8 - Stoccolma/2 - 10/2008

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Da quando mi ero fidanzato con la donna che era poi diventata mia moglie, fatto eccezione per il primo periodo in cui mi ero trovato a dover chiudere gradualmente le varie storielle che abitualmente lasciavo aperte per tenermi sempre un'altra possibilità, avevo sempre amato, desiderato ed avuto solo lei. Ora mi inoltravo in un terreno ormai inusuale ma, visto come si mettevano le cose, non era il caso di andare tanto per il sottile. Bisognava chiudere gli occhi ed essere pronto a sacrificare qualcosa.

Bell Ferguson, sebbene fosse una persona amabile, mai aggressiva e non egoista, non ti chiedeva se volevi fare qualcosa, dava gia' per scontato che tu fossi daccordo con lui. E ci azzeccava sempre. Anche quando avevi comunque qualche riserva, lui te ne faceva dimenticare. Ti metteva a disposizione tutte le carte necessarie affinche te ne dimenticassi.

Alle dieci e venti bussarono alla porta. Ero in relax nella vasca idromassaggio da circa mezz'ora e non avevo tanta voglia di uscire. Anzi, negli ultimi minuti mi ero proprio addormentato. Aprii la porta con l'apposito pulsantino che era li' a portata di mano. Entrarono due ragazze, due splendide ragazze, una bionda ed una rossa, la prima con in mano due grossi pacchi contenenti i ricambi che Bell aveva ordinato per me alla sua amica, la seconda con la cena.

Non avevo molta voglia di mangiare, per la verità, ma mi stava venendo voglia d'altro. Le ragazze posarono rispettivamente i loro pacchetti nell'armadio e sul tavolo, si tolsero gli abiti rimanendo in lingerie ed entrarono con me nella vasca.

Mi svegliai alle sette e mezza, da solo nel lettone della mia suite. Non avevo mangiato poi, la sera prima, ed avevo un appetito da leone. Feci una doccia veloce e mi precipitai giu' a fare colazione. Finalmente, mi sembrava fosse passata una vita dall'ultima colazione che avevo fatto invece solo quattro giorni prima in compagnia della mia famiglia.

Mangiai piu' del solito, quella mattina. Dopo tornai nel mio appartamento al sedicesimo piano del grattacielo in cui era allocato l'hotel e, aprendo la porta sentii il telefono che squillava. Era Bell che mi sbraitava contro:

- Ti sei svegliato finalmente? Pelandrone! Io sono a Londra. Tra trentacinque minuti ho l'aereo per New York. Alle due parte il tuo aereo, prima hai un lavoretto da fare. Ti ho lasciato le indicazioni e il biglietto giu' in reception. Arriverai alle sei e mezza del pomeriggio, ora locale, mandero' il mio autista a prenderti. Buona giornata e buon viaggio.

Non avevo fatto in tempo a dire "anche a te" che aveva riattaccato. Andava a tremila. Non c'era bisogno che prendesse l'aereo, se solo lo voleva, poteva arrivare prima con la sola forza del pensiero. Alle nove meno un quarto ero nella hall. Alla reception trovai una scatola d'argento ed una busta sigillata con quella che doveva essere la firma di Bell. A volerla interpretare, sembrava fosse scritto "Sten Turgon". La aprii e dentro c'era il biglietto, in prima classe ovviamente, che prevedeva partenza alle 14.15 da Stoccolma per Francoforte. Sarei arrivato li' alle 15.30 e ripartito alle 15,55 per New York. Mi cadde a terra la busta, mentre mi vedevo correre dal terminal C al terminal A per cambiare aereo nei venticinque minuti a disposizione che in realta' si sarebbero ridotti a meno di dieci. Il rumore che intanto avevo sentito all'atterraggio della busta mi diede la risposta alla domanda che mi ero appena fatto. Dentro c'era un chiavetta piccolina che non avevo visto nel togliere il biglietto. Aprii la cassetta e quello che temevo si materializzò.

Erano sette questa volta. Sette mazzette che volevano dire trecentocinquantamila euro. Cio' indicava che avevo un'investimento da fare di importo fino a tremilioni e mezzo di euro. Pensai un minuto e mezzo. Chissa' se avro' la stessa fortuna di ieri? Fu la domanda che mi feci.   – Certo che si!      Risposi a me stesso a voce alta. La receptionist mi chiese cosa volessi dire ed io ribadii:

- Per favore, mi faccia comperare un trolley e ci metta dentro gli indumenti che trova nella mia suite. Me la mandi per cortesia in aeroporto con qualcuno per le dodici e mezza. Chieda alla stessa persona di fare per me il check-in prendendo un posto vicino ad un finestrino di sinistra e di attendermi, dalle tredici e trenta, al controllo passaporti del relativo gate d'imbarco. Ah, dimenticavo, gli dia questo numero di telefono e gli raccomandi di chiamarmi non appena arriva. Grazie!
E gli porsi un biglietto piegato da cento euro, per premurarmi che tutto fosse stato eseguito alla lettera.
Uscii che non avevo proprio idea di dove fossi. Sapevo solo che quello era un grattacielo perche', oltre ad avere la suite al sedicesimo piano, l'ascensore aveva il numero dei tasti che arrivava al trentadue. Sapevo inoltre che eravamo a Stoccolma perche' me lo aveva detto Bell Ferguson, o Sten Turgon, ed avevo avuto la conferma, se mai avessi avuto dei dubbi dal biglietto aereo che avevo appena visto.

Che situazione assurda, avrei pensato se qualcuno mi avesse raccontato una storia simile. Ma ero li e, ormai, mi sembrava tutto normale.

Appena fuori, dopo qualche metro percorso in direzione destra, girai l'angolo rimanendo sul marciapiede e presi la laterale a destra. Il terzo locale commerciale era un'agenzia immobiliare. Una multinazionale dell'immobiliare presente in tutto il mondo. In bacheca, in posizione privileggiata rispetto agli altri annunci, c'era un locale di superficie sicuramente superiore a mille metri quadri che era stata sede di una piccola industria tessile che, ingrandendosi, era stata costretta a spostarsi. Non solo la necessita' di maggiore spazio aveva spinto i proprietari a muoversi da li' quanto anche il progetto di riqualificazione che era stato approvato da poco in quell'area.

La cosa, appena l'agente la accennò, mi tornò subito in mente. Avevo letto la notizia e guardato la bozza del progetto, pochi mesi prima che lo approvassero, su una rivista internazionale di architettura e più guardavo quella foto in bacheca più mi convincevo che avevo gia' visto quel magazzino su una foto pubblicata su quella rivista ed avevo anche fantasticato, come spesso mi capitava, di farci una serie di loft.

Mi venne da pensare, quando il mio interlocutore mi disse il prezzo, che tutto, anche quello che avevo fatto il giorno prima, fosse abilmente e meticolosamente pilotato da Bell o Sten o comecazzosichiamavalui. Ma ciò non sarebbe stato certo possibile. Lo scacciai subito dalla mente ed intavolai l'affare.

105 - La Roulette Russa di una VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora