Cap 12

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LUX

Non era stata solo una mia impressione, il campo di battaglia si ferma davvero. Il ringhio di Ashton è stato così tornante da far voltare tutti e per un lungo, eterno istante entrambi gli eserciti sono girati a guardare il lupo nero.
Poi esplode un urlo.
La lotta riprende, ma ora i cavalieri dell'armata bianca sono come divisi in due fronti. La maggior parte fronteggia ancora i nemici, mentre gli altri corrono a spade sguainate contro Ashton.
Sento Leos imprecare alle mie spalle mentre si affanna a estrarre un arco dalla custodia che era nella bisaccia di Iron e a cercare una freccia.
-No!- urlo quasi, afferrandogli il braccio.
Lui si blocca all'istante, guardandomi combattuto. -Lux, non sai chi è quello.. Non capisci.. Io.. La mia famiglia..-
-Ha protetto Nive!- lo interrompo -Sta proteggendo Nive. Leos, non colpirlo!-
Qualcosa sembra dibattersi nei suoi occhi ancora qualche istante, poi sospira. -Va bene- mormora, abbassando l'arco. -Non lo colpirò. Ma non fermerà gli altri, ragazzina.. tutti vorranno ucciderlo-
La sua voce è come un sospiro stanco, e purtroppo so che ha ragione. Leos non ne è a conoscenza, ma anche io conosco la leggenda.
Leggenda che mi riguarda più di quanto lui possa immaginare.
Come al rallentatore vedo i cavalieri che si sono lanciati alla volta di Ashton raggiungere il loro obiettivo. Lui si difende, li respinge. E viene ferito una, due, più volte, ma non si muove.
So perché. Nive, rannicchiata dietro di lui, si sta rimettendo faticosamente in piedi. Ashton non la abbandonerà.
Eppure, in tutto questo, anche mentre combatte, in qualche modo so che lo sguardo del lupo nero sta puntando me in mezzo alla folla.
Negli occhi una muta preghiera, che non riesco a leggere.
Lo guardo. Mi guarda. E per un attimo desidero essere come Alexander e poter capire cosa sta chiedendo così disperatamente.
Poi di nuovo è come il tempo si fermi, e io ricordo.
Avevo circa cinque anni, e stavo giocando con i miei amici al villaggio. Non mi ricordo bene perché ero salita su quell'albero. Forse per scommessa, o per dimostrare di esserne capace.
Oppure semplicemente perché ero una bambina, ridente e capace, che cercava ogni giorno le occasioni di mettere alla prova la propria abilità.
Fatto sta che ci ero salita.
Era un albero forse secolare, alto, imponente, e io ero salita ramo dopo ramo. Fino a non riuscire a scendere.
Ero rimasta aggrappata al ramo più alto che avevo raggiunto, tremante, con i miei amici sotto che mi urlavano parole che non capivo.
Poi era arrivato Jeis.
Era rimasto sotto l'albero, i muscoli pronti e scattanti, e aveva incrociato il suo sguardo con il mio.
Lo stesso sguardo che ha Ashton ora, e infine avevo capito cosa voleva dire.
Fidati di me, fidati di me, fidati di me.
E lo avevo fatto. Semplicemente, avevo lasciato il ramo e mi ero lasciata cadere.
Non dimenticherò mai il balzo che Jeis fece quel giorno.
Si era come liberato in aria, senza peso, e mi aveva afferrato al volo ben prima che toccassi terra. Atterrando non aveva quasi smosso l'erba.
Ora Ashton mi sta guardando con gli stessi occhi. Fidati di me, fidati di me.
E di nuovo, deciso di farlo, e guardandolo a mia volta annuisco, piano.
Il mio gesto lo fa smuovere.
Si gira di scatto e afferra Nive per la collottola e, anche se il suo peso è aumentato considerevolmente, la solleva apparentemente senza sforzo. Poi scatta, districandosi fluidamente nel campo di battaglia. Quando passa sopra me e Leos il suo balzo, nella mia mente, si sovrappone a quello di Jeis. Sorrido.
E pochi secondi dopo il lupo bianco e il lupo nero spariscono entrambi nella foresta, ed è come se non fossero mai stati qui.
Mi rilasso, sapendo che Nive è al sicuro. E alla fine il sangue perso e la debolezza hanno il sopravvento e io mi accascio, perdendo conoscenza appoggiata al petto di Leos.

ALEXANDER

Ormai è più di una settimana che siamo ospiti in casa dei miei vecchi amici, se così posso chiamarli.
Derek si è alzato dal letto neanche un'ora dopo essersi svegliato, ogni forma di debolezza residua convenientemente celata dietro la comoda facciata sarcastica. Ormai lo conosco abbastanza per dirlo.
Non possiamo muoverci fin quando non ritornerà Ashton, così rimaniamo in questo posto dimenticato dagli uomini comuni a riprenderci dalle fatiche del viaggio. E ad allenarci.
Prima della missione con Lux non ho avuto per lungo tempo un compagno di allenamenti per la spada, e quindi l'ho rilegata in secondo piano, dedicandomi piuttosto al tiro con l'arco.
Ora invece sembra che Derek non desideri far altro. E indubbiamente si rivela migliore di me.
-E con questa sono dieci a zero per me- ghigno, puntandomi la punta dell'arma millimetricamente alla gola, fermandola un attimo prima di ferirmi -Francamente, come hai fatto a sopravvivere in quella prigione? La tua bella non è stata gentile a lasciarti li da solo-
Mi lascio andare a uno sbuffo seccato. -Sono sopravvissuto. E ho portato le tue chiazze fuori da lì, oltre che alle mie. Questo meriterebbe un po' di riconoscenza-
-Vero- scrolla le spalle lui, affatto turbato -Ma non è nel mio stile-
Gli lancio un'occhiata fra il rabbioso e l'esasperato. -Hai intenzione di tenermi la spada alla gola tutto il giorno o la abbassi?-
-Devo ancora decidere- ridacchia lui, ma un secondo dopo il mio collo è libero da quella minaccia appuntita.
Poi, con la coda dell'occhio, guarda un secondo il corteo silenzioso che si è formato a osservare placidamente il nostro allenamento.
Lo aveva già notato prima, così come lo avevo notato io. Ma a differenza sua, che si diverte a vantarsi, io non ho apprezzato affatto ciò.
Però vedo come li fissa Derek. È incuriosito, quasi affascinato da loro. In fondo lo capisco.
A suo tempo, lo sono stato anche io.
Una risata e un applauso partono alle mie spalle.
-Bravi, bravi davvero!- esclama una voce, e io mi sforzo di irrigidire il meno possibile le spalle, mentre un braccio si posa attorno a esse.
-Olef- dico, mettendo meno entusiasmo possibile nella voce.
-Non sei tanto migliorato nella spada, ragazzo- mi interpella lui con un sorriso sghembo -In fondo, abbiamo sempre saputo che il tuo talento era nell'arco e nelle frecce, non è così Aracs? Il tuo amico, invece- e i suoi occhi scrutano Derek quasi famelici -Si è rivelato un vero portento-
Il rosso sorride scanzonato -Che ti devo dire. È un talento naturale-
-Oh, certo, certo!- ride l'uomo, sempre con il braccio attorno alle mie spalle -Ma dimmi un po', non ti annoi sempre con lo stesso avversario? Se ti va, sicuramente alcuni dei miei avrebbero voglia di misurarsi con uno spadaccino come te. Quanto a te, Aracs, sicuramente a Emma mancano le vostre gare di mira-
Non nascondo neanche una smorfia. -Lo prenderò in considerazione-
-Cos'è quella faccia ingrata, ragazzo? Un tempo ti piacevano- ribatte Olef. -Inoltre, come ti ho ricordato ogni giorno da quando sei qui.. se non fosse per noi, tu e il tuo amico sareste belli che andati. Cosa che, ovviamente, mi avrebbe intristito molto-
La voce, che si era abbassata quasi fino a un ringhio, sull'ultima frase torna allegra e gioviale, fino a sciogliersi in una risata.
Mi scrollo il suo braccio dalle spalle senza cambiare espressione.
-No, grazie- rispondo, senza la minima traccia di educazione nella voce.
-È un peccato- si adombra Olef, e dalla sua espressione chiunque potrebbe giurare che il mio rifiuto gli ha davvero spezzato il cuore.
Ma lo conosco troppo bene, ormai.
-E tu, ragazzo? a roposito, mi sfugge come hai detto di chiamarti- dice poi, rivolto a Derek.
-Rolf- risponde lui all'istante, con il sorriso più aperto che gli ho visto fare finora. Solo questo mi fa capire che è falso. -E accetto con molto piacere, signore. Mi avete salvato la vita.. d'altra parte, la riconoscenza è importante.-
-È bello che almeno uno di voi due ragioni, Rolf- ribatte Olef, e il suo braccio si posa questa volta sulle spalle del rosso. -Forza, vieni, ti presento i miei amici. Ci vediamo, Aracs-
Nessuno dei due mi degna di un'altra occhiata e si voltano, allontanandosi. La cosa non mi turba più di tanto.
Afferro arco e frecce e mi allontano a mia volta.
Quando più di due ore dopo Derek mi raggiunge sono nel folto del bosco e sto ancora tirando contro un albero.
-Quanto tempo, Rolf- lo interpello, sottolineando il nome falso.
Lui ghigna, scanzonato. -Non so se ti ricordi, ma figlio di un ufficiale nero e territorio bianco non vanno molto d'accordo. Dovrò pur tutelarmi.
E la tua scusa qual è, Aracs?-
Non c'è nessuno che mi guarda, qui. Non devo trattenermi.
-Sii gentile- dico, e la mia voce sembra uno dei ringhio più gutturali di Ashton. -Non chiamarmi mai più così.-
-Come vuoi- risponde lui, senza scomporsi minimamente, e scrolla le spalle. -Piuttosto, notizie del lupacchiotto?-
-Non ancora- sono costretto ad ammettere, con uno sbuffo frustrato. Sto iniziando a preoccuparmi davvero -Ma sicuramente, presto...-
Un frusciare di rami mi fa interrompere e voltare di scatto.
Per un attimo vedo solo il pelo nero del mio lupo, e il sollievo o mi avvolge.
-Ashton!- esclamo, con un sorriso.
Alexander. La sua voce mi arriva nella lingua che solo io posso comprendere, affrettata, ansiosa. Devi aiutarla. Curala.
Ashton, sto bene. Giunge un'altra voce, più bassa e melodiosa. E decisamente femminile. Ti preoccupi troppo.
È solo allora che abbasso gli occhi e la vedo.
Non so come ho fatto a non averla notata prima, probabilmente era il sollievo per vedere il mio partner sano e salvo.
Non stai bene, la tua zampa si è infettata. Devi essere curata. Insiste lui, intanto.
La lupa bianca, non più cucciola ormai, anche se non ancora adulta,sospira, poi geme piano e si lecca la zampa ferita. Infine alza lo sguardo su di me.
Ciao Alexander mi saluta, dolcemente, il muso aperto in un sorriso lupesco.
Deglutisco una volta sola. -Ciao Nive-

Wolf's Knights - The Black Wolf        (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora