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Uscii dalla camera con indosso una maglietta nera a maniche corte e dei jeans tagliati.

Raggiunsi la cucina e mi diedi subito da fare. Avevo un'ora e mezza e dovevo ancora mangiare. Presi al volo una pentola e la riempii con un po' di acqua. Presi con difficoltà la pasta dal ripiano più alto e sospirai, mettendo la pentola sul fuoco.

Sapevo che era un pranzo leggero ma avevo soltanto bisogno di mettere qualcosa nello stomaco... Comunque non aveva molta fame.

Il pensiero di Garrett mi fece trasalire. Mi chiesi per un momento se avesse appetito ma era logico che si fosse già servito autonomamente.

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Stavo sfogliando alcune riviste sul tavolo della cucina quando sentii dei passi.

Che allegria! Sollevai lo sguardo su Garrett che, come al solito, mi squadrava con uno sguardo misto tra interesse e ilarità.

Sbuffai, riprendendo la lettura. Sicuramente era più interessante che starlo a sentire.

Le sue mani mi sfilarono il settimanale da sotto il naso. Ignorai il fastidio che mi stava invadendo il corpo.

Finalmente l'acqua stava bollendo. Girai il bancone e spezzai la pasta con le mani sopra la pentola e misi sul fuoco in, una pentola differente, il sugo di pomodoro già preparato.

«Mm.. La studentessa sa anche cucinare...» Nonostante fosse una chiara presa in giro, nel suo tono percepii anche della sorpresa.

Cosa pensava? Che ero una ragazza viziata come lui? Sempre peggio!

Lo ignorai deliberatamente — o almeno cercai. Forse se lo ignoravo prima o poi si sarebbe stufato di infastidirmi.

Anche se avevo rivolto tutta la mia attenzione sul mio pranzo, sentivo i suoi occhi studiarmi. Un'ondata di imbarazzo mi travolse. Non mi piaceva essere osservata... Non in quel modo, almeno.

Era come essere messi a nudo.

Lo sentii sedersi di fronte a me — al mio posto. «Ora facciamo la studentessa che non proferisce parola?»

Sbuffai, innervosita. «Cambierebbe qualcosa se mi lasciassi in pace?!» sbottai acida.

Le labbra di Garrett si piegarono in un mezzo sorriso. «Sono convinto che infastidendoti, otterrò qualcosa.»

Mi accigliai. «Come no, Garrett. Sognatelo» dissi semplicemente mettendomi a girare la pasta col cucchiaio di legno.

«Vedremo» sospirò appoggiando il mento sulla mano. Il suo sguardo era ancora su di me.

«La smetti di fissarmi?» abbaiai.

Lui alzò un sopracciglio. «Perché?» Poi la sua espressione interrogativa si tramutò in divertimento. «No, davvero ti dà fastidio essere osservata?»

Sì, eccome!

Annuii, sentendomi una bambina colta in flagrante. Aveva centrato il punto, se era quello il suo scopo.

Restammo in silenzio, finché presi il coraggio di guardarlo negli occhi.

«Hai già mangiato?»

Le sue labbra si chiusero in una sottile linea.

Scosse la testa.

«Davvero?» domandai sorpresa.

Lui annuì, alzandosi e girando il bancone. In un battito di ciglia me lo ritrovai dietro.

Mi scostò una ciocca di capelli che mise dietro al mio orecchio ed appoggiò il mento al mio collo. Il mio corpo si irrigidì.

Aggrottai la fronte. Non aveva mai sentito parlare di "spazio vitale"?

Scelti Dal Destino (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora