Ombre

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Il giornale mi cadde sul tavolo. Fissai l'articolo con un tuffo al cuore. Poi guardai verso il tavolo dei serpeverde.
Scorpius stava mangiando tranquillo.
Dopo quel pomeriggio in cui mi era parso strano solo per quei pochi minuti era ritornato il solito Scorpius.
Mi alzai cercando di farmi vedere da lui.
Facile, i nostri sguardi si cercavano a vicenda più o meno ogni minuto quando eravamo distanti.
Mi vide avanzare verso la porta e mi seguì.
Mi fermai solo quando trovai un'aula vuota. Poi mi voltai verso di lui. Lo vidi guardami curioso e anche un po' preoccupato. E lo abbracciai. Forte, stringendolo a me e lui ricambiò, ancora un po' incerto.
-mi dispiace Scorpius. Ma perchè non me lo hai voluto dire? non ne vuoi parlare proprio?- gli chiesi all'orecchio.
Lui mi guardò inizialmente stupito, poi serio e freddo.
Ma le sue braccia e le sue mani rimasero strette a me come per paura di cadere.
Mi allontanai un po' da lui per poterlo guardare negli occhi.
-c'era la notizia sul giornale?- mi domandò. Io annuì.
-non mi importa. È da quasi tre anni che gli ho detto addio per sempre. Può anche morire ma non mi importa.
Per me non è mai stato un padre!- non avevo mai visto una freddezza simile, mai sentito parole così intrise di odio e disprezzo, non avevo mai pensato che Scorpius provasse un così tale sentimento ancora per il padre.
-tutti fanno errori. Lui li ha già pagati, avendoti perso come figlio tre anni fa. Ma non pensi che potresti iniziare a pensare che potrebbe essersi pentito? Magari lui ti vuole con se, in questo momento. E pensa a tua madre.
Non...- ma lui mi interruppe.
-loro non sono più i miei genitori. Possiamo parlare di altro?- mi domandò arrabbiato.
-no! Parliamo di questo. Sono d'accordo con te su tutto, son come ti hanno trattato, so cosa ti hanno fatto e so il perchè te ne sei andato. Da allora vivi bene, anche se tra alti e bassi. Ma ciò non toglie che quelle persone ti hanno dato la vita. Il minimo che puoi fare e stargli accanto in questi momenti difficili.
Tuo padre stà morendo. Il giornale diceva che gli rimangono solo poche settimane di vita.
E so che è stato difficile lasciare tua madre.
Lei non era perfetta, ma gli vuoi ancora bene. E adesso sarà distrutta. Se sei lo Scorpius che conosco e che amo non starai qui ignorando tutto- dissi.
Lui guardò la stanza per un minuto circa, con chissà quali pensieri nella testa (rabbia, frustrazione, confusione, odio) e poi incontrò i miei occhi.
-cosa pesni debba fare?-
-vuoi che ti dia un ordine? Vuoi che ti dica fai questo?
Deve essere una scelta tua. Cosa farai?- gli domandai non staccando lo sguardo dai suoi occhi sempre più seri.
-dici che la McGranitt mi farà andare fuori dalla scuola?
Qualche giorno di assenza non peserà troppo?- mi chiese.
Io continuai a guardalo. Lui sospirò.
-va bene. Non me ne deve importare.
Andrò da loro, saluterò mio padre per l'ultima volta e vedrò come stà mia madre. Ma se quando torno sono distrutto e ancora peggio di prima ricordati che è colpa tua!- mi disse cercando di scherzare, ma non riuscendoci molto. Io lo strinsi a me più forte di prima. Gli baciai le labbra con dolcezza.
-tu vai, per il resto non ti preoccupare. La preside ti farà andare. E se hai bisogno di me io arrivo, basta che mi contatti- e insieme ci avviammo verso l'ufficio della preside.

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Il come irreversibile, come dice la parola stessa è irreversibile. Solo i macchinari intorno al letto permettevano che il cuore di mio padre non si bloccasse del tutto. Lo guardai da dietro il vetro con strane sensazioni dentro.
Rose mi avrebbe detto che era perchè era pur sempre mio padre. Io sapevo che non era per quello, o almeno non del tutto. Draco Malfoy era un uomo influente, autoritario e freddo con tutti. Da piccolo, quando ancora lo ammiravo, lo vedevo come un'eroe e piangevo perchè non riuscivo a essere come lui.
I ricordi che ho di lui erano la sua rabbia per i miei insuccessi.
Il primo discorso che ricordo era sul fatto che si vergognava ad andare con me in giro, a dire che era suo figlio, perchè non sapevo stare su una scopa all'età di cinque anni.
Ricordavo ancora la delusione nei suoi occhi quando non dimostravo entusiasmo per il quidditch, o quando non ero stato ammesso in squadra, oppure al mio primo anno, quando ero risultato secondo nella graduatoria dei più bravi della scuola. Qualunque cosa facessi non ero mai all'altezza delle sue aspettative.
L'ammirazione che provavo per lui era sfumata velocemente e avevo deciso quindi di distanziarmi da lui per sempre.
Non era più il mio eroe, non era più il mio punto di riferimento. Ma pensavo di vederlo sempre in quel modo.
Freddo, distaccato, odioso e arrogante come il suo solito.
Non mi aspettavo di vederlo così fragile in quel letto bianco. Non immaginavo che la situazione fosse così tragica da non poter vedere i suo occhi guardarmi d'odio e essere sicuro quindi della mia posizione.
Non pensavo di non potergli più parlare.
Guardai quell'uomo quasi morto davanti a me, separato solo da un vetro.
Quello era l'uomo che avevo sempre odiato.
L'uomo che presto avrei perso per sempre.

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Sapevo di aver fatto la cosa giusta, sapevo che se non l'avessi costretto ad andarsene non sarebbe mai andato.
Ma era incredibile quanto fossi preoccupata per lui.
Sarei voluta andare anch'io con lui ma sapevo che non potevo. La scuola non l'avrebbe permesso e lui neanche.
E in più, sapevo anche che era una cosa che doveva fare da solo. Quando sarebbe stato troppo mi avrebbe chiamato, e io sarei corsa da lui anche rischiando il tutto per tutto.
Ma doveva partire da solo.
Perciò mi preparai mentalmente all'idea di non vederlo per un paio di giorni.
A pranzo cercai di ascoltare Albus che cercava di ripetere per l'interrogazione di artimanzia. Subito dopo stetti con Lily e il suo ragazzo fino a quando non dovetti andare a lezione.
Nella stanza delle necessità mi aspettavano il professore e Augusto. Iniziammo con lo yoga, poi con un po' di meditazione. Avevo gli occhi di Augusto sempre puntati su di me e li sentivo quasi bruciare. Cercai di ignorarlo e di pensare soltanto a quello che dovevo fare.
Quel pomeriggio poi cercammo di eseguire gli stessi esercizi di arti marziali del giorno prima, con la differenza che dovevamo farli levitando.
-tenere anche la magia impegnata, in modo che anche quel tuo senso in più ti permetta di liberare davvero la mente da tutto è indispensabile. Ce la farai!- mi rassicurò il professore Peanut.
Annuì cercando di fare del mio meglio.
Alla fine delle due ore, quella giornata ne aveva imposta un'ora in più, mi lasciai cadere per terra sfinita.
La tuta da ginnastica che avevo addosso era tutta sudata e non desideravo altro che dormire.
Vidi il professore come al solito salutare la parete e partire verso fuori. Ma vidi anche Augusto avvicinarsi a me e inginocchiarsi di fronte a me.
-vuoi aiuto? Vuoi che ti porti a letto?- mi domandò.
e come faresti?- chiesi io senza pensarci molto.
Ero davvero sfinita, sentivo i miei sensi abbandonarmi.
Lui mi prese di slancio in braccio, stringendomi verso il suo petto che mi risultò freddo.
Lo guardai senza vederlo davvero.
-dov'è il tuo ragazzo?- mi domandò.
-è andato dai suoi genitori. Suo padre stà male. Ma tornerà presto- farfugliai contro la sua maglietta. Stavo bene tra le sue braccia, anche se la cosa mi infastidiva.
-ti porto infermeria!- mi disse uscendo dalla stanza.
Avrei voluto dire che non c'era bisogno.
Avrei voluto ribadire che non ero una bambina e sapevo benissimo camminare.
Ma sarebbe stato solo negare la realtà. Ero troppo stanca per qualsiasi ragionamento.
-portami nel mio letto. Il quadro della signora grassa al settimo piano, la parole d'ordine è Ocus Pocus. La mia stanza è quella più in alto!- gli spiegai in un sussurro appena udibile. Lui si avviò verso la sala comune, attraversò il quadro e stranamente non incontrò nessuno. Salì il primo gradino ma non cadde come avrebbe fatto qualsiasi ragazzo. Vide le scale unirsi per formare uno scivolo ma lui iniziò a levitare senza preoccupazioni.
Salì nella mia stanza e non so come capì subito quale era il mio letto. Mi ci depositò e iniziò ad accarezzarmi la fronte e a togliermi i capelli dal volto.
Ero infastidita da quelle mani fredde ma non mi lamentai. Non ne avevo la forza.
Con orrore lo vidi avvicinare il suo viso al mio, mentre mi guardava le labbra.
L'ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi furono le sue labbra fredde a pochissima distanza dalle mie.

Il Destino pt. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora