18 - L'appostamento - Alpi svizzere 11/2008

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Passo' cosi', inaspettatamente veloce, il tempo di una traversata che sarebbe altrimenti stata lunga e inquietante. Atterrammo a Ginevra che erano le quattro del mattino. Un taxi ci aspettava da ore, appana vi entrammo, il prezzo sul tassametro segnava già qualche centinaio di franchi. Era un classico dell'impazienza di Bell. Meglio far attendere altri per ore ma non rischiare di attendere lui qualche secondo.

Prendemmo la nazionale uno, E62, in direzione Nord. La seguimmo fino ai pressi di Signy d'Avenex e li' uscimmo imboccando la Route Blanche in direzione Nord – Ovest. Ci fermammo all'alba in un posto meraviglioso. Il sole sorgeva da dietro i monti e l'aurora li incornicio' per un'attimo che si fisso' indelebile nella mia memoria. Pochi minuti dopo ci raggiunse un fuoristrada scuro, quasi anonimo ma attrezzato per i percorsi e le esigenze piu' estreme. Una cosa mi fece impressione, per non dire paura, era blindato. Me ne resi subito conto quando aprii la porta posteriore per sisemare gli zaini in dotazione all'attrezzatura di Bell. Quando poi mi misi alla guida, notai che aveva pero' un motore cosi' potente da far abbondantemente fronte al suo peso eccessivo. L'uomo che l'aveva condotto fin lì, ando' via con il taxi con cui eravamo arrivati noi dall'aeroporto. Io e Bell proseguimmo con il fuoristrada.

Passammo da Saint Cergue per prendere, qualche chilometro piu' su, una mulattiera che s'inerpicava sulle montagne confinanti con la Francia. Camminammo per ore facendo saliscendi su strade sterrate mal ridotte dove probabilmente non passava nessuno da mesi. La vegetazione copriva quasi interamente quel cammino rendendolo spesso invisibile. Non agli occhi di Bell, pero', che lo conosceva come la strada di casa sua. Procedevamo molto lentamente per via della vegetazione che si era fatta sempre piu' fitta. Non c'era piu' traccia visibile di cammino ma notai che Bell si orientava perfettamente lanciando occhiate mirate ad alberi, rocce ed ai vari punti fissi che si trovavano sul cammino. La cosa mi impressionò ed ancora di piu' quando, continuando per quella che sembrava la direzione giusta, mi fece fermare di colpo e tornare indietro di qualche metro. Mi disse che proseguendo saremmo precipitati in un baratro cinquanta metri piu' avanti. Mi diede la conferma qualche minuto dopo quando, lasciata la fitta vegetazione, ci inerpicammo per una stradina un po' piu' marcata per la presenza di roccia, che procedeva su di un costone. Mi fece fermare per mostrarmi il salto che avevamo evitato pochi minuti prima. Rabbrividii. Avremmo fatto, senza accorgercene se non quando sarebbe stato troppo tardi, un tuffo nel vuoto per diverse centinaia di metri.

Avevo perduto completamente l'orientamento, quando incrociammo una stradina con tracce di passagio recente. L'oltrepassammo e proseguimmo per qualche chilometro ancora. Ci infilammo in una foresta con vegetazione tanto fitta che, con la complicita' del disorientamento che mi veniva dalla stanchezza, erano ormai piu' di ventiquattrore che non dormivo, e dalla continua migrazione da un capo all'altro del globo che avevo fatto nell'ultima settimana, mi sentii di essere in zona tropicale. Mi dovetti ravvedere prontamente, quando mi tocco' di scendere dall'auto per continuare quella incognita marcia a piedi. Faceva un freddo incredibile appena scesi dall'auto. Indossammo delle tute mimetiche termicamente isolate che Bell aveva fatto preparare appositamente per noi due. Questo dedussi da come ci calzavano alla perfezione.

Apri' il cofano dell'auto, sollevo' la moquette e mise a nudo la cassetta degli attrezzi, la tolse, sfilo' un altro pezzo di gomma che le stava sotto per evitare le vibrazioni tra i due metalli, svito' di alcuni giri un bullone a farfalla e lo schiaccio'. Ci abbassammo per guardare sotto la macchina e li, in senso longitudinale, si era aperto un vano, camuffato come protezione dell'albero di trasmissione della forza motrice all'asse posteriore. Vi erano celate una sacca che dal rumore che fece quando Bell la butto' da un lato, avrei giurato, nonostante la mia completa disconoscenza in materia, che c'erano delle armi. Non avevo torto. Assieme a degli strani fucili vi era anche un'ascia affilatissima. La prese e, con pochi colpi da maestro, taglio' di netto un albero fitto di rami. Ripuli' perfettamente il tronco dagli stessi che poi usammo per ricoprire interamente l'auto. La foresta era molto fitta in quel punto, ma Bell non voleva lasciare nulla al caso. Fatto cio', taglio' il tronco in piccoli pezzi e lo trasportammo in spalla, un pezzo alla volta, fino ad un punto poco distante dove c'era un profondo buco nel terreno con un paio di metri di diametro ed il doppio circa di profondita', reso quasi invisibile dalla vegetazione che lo ricopriva. I pezzi di tronco che buttammo li dentro, non fecero alcun rumore e furono completamente inghiottiti dalla vegetazione. Ora non c'era traccia apparente del nostro passaggio.

105 - La Roulette Russa di una VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora