3 - Yovia ed il suo bel 46 - Cape Town 01/2011

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Me ne stavo comodamente sdraiato su una chaise longue, sulla terrazza della spa al nono piano dell'hotel, ascoltando e respirando l'Oceano Indiano che si infrangeva sulle rocce sottostanti. Avevo preparato una tisana appositamente per godermela nell'ora di intervallo che avevo tra un bagno all'olio essenziale di piante africane, durato un'ora e un Hot Stone Full Body Massage che mi avrebbe deliziato ancora per novanta minuti. La mente aveva fatto un lungo giro prima di ritornare a soffermarsi sui gabbiani che volavano qualche metro li' sotto. Era andata di corsa a Venezia, sedici anni prima, quando emulando cio' che mi aveva insegnato Giorgio, stupivo Max, Roberto e Sonia lanciando i resti di cibo ai quei pennuti. Era una vera e propria danza quella che facevano per prenderlo. La cosa piu' stupefacente era il loro mettersi in coda, mantenendosi sospesi in aria, ad attendere il proprio turno.

Da li' ero andato a Dorkada, avevo assaporato lo yogurt che faceva, nella ciotola di terracotta, il vicino di casa di Nestorina, la mamma di Giorgio. Il giorno dopo il suo matrimonio, ero saltato sulla mia spider assieme a Luigi per scendere velocemente a Salonicco. Ed a Salonicco sempre, sette anni dopo, assieme a Petra ed al nostro piccolo di sette mesi, sempre ad un matrimonio,  ma molto piu' casinaro quella volta. Quello di Konstantino Zouganellis, il "Grande Zouga", "Be you, be Zouga", "Quello con le caccole nel cervello" (questa è dei bambini che non smetteranno mai di sorprendermi per la loro capacità di sintesi). O ancora "Le Grand Zouganelle" come lo avevo articolato quella sera per lo stile, spiccatamente francese che aveva scelto di sfoderare con abbigliamento, accessori e portamento.
Quando l'occasione lo richiedeva, scippando via il microfono di mano al Dj, urlavo inneggiando lo sposo ad esibirsi con una performance a scelta tra il variopinto panorama del suo esteso repertorio.
- Il est le plus grand, Il est le plus beau, Il est Konstantinos... Zouganeeeeeeeeeelle!"

La sala dei festeggiamenti era adornata con migliaia di bellissimi boccioli di rosa bianca. Ad un numero imprecisato di essi toccò l'amara sorte di incrociare me in una sera in cui tutto poteva accadere. In mezzo a centinaia di invitati accorsi da tutta la Grecia e da molti paesi stranieri, Petra ed io, assieme al nostro secondo bimbo, eravamo gli unici rappresentanti italiani a quel pazzo matrimonio di quel folle del mio Caro Amico Kostas.
Io mi sentivo come nel salone di casa mia, conoscevo bene i due fratelli e la sorella nonché i genitori e qualche parente. Tra gli amici, molti erano in comune, dai tempi dell'Università a Venezia. Con ognuno di loro avevamo passato centinaia di serate in cui dal nulla tiravamo fuori una festa e nel giro di un'oretta si riempiva una casa di gente ed il flusso non si interrompeva prima dell'alba.

In Grecia mi sono sempre sentito a casa, e tra i greci in famiglia.
Fatto sta che quella sera, l'inusuale quantità di alcool non mi aveva ubriacato perché avevo inserito l'ESP, ma mi aveva dato una tale euforia che, tra le tante altre cazzate che feci quella notte, una grande quantità di quei boccioli ebbe la sgradita sorpresa di veder cadere giù come grossi fiocchi di neve i propri petali avvolti in un alone di nube alcolica, dopo essere stati tranciati dai miei incisivi e soffiati in aria dalla possente spinta dei miei polmoni,
Non ero ubriaco ma allegro. Al nostro tavolo eravamo in dieci, altri due posti erano disponibili e furono occupati dagli sposi per quasi tutto il tempo in cui rimanemmo seduti. Il vino lo condividevo quasi esclusivamente con Christos, Petra e Cherry bevevano vino bianco e noi, assieme, svuotammo almeno quattro bottiglie di un ottimo vino rosso greco, una perfetta proporzione tra cabernet sauvignon e sangiovese. Il vino era stato preceduto, seguito ed intervallato da un'infinita sfilza di sfinakia secondo la fantasia di colui che di volta in volta prendeva l'iniziativa di ordinarli, e chissa' cos'altro.

La massaggiatrice venne a chiamarmi e mi fece adagiare su di un caldo lettino per dare inizio alla mia seconda seduta di massaggi.

Facevo a piedi una strada che costeggiava una recinzione. Da dove mi trovavo, non riuscivo a capire esattamente cosa ci fosse all'interno di essa. Un cavalcavia scendeva nella direzione in cui mi dirigevo, sulla mia sinistra, in posizione centrale all'asse stradale, proprio in mezzo alle due corsie che andavano una per ogni senso di marcia. E giusto lì, dove si adagiava sulla strada in cui mi trovavo, in piedi su un muretto spartitraffico c'era un ragazzo magrolino, con una T-shirt in blu sbiadito e sotto una tuta in pelle da moto. Aveva la cerniera aperta fino alla vita e la parte superiore, sfilata, penzolava dietro alle sue gambe. Notai che aveva l'orecchino sulla sinistra e, quasi di nascosto, sfumacchiava una sigaretta.

105 - La Roulette Russa di una VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora