22. Attracted to me - New Scenes!

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Era rimasta seduta sul suo letto per ore, ormai.
Non si era mossa di un solo centimetro: continuava a mantenere la stessa esatta posizione — con le mani strette in grembo, la schiena diritta e lo sguardo puntato prima sulla porta e poi sulla finestra —, immobile. Sembrava non stesse neanche respirando.
Era in attesa. E io sapevo esattamente che cosa stesse aspettando: me.

Avevo sentito tutta la conversazione con Grace, dalla prima all'ultima parola. Ero sempre stato lì, non l'avevo mai abbandonata. Ma, per tutto quel tempo, ero rimasto semplicemente in disparte. Sapevo che prima o poi sarei dovuto uscire allo scoperto e, soprattutto, che avrei dovuto parlarle.

Non sarebbe stata una discussione facile — i suoi pensieri erano tutt'altro che tranquilli — ed era palese; perciò, finché mi fu possibile, posticipai la mia entrata in scena.

Ma presto arrivò il tramonto e poi la notte, fino a quando tutti quanti — sua madre, i suoi vicini, l'intera città — erano ormai caduti in un sonno profondo. E lei era ancora lì, come una statua, impassibile.

Fu il silenzio che ci circondava a farmi capire che non potevo più sfuggire a quella situazione.

«Mi stavi aspettando, dolcezza?»
Si voltò verso di me con uno scatto; quindi mi avvicinai lentamente a lei e — passo dopo passo — la studiai con cura: gli occhi, arrossati e stanchi, faticavano a restare aperti, mentre sul suo viso si intravedeva tutta la sua impazienza.

«Non chiamarmi dolcezza» ringhiò, squadrandomi dalla testa ai piedi con un certo disgusto.
Mi bloccai. «Io ti chiamo come voglio» ribattei. «Dolcezza.»

Lydia alzò gli occhi al soffitto, rassegnata e tremendamente infastidita. Poi riportò la sua attenzione su di me.
«Che cosa vuoi da me?» mi chiese, con tutta l'arroganza di cui fosse capace.
«Dritta al punto, eh?» scherzai, ghignando appena.
«Che cosa vuoi davvero?» ripeté, ignorandomi e con un tono di voce molto più deciso di quel che mi aspettassi. Forse eravamo davvero arrivati al punto di rottura.

Piegai la testa da un lato, mettendo su un'espressione da cane bastonato. «Come sei dura con me» piagnucolai.

Lei si alzò e fece un passo in avanti. «Ti ho fatto una domanda» replicò immediatamente.
Mi fissò, in attesa. Non risposi.

Sbuffò rumorosamente — disperata e infuriata come mai l'avevo vista — e si passò una mano tra i capelli mossi e morbidi, spostandoseli dal viso candido.

«Ti ho fatto una domanda» disse ancora, scandendo ogni parola e guardandomi con odio, come se la mia sola presenza le facesse venire la nausea. «Esigo una risposta.»

«Ma come siamo prepotenti oggi» borbottai, ridendo e cercando per la seconda volta di sviare la conversazione. Fu inutile.
«Rispondi!» urlò, arrivando a pochi centimetri da me con uno scatto. Mi puntò un dito sul petto, sfiorando la mia giacca. «Devo avere una risposta.»

La guardai, confuso. «Che c'è, Lydia?» domandai. «La tua amichetta ti ha detto che dovresti reagire? Che dovresti ribellarti
Strabuzzò gli occhi un poco, cercando inutilmente di non darlo a vedere. Ma non riuscì ad ingannarmi.
Sorrisi. «Sai meglio di me che è una pessima idea» le soffiai sul viso, costringendola a chiudere gli occhi per un breve istante.

«Devi smetterla di seguirmi» disse allora, digrignando impercettibilmente i denti e allontanandosi appena da me, «E soprattutto di ascoltare tutte le mie conversazioni.»

Allargai le braccia. «Non so resistere.»
Poi, alzando la testa — nonostante sapessi già la risposta —, le chiesi: «Non hai ancora smesso di vederla, vero?»
«No» rispose, secca. «E non ho la minima intenzione di farlo.»

Haunted | Teen Wolf - StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora