12. Our little secret

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Dopo due lunghissime ore passate a fissare il muro in silenzio, sperando che non accadesse nulla, il telefono fisso interruppe il flusso continuo dei suoi pensieri, squillando rumorosamente.

Era sola, in casa, ma era più che certa di aver sentito una ventata d'aria gelida alla sue spalle, all'altezza del collo, nonostante ci fosse la parete bianca contro cui era appoggiata a proteggerla.

Si alzò quindi da terra, raccogliendosi i capelli in una coda disordinata; scese le scale, velocemente, chiedendosi chi diavolo potesse essere a quell'ora.

Non chiama mai nessuno, di solito, pensò.

Afferrò il cordless e se lo portò frettolosamente all'orecchio.
«Pronto?»
«Lydia?» rispose la voce all'altro capo del telefono. «Grazie a Dio, ho sbagliato numero tre volte.»
«Grace?» la riconobbe la ragazza, ridendo.
«Proprio io» affermò. «Volevo solo dirti che dovrei arrivare da te tra pochissimo, il tempo di uscire da casa. Una decina di minuti, diciamo. Va bene?»
Lydia annuì senza neanche rendersene conto. «Certo» disse. «Ti aspetto.»

Poi riattaccò e si andò a sedere sul divano, respirando a pieni polmoni nel tentativo di calmarsi.
Al telefono era stato facile fingere che non fosse successo nulla, ma nella realtà – faccia a faccia e per un pomeriggio intero, anziché per pochi minuti – la faccenda sarebbe stata mille volte più complicata.

Decise perciò di andare in bagno a sciacquarsi la faccia con dell'acqua fredda, coprendo poi gli occhi gonfi con del trucco. Il risultato non era certo perfetto, ma poteva andare.

Si stava silenziosamente guardando allo specchio — fissando le iridi vuote —, quando il campanello suonò. Diede un'occhiata all'orario sullo schermo del telefono. Perfettamente in orario.

Camminò fino alla porta d'ingresso e, prendendo un ultimo secondo per tranquillizzarsi e per mettere su il suo miglior sorriso, l'aprì. Grace le saltò praticamente addosso, abbracciandola.

«Ehi» esclamò da sopra la sua spalla. «Grazie ancora per aver accettato di aiutarmi.»
Lydia ricambiò la stretta. «Devi smetterla di ringraziarmi.»
Grace ridacchiò allegramente e la rossa la invitò ad entrare.
Salirono le scale e arrivarono nella sua camera, dove la nuova arrivata si sedette sul letto.

Lydia cercò con lo sguardo la borsa che qualche ora prima aveva lanciato sul pavimento. Quando la vide, però, si sentì mancare: il disegno del lupo era ancora lì, a un metro scarso di distanza dai suoi piedi.

L'aveva osservato per un tempo interminabile e — nonostante questo — non era riuscita a capire perché l'avesse disegnato. Sapeva soltanto che, per una banshee, non era certamente un buon segno; specialmente se quasi tutti i tuoi amici sono licantropi.
Sperò soltanto che fosse un caso, che non fosse altro che un semplice disegno. Non sapeva cosa avrebbe fatto se qualcun altro si fosse fatto del male; non riusciva nemmeno a pensarci.

Scosse la testa con convinzione, cercando — inutilmente — di scacciare tutti quei brutti presentimenti dalla sua mente. Gettò quindi il disegno sulla scrivania e afferrò il quaderno di matematica, andandosi a sedere di fronte alla nuova arrivata.

«Allora» balbettò, mentre sfogliava distrattamente le pagine. «Cosa non hai capito?»
Grace abbassò lo sguardo sul lenzuolo celeste. «Mmh...» tentennò. «Più o meno tutto.»

Lydia sospirò, guardandola negli occhi. «Vuoto totale?»
«Vuoto totale» confermò, ricambiando lo sguardo. La rossa ricominciò a leggere qualcosa sul quaderno ordinato, tentando inutilmente di non tremare. Grace se ne accorse.

«Beh, direi che potrei... potrei mandarti q-questi app-»
«Lydia» la interruppe subito, serissima, «cos'è successo?».
Lydia non la guardò. «N-niente, io...» continuò, bloccandosi però a metà frase e cominciando a fissare il muro alle spalle di Grace – intravedendo, in maniera impercettibile, una sagoma ricamata nel bianco dell'intonaco.

La più alta si sporse leggermente in avanti e le sventolò una mano davanti alla faccia.
«Lydia?» la chiamò a gran voce, facendosi sempre più vicina. L'afferrò per le spalle – per l'ennesima volta – e cercò di attirare la sua attenzione. «Lydia? Dio santo...» imprecò. Gli occhi della rossa, nonostante fossero ancora fissi nel vuoto, si inumidirono appena.

«Lydia!» urlò allora, non capendo cosa diavolo stesse succedendo. Lei, finalmente, fece saettare lo sguardo sull'amica e dischiuse appena la bocca, cercando di dire qualcosa.
«Ehi, ehi» la tranquillizzò, prendendole il viso tra le mani. «È tutto a posto.»

Lydia riuscì soltanto a scuotere la testa, mentre alcune lacrime le rigavano le guance bollenti. Grace si guardò velocemente intorno e vide una scatola di fazzoletti sul comodino. Si allungò, ne prese uno e le asciugò con delicatezza il viso.

«Va tutto bene» bisbigliò, afferrandole una mano. La banshee cercò di sorriderle, con scarsi risultati.
«Che cosa succede?» le chiese ancora, dolcemente, con un tono di voce estremamente calmo.

Lydia la guardò negli occhi per qualche istante, indecisa sul da farsi. Poi la sua espressione si addolcì e prese una lunga boccata d'aria, formulando mentalmente il discorso che le avrebbe fatto.

Non posso più tenermi tutto dentro, pensò. Non più. Anche se non capirà nulla di quello che le dirò.

Quando fece per parlare, però, capii che era arrivato il momento di intervenire.
Non potevo permettere che altre persone venissero a conoscenza del nostro piccolo segreto: me l'avrebbero portata via. E io poi avrei dovuto ucciderli tutti, dal primo all'ultimo. Di nuovo.

Cercai quindi di farmi notare da lei. Ero di qualche metro dietro a quella Grace da un po', ormai, nascosto malamente dietro a un angolo, ma lei — nel suo stato di semi-shock — non mi aveva ancora visto.

Feci quindi un silenzioso passo in avanti nel momento in cui la sua amica si spostò leggermente verso destra, e le sorrisi come solo io sapevo fare. Lei, se possibile, si irrigidì ancora più di prima.

Le parole le morirono in gola, tutti i suoi pensieri si affievolirono fino a sparire e le lacrime nei suoi occhi aumentarono. Non parlai: avrei attirato anche l'attenzione di Grace.

Mi limitai soltanto a portarmi un dito alle labbra, facendole segno di stare zitta.
«Non dirlo a nessuno» mimai, osservandola mentre deglutiva nervosamente e annuiva in una maniera quasi impercettibile.
La prese come una minaccia, suppongo. E lo era davvero; anche se solo dopo scoprì fino a che punto potessi arrivare.

«Lydia?» la chiamò ancora.
«I-io...» cominciò. Scossi la testa.
«Non è niente» disse poi, sorridendole forzatamente. «Sto solo attraversando un brutto periodo. Scuola, amici, mia madre. È... complicato

Dall'espressione di Grace si capiva chiaramente che non credeva a una singola parola uscita dalla sua bocca, ma, vedendola così in difficoltà, preferì – almeno per il momento – lasciar perdere.

Lydia colse la palla al balzo e cercò di sviare la conversazione su un altro argomento, seppur con qualche difficoltà.
«Come... come mai non sei venuta a scuola per un mese intero?» domandò, senza preoccuparsi di sembrare invadente.

Grace, di fronte a lei, si rabbuiò e una strana luce le attraversò lo sguardo. «Non mi crederesti se te lo dicessi.»
«Fidati» replicò Lydia. «Ormai nulla può sorprendermi.»

Haunted | Teen Wolf - StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora