2. The day it all began

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Lydia era stravolta, quella mattina. Non aveva chiuso occhio per i due giorni precedenti e la mancanza di sonno cominciava a farsi sentire.

Cerchi violastri le contornavano gli occhi, facendo risaltare il colore verde delle iridi in un modo quasi innaturale. I capelli erano sporchi, spettinati, pieni di nodi; mi sembravano anche leggermente sbiaditi, rispetto al solito biondo fragola che la contraddistingueva. Lo sguardo era spento, assente, perso. L'avevo osservata trascinarsi in giro per casa per giorni, ciondolando senza una meta precisa.

Non aveva proprio voglia di alzarsi, quella mattina; era palese. Sarebbe rimasta volentieri a letto e si vedeva lontano un chilometro. Avrebbe di gran lunga preferito restare sotto le coperte viola — portandosele fin sopra la testa e nascondendocisi sotto — ed evitare tutti gli impegni di quel giorno. Ma no, non poteva: era il giorno degli addii.

Gli altri l'avevano ripresa più volte, quando aveva detto questo. «Non è un addio, Lydia» ripetevano sempre, nello stesso tono accomodante. «È un arrivederci. Torneremo presto, lo sai.»

Ma lei non gli credeva. Non gli credeva nemmeno per un istante. Si era convinta del fatto che presto avrebbe perso anche loro e, invece di implorarli di restare, si arrabbiò con loro; si arrabbiò perché la stavano abbandonando.

«Andiamo, Lydia» la chiamò Kira, scuotendola appena. «Devi alzarti.»
Lei mugolò qualcosa di indistinto in risposta, girandosi dall'altra parte e attirando meglio a sé il lenzuolo.
«Non puoi restare qui per sempre» borbottò la kitsune, passandosi una mano tra i capelli, esasperata. A ripensarci mi viene quasi da ridere.

«Posso» disse lei perentoria, sbadigliando appena.
«Devi salutare gli altri» tentò ancora la mora, sperando di convincerla. Lydia, però, non rispose.
«Non fare così» l'ammonì. «Non puoi odiarci per il resto della tua vita.»
«Non vi odio» rispose.
«Ma sei arrabbiata con noi.»
«Certo che lo sono.»

«E perché?» sbottò Kira, allargando teatralmente le braccia. «Sai che puoi venire con noi.»
«Io non voglio venire con voi» disse, enfatizzando per bene la sua frase.
La giapponese sbuffò ancora. «Senti, io... io vado da Scott.»

Detto questo rivolse un ultimo sguardo alla rossa rannicchiata sul letto e girò i tacchi, uscendo dalla  stanza e scendendo in fretta le scale, mangiucchiandosi appena le unghie. Senza perdere tempo si diresse in giardino, dove la macchina di Derek occupava il vialetto ordinato. Il suo ragazzo era appoggiato a questa, con le braccia incrociate sul petto.

«Allora?» le chiese, notandola mentre gli andava incontro. Lei scosse la testa. «Niente da fare.»
Scott sospirò, guardandosi intorno. «Non ho mai conosciuto una ragazza così testarda» disse. «Vado a parlarle io.»
«Buona fortuna» scherzò lei, mentre lo osservava entrare in casa.

Quando arrivò nella camera di Lydia, lei non si era mossa neanche di un centimetro e, nonostante l'avesse sentito entrare, non aveva fatto una piega.

«Ehi» sussurrò, sedendosi sulla parte vuota del letto. Nessuna risposta.
«Ho pensato che forse avrei avuto più fortuna di Kira» tentò, grattandosi la nuca. Era visibilmente in difficoltà.

«Sprecate il vostro tempo» sputò lei, impassibile, «Perché non salite in macchina e non ve ne andate? Non è questo il piano?»
«Sai che non è così» la interruppe subito lui. «Sei tu che non vuoi venire.»

Lei, finalmente, si girò e lo guardò negli occhi duramente, mettendosi a sedere. «Tu come fai, Scott?» gli chiese, forse fin troppo dura. «Eh? Ti prego, dimmi come fai. Perché io non riesco a capirlo.»

«Di cosa parli?» rispose lui, confuso come non mai. La banshee non interruppe nemmeno per un istante il contatto visivo.
«Come fai a stare così bene da poterti permettere di partire per una missione potenzialmente suicida?» spiegò, senza sforzarsi di sembrare gentile. «Dio, Scott. Un mese fa Allison è morta e il tuo migliore amico è scomparso per sempre. Come diavolo fai?»

L'Alpha si aggrappò con rabbia alle lenzuola, ferito dalle sue parole, ma lei non lo notò. «Abbiamo due modi diversi di reagire al dolore, suppongo» disse, conciso e sicuro, senza guardarla. Ma a lei non bastò.
«Questo non risponde alla mia domanda» gli fece notare, stringendo la labbra.

Lui tirò un pugno al materasso e la guardò. Gli occhi erano rossi. «Cosa vuoi sapere, Lydia?» urlò. «Vuoi che ti dica che non c'è niente da fare, che tutto è perduto? Vuoi sentire questo

Lei ammutolì e si limitò a fissarlo. «Io sono l'Alpha, non posso arrendermi. Non posso e non voglio» continuò. «Io ho ancora speranza, Lydia, e l'avrò finché non smetterò di respirare. Forse c'è ancora qualcosa che possiamo fare, e io ho intenzione di scoprirlo. Non possiamo cedere così, non possiamo smettere di lottare.»

La fissò negli occhi in silenzio per un attimo, respirando affannosamente.
Doveva calmarsi. Lentamente gli occhi tornarono del solito color cioccolato e i pugni si rilassarono. «Non possiamo cedere così» ripeté.

«Io non ce la faccio, Scott» confessò lei, con gli occhi improvvisamente pieni di lacrime. «Io non riesco ad avere speranza come voi. Non adesso, non più.»

«Allora aspettaci» rispose, con fare da leader, gonfiando il petto. «Aspettaci e vedrai che quando torneremo tutto tornerà a posto.»
Lydia annuì, mentre una lacrima le solcava la guancia rosea. Scott le accarezzò una mano. «Te lo prometto» bisbigliò.

Poi si spinse in avanti e l'abbracciò, accarezzandole la schiena e attirandola a sé. Lei gli bagnò la maglietta con le lacrime che non riusciva più a trattenere, ma a lui, a quanto pare, non importava. Le sfiorò i capelli, lasciando che si sfogasse. Ne aveva passate tante.

Tutto ad un tratto, però, l'assordante rumore di un clacson rovinò quel momento così schifosamente dolce. I due ragazzi si separarono, consapevoli del fatto che fosse arrivato il momento dei saluti.

Scott le diede un piccolo bacio sulla guancia, alzandosi. Lei lo afferrò per un polso e l'obbligò a voltarsi di nuovo verso di lei. «State attenti» disse. «Non posso perdere anche voi.»

Il lupo, spontaneamente, sorrise, anche se amaramente. «Non ci accadrà nulla.»

«Tu vedi di badare a te stessa» aggiunse poi, «E chiamaci se succede qualcosa.»
Lydia annuì. «Qualsiasi cosa» specificò. «Chiamaci e torneremo indietro.»

«Tranquillo» lo rassicurò, guardando in basso per un istante. «Non ce ne sarà bisogno. Il nogitsune non si è più fatto vedere, sono al sicuro.»

Scott, giustamente, non si sentì affatto meno preoccupato, dopo aver sentito quelle parole. «Lo spero» disse soltanto, sorridendole forzatamente per l'ultima volta prima di andarsene.

Lydia, incapace di resistere ancora, affondò la testa nel cuscino e si abbandonò ad un pianto liberatorio, gridando disperata. Ma nessuno la sentì, e nessuno venne a salvarla.

Pregò affinché tutto andasse bene e sperò che quello che aveva appena detto a Scott fosse vero.
Ma io sapevo che non era così.

Haunted | Teen Wolf - StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora