11. Try to keep this one alive

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Quella notte non chiuse occhio neanche per un minuto.
Continuava a vedermi, a sentirmi, a percepirmi affianco a lei, a immaginare il mio tocco sulla sua pelle, le mie dita fra i suoi capelli. Più volte si svegliò urlando, sudata e con il respiro che quasi le mancava. Poi si guardava attorno per qualche secondo, scrutando l'oscurità in cerca di un qualche dettaglio fuori posto: i miei occhi, il rumore del mio respiro, il mio sorriso. Ma non vide mai nulla di tutto ciò.

Credeva che sua madre non l'avesse sentita, durante la notte, e per questo non si aspettava che entrasse in camera sua pochi minuti dopo il suono della sveglia.
«Tutto bene?» le chiese, con un sorrisetto che né io né lei riuscimmo a decifrare.
Lydia distolse lo sguardo dal soffitto. «Sì» rispose, secca, senza guardarla veramente.

Natalie si morse un labbro, facendo un passo in avanti. «Ti ho sentito urlare, stanotte.»
La rossa puntò gli occhi in quelli della madre con durezza, facendola rabbrividire. «Solo un incubo» tagliò corto.

«Ne sei certa?» tentò ancora. «Non sembrava fosse s-»
«Solo un incubo» ripeté, interrompendola, con quel tono di voce che non ammetteva repliche che aveva imparato proprio da lei. La signora Martin si osservò le unghie delle mani per qualche istante, in silenzio. Poi abbozzò un sorriso.

«D'accordo» disse, come se ormai non le importasse più. «Hai bisogno di un passaggio per andare a scuola?»
«No» sentenziò la figlia, mentre aspettava che sua madre la lasciasse finalmente sola.

Natalie non tardò ad accontentarla: qualche istante dopo appoggiò la mano sulla fredda maniglia e, rivolgendo un ultimo sguardo confuso alla bionda fragola, uscì dalla stanza senza emettere un fiato. Lydia era impaziente di riportare la sua attenzione al monotono soffitto bianco, ma il movimento della porta la distrasse. La osservò con attenzione mentre sua madre se la chiudeva alle spalle con cautela, quasi a rallentatore.

Sentì un rumore: una risata.
Il sangue le gelò nelle vene e, incapace di muoversi, deglutì nervosamente.

C'è qualcuno dietro alla porta, pensò. Si è nascosto lì dietro.

E in effetti aveva ragione, perché io ero davvero lì. Dovetti, però, aspettare che la porta in legno fosse completamente chiusa per riuscire a vederla, per potermi beare della sua espressione così terrorizzata.

Le sorrisi. «Sorpresa» bisbigliai, avvicinandomi di un passo. Lei indietreggiò impercettibilmente.
«Hai fatto degli incubi, stanotte?» le domandai, scrutandola.

Lei era perfettamente a conoscenza del fatto che io sapessi già — per un motivo che non riusciva a spiegarsi — cosa avesse sognato quella notte; perciò, ancora una volta, non si mosse.

Scossi la testa. «Avresti dovuto raccontarlo a tua madre, Lydia» la rimproverai. Una lacrima le bagnò la guancia. Una mano cominciò a tremare. «Non dovresti mentire alle persone che ti vogliono bene.»

***

«Lydia?»
Grace le scosse il braccio, chiamandola sottovoce. «Lydia?» ripeté.

La banshee, però, non la notò; così come non aveva notato nulla durante tutta l'ora di matematica. Ma, d'altro canto, nessuno — tranne Grace — si era accorto di lei.

Per tutto quel tempo aveva soltanto scarabocchiato distrattamente sul quaderno senza pensare a nulla, cercando almeno per una volta di non vivere nell'angoscia. Ma appena si fermava tutti i suoi pensieri le crollavano di nuovo addosso, mozzandole il respiro e annebbiandole la vista.

Haunted | Teen Wolf - StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora