Ho inserito tra i media il video di una canzone. È una cover di "Crazy in love" di Beyoncé ed è la canzone che ho ascoltato mentre scrivevo il capitolo. Se vi va, mettetela come "colonna sonora".
«Ehi» sussurrai, alzandomi dal letto. Lei, istintivamente, indietreggiò.
«Che cosa ci fai qui?» domandò subito guardandosi intorno, come a cercare una via di fuga.Non puoi scappare, Lydia, pensai. Non puoi fuggire da me.
«Volevo vederti» risposi, sollevando le sopracciglia con fare ovvio. «Non ti mancavo?»
«Sei stato qui ieri» replicò immediatamente, dura. «Non ti basta?»Una fredda folata di vento la colpì in pieno, facendo svolazzare le tende chiare. Rabbrividì e si strinse nelle spalle, sfregandosi le braccia con le mani per scaldarsi.
Mi voltai e, lentamente, mi avvicinai alla finestra aperta alle mie spalle. La chiusi — muovendomi quasi a rallentatore — e ritornai di fronte a lei.
«No» dichiarai, riprendendo il discorso che si era interrotto qualche istante prima. «Non mi basta affatto.»
Lei mi guardò negli occhi per un secondo, cercando di scorgere qualcosa di indefinito nel mio sguardo. Poi, prendendo un respiro più profondo del solito, disse: «Tu sei malato.»
Risi, accarezzando con lo sguardo il suo corpo seminudo. Lei fece un altro passo indietro. «Sono sano di mente quanto te.»
Lydia osservò per qualche istante la scia di gocce che i suoi capelli bagnati avevano lasciato sul pavimento. Ascoltò per un paio di secondi il ticchettio dell'acqua che cadeva sul parquet, regolare e deciso. E, in quel momento, si accorse di una cosa: le voci erano scomparse.
Sollevò lo sguardo sul mio viso. «Che cosa te lo fa pensare?»
Mossi un passo verso di lei, lento e misurato. La rossa strinse con più forza l'asciugamano bianco che la copriva fino a metà coscia.Mi fermai. «Non lo neghi, quindi» constatai, con un ghigno dipinto sulle labbra. Lei non rispose.
«Sei una banshee, dopotutto» continuai, «e - si sa - chiunque andrebbe fuori di testa se fosse costretto ad essere circondato da morte e dolore.»Inarcò un sopracciglio. «Come te?»
Annuii appena, sorridendo. «Come me» risposi. «Vedi? Siamo più simili di quel che credevi.»Mi guardò con disgusto, squadrandomi dalla testa ai piedi. «Non lo siamo affatto» sputò. «Io non sono pazza come te. Non lo sono.»
Allargai le braccia. «Oh, certo, chiedo scusa» scherzai, con un tono ironico e pungente. «Sognare di essere bruciati vivi fa sicuramente parte di quel genere di cose che tutti hanno fatto almeno una volta nella vita, no?»
Lydia si bloccò immediatamente, smettendo di arretrare. Il suo cuore cominciò a battere sempre più forte e il respiro le si mozzò quasi all'istante. Puntò i suoi occhi verdi nei miei e, per una decina di secondi, mi osservò in silenzio, cercando di metabolizzare le mie parole.
Poi si decise a parlare. «Come fai a saperlo?» chiese, tentando di non sembrare spaventata. Ma, in realtà, era terrorizzata.
«Così come sentire nella propria testa il rumore di una freccia che fende l'aria» continuai, fischiando lievemente e muovendomi ancora verso di lei, che non si mosse neanche di un millimetro.
«Come fai a saperlo?» ripeté, alzando notevolmente il tono della voce.
«Per poi finire ad imbrattare il proprio quaderno con disegni di — guarda caso — frecce.»
«Come fai a sapere queste cose?!"» urlò, fregandosi del fatto che fossero le sei di mattina.
«Vogliamo parlare di quando hai sentito il nome di Isaac? Dio, stavo quasi male per te» proseguii, appoggiandomi teatralmente una mano sul petto e ritrovandomi ormai a una cinquantina di centimetri dal suo volto.
«E credi che non sappia di tutte le volte in cui hai piagnucolato per la morte di Stiles? "Mi manchi Stiles, torna da me", "ho bisogno di te»", "avevi promesso che non mi avresti abbandonata"» la imitai, fingendo una fastidiosissima vocetta stridula.
Lei era rossa di rabbia. Potevo vedere chiaramente nei suoi occhi tutto l'odio che provava nei miei confronti. «Andiamo, Lydia. Sai che non tornerà.»
Non resistette più.
Con uno slancio mi venne incontro, annullando l'ormai poca distanza che ci separava.
«Come diavolo fai a sapere tutto questo?» gridò, con gli occhi lucidi.Alzò la mano destra e fece per tirarmi uno schiaffo, mentre con l'altra cercava di spingermi via. Io, però, fui più veloce: le afferrai entrambi i polsi senza sforzo e la immobilizzai immediatamente, attirandola a me fino a quando i nostri petti non si toccarono.
Per qualche istante si ribellò e cercò di liberarsi, urlandomi insulti. Poi, però, capì che era inutile. Si fermò e, respirando affannosamente, mi guardò negli occhi.
Mi avvicinai ancora a lei, fino a sfiorare la punta del suo naso.
«Sai già la risposta» soffiai sul suo viso, facendola rabbrividire.Lydia scosse la testa freneticamente, mentre una lacrima solitaria le solcava la guancia. Io, in risposta, annuii, con un sorrisetto sul viso.
«Riesco a sentire tutto quello che provi» le sussurrai all'orecchio. «Ogni sensazione, ogni pensiero, ogni voce.»
Lei scosse ancora la testa, serrando con forza le palpebre. «Non è possibile.»
Sorrisi, lasciandole un lieve bacio sul collo. «Sì, Lydia» sussurrai. «Lo è.»Una sua lacrima mi bagnò la guancia. «Posso sentire anche quello che stai provando adesso» continuai, lasciando andare i suoi polsi. Lei non si mosse. Le accarezzai lentamente il viso, scendendo verso le spalle. Le scostai alcune ciocche di capelli bagnati, portandogliele dietro all'orecchio.
«Hai paura, certo» bisbigliai. «Sei terrorizzata e vorresti urlare. Ma c'è dell'altro.»
Il suo cuore perse un battito, mentre le mie dita si avvicinavano lentamente all'orlo dell'asciugamano candido.
«Che cos'è, Lydia?» chiesi in un sussurro, lanciandole una veloce occhiata. «Il tuo cuore batte così forte...» constatai, appoggiandole una mano sul petto ancora coperto. «Non essere così agitata.»
Le sue gambe tremarono, minacciando di farla cadere. L'afferrai prontamente, appoggiando una mano sul suo fianco e una sotto al suo braccio destro. Lei mi guardò negli occhi; un'espressione che non le avevo mai visto addosso regnava sul suo viso.
Le accarezzai la parte alta della schiena, giocherellando con i capelli ancora fradici. Mi spostai sempre più in basso, senza fretta, finché l'asciugamano non cadde a terra in un colpo solo, con un rumore che parve quasi assordante in mezzo a tutto quel silenzio.
Sentì l'impulso di chiudere ancora gli occhi, ma era così spaventata che non riuscì a fare neanche quello. Stava tremando come una foglia.
Continuai a far scorrere delicatamente le mie mani sul suo corpo fragile e delicato, arrivando fino ai suoi fianchi e tornando su, all'altezza del viso, per poi scendere verso il collo e ricominciare tutto da capo.
Il mio sguardo, però, rimase sempre puntato sulle sue iridi verdi; non lo distolsi neanche una volta. Lei mi fissava immobile.
Infine le sorrisi, accarezzandole le braccia.
«Non devi essere spaventata» le dissi ancora, avvicinandomi alla sua bocca. «Sai che non ti farei mai del male.»Poi poggiai le mie labbra sulle sue — le sfiorai appena — e le diedi un leggerissimo bacio. Lei chiuse gli occhi.
Li riaprì soltanto una volta che mi fui separato da lei, e rimase sorpresa quando non mi vide più. Ero scomparso; di nuovo.
Rabbrividì. Ma questa volta fu diverso.
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Haunted | Teen Wolf - Stydia
Fanfiction❝My thoughts were destroying me. I tried not to think. But the silence, oh god the silence, that was a killer too.❞ Uno. Un cuore che batte sempre più forte. Due. Passi incerti sulla moquette. Tre. Dita che picchiettano su un mobile. Quattro. Un...