delusioni, con Elena e Jackie.

<<Perché non mi avete svegliato?>> domandai a mio papà, mettendo del dentifricio sullo spazzolino.

<<Marco ha detto che eri malata.>>

Ma cosa gli saltava in mente? Non bastava starmi addosso, ora pretendeva pure di sapere quando e come io stessi male?

<<Papà?!>>

Si fece più attento per sentire quello che avevo da chiedergli.

<<Puoi andare?>> lo invitai, chiudendo la porta del bagno e lasciandolo fuori.

Mi vestii alla velocità della luce. Non c'era tempo per truccarmi.

Scesi le scale saltellando mentre cercavo di infilarmi gli anfibi. Presi lo zaino, il cappotto e uscii di casa.

In strada rischiai di schiantarmi contro un anziano, rovescaire  un carretto di Hot Dog, scatenare la Terza Guerra Mondiale tra me e un venditore abusivo, per avergli schiacciato qualche collana che stava cercando di vendere, ma onestamente gli avevo fatto un favore...erano davvero terribili.

Finalmente vidi il cancello della scuola  davanti a me.

Le lezioni erano già iniziate da un quarto d'ora, ma il portone restava aperto fino alle 8:20 quindi potevo ancora entrare.

Corsi verso l'aula di biologia, immaginando la figuraccia che stavo per fare.

Ore 15.15...Esprimi un desiderio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora