Capitolo 17

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Arrivo subito a casa e sbatto la porta come se volessi che qualcuno mi sentisse. Corro in camera mia e chiudo la porta a chiave, è strano che nessuno si interessi di me e nessuno mi venga incontro per chiedermi come sto...in fondo non sono la loro figlia...ecco perché hanno sempre amato di piu Raffael che me.

Do un pugno al muro per la rabbia che mi sento attraversare nelle vene.
Odio tutti! Mi hanno fatto la vita un inferno, menzogne violenza e disinteresse nei miei confronti...
Sento le lacrime amare scendere sul mio viso e mi accucciolo in un angolo con le mani sopra il viso, sto così per qualche minuto poi mi ricordo della scatoletta e la curiosità mi spinge a dimenticare per un attimo di tutti e concentrarmi su essa.

La prendo ma non riesco ad aprirla perché il lucchetto sembra non voler cedere alle mie pressioni. Dopo non so quanti tentativi si apre e al suo interno trovo delle fotografie in ottime condizioni. Comincio ad analizzarle: una bella donna, dai cappelli neri come la notte e con un sorriso così innocente che emana tanta felicità, accanto a lei un bel uomo vestito di bianco che la abbraccia,il suo sguardo è serio e misterioso ma anche un po inquietante. Ci sono fotografie in diversi luoghi che non conosco ma quella che mi affascina è il porto, dove mio padre, in quanto marinaro, passava maggior parte del suo tempo.

Decido di andare alla ricerca di Sebastien poiché è solo trovarlo che riuscirò a capire perché ha abbandonato me e mia madre.
Sento bussare
< avanti > dico mentre nascondo le foto sotto il cuscino.
Entra la donna che ho chiamato madre in tutti questi anni , mi osserva e si siede sul letto accanto a me poi mi accarezza dolcemente.
<dove sei stata figlia mia?> dice preoccupata.
<in giro> dico molto fredda non guardandola nemmeno. Lei mi guarda e mi abbraccia a sé <non andare mai più senza avvisare,ok?> e si stacca uscendo dalla mia cameretta.

Rimango un po in silenzio poi mi sdraio sul letto a guardare il soffitto e mi addormento.

La sveglia suona segnando le 07:45, salto subito dal letto e mi preparo per la scuola. Infilo veloce l'uniforme,pettino i lunghi cappelli e scendo di corsa le scale andando a sbattere contro Raffael che sta per uscire,mi lancia un'occhiataccia e mi chiude la porta in faccia.
<buongiorno anche a te!> urlo infastidita dietro la porta poi la apro e la sbatto cominciando a correre per le strade.
All'improvviso mi fermo. Perché sprecarmi il fiato per cercare di arrivare in orario...in fondo non voglio essere più quella di prima quindi vado a passo leggero finché non arrivo davanti al cancello.

Non c'è più nessuno fuori solo qualche ritardatario come me. Sto per attraversare ma una macchina nera mi taglia la vista e frena davanti alla scuola. Scende lui,coi cappelli d'argento e lo sguardo serio con lo zaino su una spalla: Dario.
Mi osserva mentre attraverso impassibile vicino a lui non degnarlo nemmeno di uno sguardo. Dietro di me,dopo aver chiuso lo sportello, mi segue verso l'entrata.

Ho un certo timore nel voltarmi verso di lui, forse l'orgoglio o la rabbia... Arrivo finalmente in classe, per fortuna mia il professore è in ritardo quindi mi siedo al solito posto.
Provo a fare finta di niente ma mi sento gli occhi di tutti puntati addosso e non resisto a guardarmi non intorno per capire cosa succede quindi lo faccio.

Osservo tutti quei occhi puntati su di me come incantati o spaventati,cosa avranno con me ora...prima non sapevano nemmeno della mia presenza in questo istituto, patetici. Rispondo con una smorfia a quelli che mi fissano poi rivolgo lo sguardo verso la finestra ad ammirare il parcheggio là fuori, mille volte più interessante di ciò che si trova nella classe mia.Il professore arriva finalmente e cominciano le lezioni. La giornata prosegue bene apparte qualche inconveniente o qualche litigata con i compagni.

Esco dalla scuola a passo veloce ma vengo fermata da alcune grida provenienti dal cortile. Mi giro e vedo un gruppo di ragazze che se la prendono con un'alunna: è proprio Eva con le sue amichette che si divertono. Decido di "divertirmi" anch'io con loro.

<Ehi, ma ciao carissime> dico con mezzo sorriso mentre mi sistemo i cappelli.
Eva mi guarda e da una spinta alla ragazza di cui si prendeva gioco poco prima poi si avvicina con aria di superiorità.

<Chi pensi di essere bambolina? Hai avuto grande fortuna qualche giorno fa se non ti ho dato una lezione...sei corsa subito da mammina sennò...>
<sennò cosa?> la interrompo io e mi sto innervosendo.

Eva all'istante mi tira un pugno così forte che cado a terra perdendo la lucidità per un momento. I ragazzi si sono radunati intorno a noi facendo sembrare di star assistendo ad un combattimento.

Mi alzo e noto che il mio labbro sta sanguinano, mi pulisco con una mano e la guardo intensamente.
< Che c'è? Ti ho fatto male?...vorresti chiamare mamm...> e in quel preciso momento ricambio il suo pugno e la metto a terra, mi butto sulla sua schiena e le tiro i cappelli all'indietro con una mano.
<Senti io non ho tempo da perdere con te, sei tu che hai iniziato e io finisco>

<Cosa state guardando voi due?! Aiutatemi!> urla verso le altre ragazze che ci fissano imbambolate.
Mi sento afferrare da dietro, le due mi tengono le mani mentre Eva si alza appena. Si avvicina e mi da un calcio nel ventre tanto da inginocchiarmi dal dolore davanti a tutti. Mi prende il viso e mi da un pugno forte tanto che gemo dal dolore. Tutti intorno a me ridono ed Eva mi sta per dare il colpo di grazia.

Non posso accettare che ridano di me...non anche questa volta. Raccolgo tutte le forze che mi sono rimaste e butto le due ragazze su di lei poi vado con i pugni da tutte le parti. Non riesco a fermare la mia intensa rabbia, e far loro del male mi da un enorme soddisfazione.

Sto per dare un altro pugno ad Eva ma la mia mano viene fermata dalla ragazza che veniva abbusata poco fa dal trio delle streghe. Il suo viso radioso e i suoi occhi neri mi incantano tanto da rimanere ad osservarla per qualche istante.

< Basta, lasciale agonizzare qui finché non riprendono coscienza > mi dice delicatamente e la sua voce è così melodiosa che mi lascia senza fiato.

Lascio l'uniforme della bruta e la sbatto contro il cemento e la guardo infuriata poi mi alzo verso la ragazza dagli occhi limpidi.

Lei si avvicina e mi sistema l'uniforme.
<Andatevene da qui, non c'è niente da guardare massa di capre!> urlo io e gli altri si allontanano facendo commenti sottovoce e lanciando occhiattacce da tutte le parti.

<Grazie...> dice lei mentre mi spolvera delicatamente.
< se lo meritavano...> dico sistemandomi i cappelli.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora