Augusto 666

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Mi svegliai quella mattina infreddolita.
Il freddo stava decisamente arrivando.
Quel giorno era sabato e quindi avevo tutta la giornata libera. Tranne il pomeriggio. Quel pomeriggio avrei dovuto continuare con gli esercizi di magia.
Rimasi con Scorpius tutta la mattina.
Leggemmo insieme. Lui un libro di trasfigurazione, io uno di artimanzia.
Eravamo sdraiati sull'erba e dopo un po' mi sentì stanca quindi chiusi il libro e mi appoggiai completamente al petto di Scorpius.
Guardai il cielo.
Quel giorno il cielo prometteva l'arrivo del freddo.
Era dello stesso colore degli occhi di Scorpius, un azzurro molto chiaro, e che non fa altro che dare la sensazione di freddo.
Chiusi gli occhi godendomi il momento di pace con il mondo quando il silenzio fu interrotto dalla campana della scuola.
Mi alzai di scatto. Mi ero dimenticata della lezione con il professore Peanut.
-cos'è successo?- mi chiese subito Scorpius sedendosi.
Si era svegliato di colpo appena aveva notato che mi ero alzata, con ancora il libro appoggiato a lui e aperto.
Guardò l'orologio confuso.
-devo andare a lezione. Ci vediamo dopo?-
Lui annuì. Mi sporsi verso di lui e lo baciai.
Poi corsi verso il settimo piano.

Aperta la porta trovai due figure che galleggiavano in aria, in posizione da meditazione.
Uno era il professore Peanut, con la punta della barba che toccata da terra anche se galleggiava.
L'altro doveva essere il nipote.
Confrontai la figura della mia immaginazione con quella che mi trovai davanti.
Erano simili quanto discordi.
Una delle somiglianze impressionanti erano i colori.
Per quanto era evidente la grande differenza di età il nipote aveva i capelli corti e l'appena accennata barba bianca come quella del nonno.
Anche il viso, anche se ero sicura non appartenesse a un più che ventenne, aveva tratti simili.
Lo scorrere degli anni del nonno era evidenziato da rughe profonde, mentre quello del nipote era un viso senza rughe ma pieno di quella stessa saggezza.
Osservai il nipote e fui sicura che i suoi occhi dovevano essere rossi.
Era albino. Ecco spiegato i capelli bianchi e la pelle chiarissima.
E in quel momento lui aprì gli occhi e mi guardò.
Mi sorrise, un sorriso non sdentato come quello del prof. Poi si alzò per aria e si lasciò cadere leggero in piedi per terra.
Mi si avvicinò porgendomi la mano gigante.
-ciao. Tu devi essere Rose. Io sono Augusto 666 Peanut!- di presentò.
-piacere di conoscerti. Mi sembra inutile presentarmi visto che sai già il mio nome!- gli sorrisi.
Poi lo guardai incuriosita.
-ti chiami davvero Augusto DCLXVI?- chiesi.
-No. Il mio nome si scrive proprio Augusto 6-6-6 Peanut- rispose. Entrambi guardammo il professore ancora in meditazione.
Anzi, mi correggo, dormiva. Era incredibile come non fosse già caduto a terra.
Però ero sicura che dormisse.
Russava e una piccola striscia di bava spuntava dalla bocca.
Tornai a guardare Augusto non esprimendo la mia domanda ma lui rispose lo stesso. Aveva un ottimo intuito.
-si, è colpa sua se mi chiamo così. Sua e della sua famiglia.
È da secoli che i Peanut hanno almeno un figlio che si chiama Augusto.
Però, il mio antico avo, invece di scrivere Augusto I scrisse Augusto 1.
L'errore fu evidente solo quando non si potè cambiare.
Comunque... chiamami solo Augusto, ok?- e mi sorrise.
Io ricambiai apertamente il sorriso. Mi piaceva quel ragazzo. Ma quando lui mi guardò negli occhi e non distolse lo sguardo per un bel po' mi preoccupai.
Che fosse immaginazione o altro, fatto stà che distolsi subito lo sguardo perché i suoi occhi avevano lampeggiato. Guardai il professore che aveva iniziato a russare.
-ci vuole un grande potere per riuscire a levitare anche dormendo- osservai, cercando di distogliere la sua attenzione da me. Mi sentivo i suoi occhi fissi su di me e il silenzio che a me piaceva tanto era diventato fastidioso.
-il suo potere lo aiuta in tutto. E devo dire che ne ha bisogno. Quando il suo corpo lo tradisce per via della vecchiaia, la mente agisce insieme al suo potere per salvaguardarlo. E quando anche la sua mente è troppo stanca il potere lo protegge lo stesso.
È come se fosse la sua volontà di sopravvivere.
È un istinto automatico e involontario.
Ma infondo quasi tutti i poteri lo sono- mi spiegò.
lo guardai incerta e lui ancora cercò i miei occhi.
Odiavo sfuggire a qualsiasi sguardo ma non potevo evitare di distoglierlo.
-come mai sei qua?- gli chiesi. Forse ero scortese ma non potevo non rompere quel silenzio e lasciarlo concentrare su di me.
-perché mio nonno voleva fare una lezione particolare.
E poi perchè volevo tanto vedere Hogwarts.
Non sono mai andato a scuola, mio nonno è stato il mio professore da sempre.
Deve essere bello studiarci- mi disse.
Con mio grande piacere osservò suo nonno che si stava svegliando.
Quello che adesso sapevo si chiamasse Augusto 664 Peanut scese piano a terra e ci guardò sorpreso.
Come se non si aspettasse di vederci lì. Poi ci pensò su e mi sorrise.
-vedo che hai conosciuto mio nipote. L'ho portato con me perchè oggi volevo mostrarti le proprietà delle arti marziali per l'anima. E di conseguenza anche del potere che ti cresce dentro. Che coincidono! L'esercizio fisico insieme a quello mentale viene a poter liberare la mente da qualsiasi altro pensiero che non quelli essenziali.
Solo quando non sentirai e penserai più niente potrai vedere il tuo potere, percepirlo completamente e quindi tenerlo per sempre sotto controllo- spiegò lui.
-è una variante della meditazione riflessiva.
Invece di concentrare tutti i pensieri su un unico oggetto la tieni impegnata sia in movimenti che richiedono la mente che il corpo- si intromise Augusto.
Io annuì a entrambi, guardando però il prof perchè lo sguardo di Augusto cercava ancora il mio.
-adesso faremo dei semplici esercizi, prima io con Augusto e poi tu con lui.
Osservaci, noi ci muoveremo molto lentamente!- si raccomandò. Poi si voltò verso il nipote e iniziarono a lottare. Li osservai attentamente, sicura di non riuscire proprio ad imitarli. I loro movimenti erano perfetti e sincronizzati. Ad ogni colpo coincideva una parata, e succedeva tutto in maniera fluida, senza interruzioni o altro.
Era come se danzassero.
Quando tutti e due si fermarono e si voltarono verso di me li guardai decisamente preoccupata.
Non sarei mai riuscita a fare neanche uno di quei passi.

-te la sei cavata bene!- mi disse Augusto mentre mi appoggiavo al muro per riposarmi, come al mio solito.
Lui mi sovrastava guardandomi sorridente.
I suoi occhi puntato nei miei mi misero a disaggio.
-se non ho fatto altro che incasinare tutto? Ho sbagliato quasi tutto e ti ho anche fatto male. Come sta la tua fronte?-. Ripensai con imbarazzo e preoccupazione a quando avevo dovuto tirargli un calcio in faccia e fermarlo prima di colpirlo in viso.
Invece gli avevo preso la fronte.
E pensare che lui si era fidato così tanto da stare fermo immobile.
-la mia fronte non ha niente. Diciamo che la prossima volta mi porto un casco, però- risi insieme a lui, notando che aveva una risata squillante e rasserenante.
Per la prima volta guardandolo non mi sentì a disagio.
Guardammo entrambi il professore che si era addormentato davanti alla porta.
Sorridendo il nipote gli si avvicinò e schioccò le dite accanto al suo orecchio.
Il nonno si svegliò di soprassalto.
-bene Augusto, andiamo a mangiare. Rose, a domani pomeriggio!- e se ne andò, seguito quasi subito da Augusto, che si voltò per salutarmi con un sorriso.
Li seguì anch'io e vidi Scorpius che mi aspettava appoggiato alla parete di fronte alla porta.
Mi accorsi dello sguardo di ghiaccio che lanciò a Augusto e mi accigliai.
-chi era quello?- mi chiese prima ancora di salutarmi.
-il nipote del professore. Si chiama Augusto. Ci credi che mi vuole insegnare le arti marziali? Aveva parlato di yoga e invece oggi è passato alle arti marziali.... chissà domani quale sarà il prossimo cambiamento...- sorrisi sperando di vederlo abbandonare quello sguardo freddo.
Ma lui rimase rigido e sfuggì al mio sguardo.
-cosa c'è Scorpius?- gli chiesi.
Mi avvicinai a lui e gli accarezzai la guancia.
Allora i suoi occhi si sciolsero. Mi guardò con amore.
Amore.... si, quello doveva essere amore.
-niente- mi sussurrò prima di baciarmi.
Risposi a quel bacio subito. Sembrava bisognoso di affetto, si aggrappò a me come se fossi la sua ancora di salvezza.
Quel bacio mi fece abbassare del tutto le difese.
Mi ritrovai a non pensare ad altro che a lui, alle sue labbra, alla sua lingua, alle sue mani, una tra i miei capelli che mi teneva la nuca, l'altra sulla mia schiena che mi stringeva a lui. Mi staccai da lui solo alla ricerca dell'aria e a malincuore.
Lo guardai e vidi i suoi occhi ora tranquilli, caldi e forse desiderosi.
Avrei aspettato che mi dicesse con calma cosa glie era preso prima.
Ma adesso era evidente che non ne volesse parlare. Quindi gli strinsi la mano e mi accompagnò fino alla mia sala comune.

Il Destino pt. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora