3. Hallucinating

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«Sei paranoica.»

È questo che Kira le aveva detto il giorno prima al telefono, quando Lydia le aveva confessato che aveva davvero un brutto presentimento.

«È soltanto perché non vuoi tornare a scuola» aveva risposto. «Ma devi farlo. Non puoi continuare a scappare.»

Lydia, benché fosse consapevole del fatto che l'amica non poteva vederla, aveva annuito sommessamente, abbassando lo sguardo. Poi aveva riattaccato e si era messa a letto, ripetendosi sottovoce le sue parole. Non puoi continuare a scappare.

Una volta arrivata a scuola, però, la morsa che da giorni le attanagliava lo stomaco si fece sentire prepotentemente, mozzandole il fiato. Rimase ferma nel corridoio, immobile, come se stesse avendo una delle sue visioni da banshee. In realtà aveva solo paura. O era solo paranoica, dipende dai punti di vista.

Non si mosse per quelle che parvero ore. I ragazzi che passavano di fianco a lei la guardavano confusi, domandandosi perché Lydia Martin — la ragazza che solo fino a un anno prima era così popolare da essere conosciuta da chiunque — sembrasse definitivamente impazzita.

Quando se ne accorse, la rossa tentò di ricomporsi, raddrizzando la schiena e cominciando a camminare a passo spedito, diretta verso la classe di storia. Doveva sbrigarsi: era quasi in ritardo.

Una cosa fuori posto, però, attirò la sua attenzione all'improvviso. Si bloccò in mezzo a tutti, scrutando la folla attorno a lei. Molti studenti le finirono addosso, spintonandola. Lei, però, nonostante questo, riuscì a scorgere distrattamente quel sorrisetto impertinente e quel paio di occhi nocciola che conosceva a memoria e, inizialmente, non capì nemmeno cosa stesse succedendo.

Sapeva che c'era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non quadrava, ma non riusciva a individuare il tassello che mancava al puzzle.

Poi lo vide con più chiarezza. Gli stessi capelli scuri e spettinati, lo stesso naso rivolto all'insù, la stessa scintilla nello sguardo. Capì che era lui; almeno all'apparenza. Quando questo accadde, però, lui era già scomparso tra la folla di studenti, così com'era arrivato.
Scomparso nel nulla.

«Me lo sarò immaginato» borbottò sottovoce, stringendo con forza i libri al petto.

Sentì il suo cuore battere troppo in fretta e si guardò intorno disperata, in cerca di un viso amico. Solo dopo realizzò che, ormai, a Beacon Hills non era rimasto più nessuno di cui le importasse veramente; se n'erano andati tutti via o erano morti.

Questo pensiero — ovviamente — non la tranquillizzò affatto.

Cominciò a respirare a pieni polmoni, accorgendosi solo in quell'istante di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo.

Inspira, espira. Inspira, espira.

Cercò di pensare alle cose belle che le restavano. Al suo cane, a sua madre, ai suoi amici che sperava sarebbero tornati presto da lei.

Inspira, espira. Inspira, espira.

Pensò ai buoni voti che aveva a scuola, a quel ragazzo che a chimica l'aveva guardata sorridendo, al nuovo vestito che le avevano regalato qualche giorno prima.

Inspira, espira. Inspira, espira.

Contro ogni previsione, dopo qualche minuto riuscì a tranquillizzarsi. Il battito cardiaco, seppur ancora un po' troppo veloce, ritornò normale e gli occhi smisero di pizzicare.

Ma come faccio io a sapere tutto questo?
Lo so perché la vidi. E la sentii, soprattutto; sentii tutto, a partire dai suoi pensieri fino al suo respiro accelerato. In particolare, percepii il vuoto che pian piano le si era creato all'altezza del petto, facendosi spazio silenziosamente, e che non l'avrebbe più abbandonata completamente.

***

Quando lo vide di nuovo era nel campetto della scuola. Lydia stava correndo lentamente insieme ai suoi compagni, senza preoccuparsi minimamente della sua velocità. Non era una gara, e in ogni caso non le sarebbe importato di vincere; aveva ben altro per la testa.
Era di fianco a una ragazza del suo corso di matematica quando lo notò.

Era lontano da lei, forse trenta o quaranta metri, ma lei lo riconobbe lo stesso. Questa volta, però, non era lui, e lo capì quasi subito.

La sua testa era leggermente inclinata verso destra; le mani erano dietro la schiena, strette tra loro; gli occhi erano iniettati di sangue; sulle labbra, al posto del solito sorrisetto malizioso e leggermente impacciato, era dipinto un ghigno malefico, malato.

Ebbe paura, perché sapeva che quel ragazzo che la stava fissando non era Stiles, nonostante ne avesse l'aspetto. Era tutto il contrario. Era un mostro. Era il suo incubo.

Si agitò ancora. Tutto cominciò a girare vorticosamente. Le voci degli altri studenti si fecero sempre più ovattate e si sentì mancare improvvisamente.

Cadde; sbatté con le mani contro il terreno e lo vide a qualche centimetro dalla sua faccia; si sporcò i vestiti e si sbucciò un ginocchio, ma quasi non se ne accorse. Continuava a fissarlo; lo fissava e basta.

«Lydia, stai bene?»
Una mano si posò sulla sua schiena e un'altra la afferrò per un braccio, aiutandola ad alzarsi.

«Lydia?»
Girò la testa verso la voce e vide la ragazza che poco prima stava correndo affianco a lei. In quel momento non si ricordava neanche il suo nome.

«Stai bene?» ripeté. Lydia annuì appena, rivolgendo di nuovo lo sguardo al punto in cui, fino a un istante prima, c'era lui. Ma era scomparso. Ancora.

***

«Sono solo allucinazioni» si disse sottovoce, mentre camminava verso casa. «Solo allucinazioni. Non sono pazza. Sono solo allucinazioni

In realtà, le persone che la sentirono ripetere continuamente questa frase — come fosse un mantra — la presero davvero per pazza. Si allontanavano lentamente da lei, per paura di una sua reazione, e Lydia, ingenuamente, non riusciva a capire perché lo facessero.

Non pensò neanche per un istante che potesse essere perché avevano paura di lei, perché lei stessa era quella terrorizzata, lì in mezzo. Lei sola aveva il diritto a essere spaventata, nella sua testa.
Credeva fosse soltanto colpa della sua mente che le giocava brutti scherzi.

Si, è sicuramente così, si diceva. Ho dormito poco e non ho mangiato nulla oggi. E sono stressata. È per questo che lo vedo. Sì, solo per questo. Non è veramente qui.

Percorse a grandi falcate il giardino, sicura che una volta arrivata in casa sarebbe stata al sicuro. Ma al sicuro da chi, Lydia? Da te stessa?, pensò. Il sangue le gelò nelle vene, ma continuò comunque a camminare.

Era così impegnata a ripetersi per la millesima volta sono solo allucinazioni che neanche si accorse che lui era lì, comodamente appoggiato al muro di casa sua. E la stava guardando.

Haunted | Teen Wolf - StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora