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DOUG

Ho bisogno di parlarti.

Guardai accigliata il cellulare riposto su un libro nella mia stanza. Digitai la risposta mordicchiandomi il labbro inferiore.

IO

Certo, quando posso chiamarti?

Diedi una rapida occhiata al portatile e chiusi gli occhi in due fessure. Non mi convinceva questo poster pubblicitario.

Storsi il naso osservando le scritte che avevo improvvisato, rendendomi conto che non mi piacevano affatto.

Provai a cambiare le parole.

" Bloody Cake, la Greenwich-rock-band emergente britannica, vi aspetta a queste date... "

Nah.

Era troppo banale per i miei standard e non capivo perché non riuscissi a farmi venire nulla di interessante in mente. Riuscivo solo a pensare a Garrett. Accidenti!

Continuava a tormentarmi il momento in cui mi aveva detto che mi amava e il petto mi si riempì di desiderio.

Le mie dita passarono sulle labbra e chiusi gli occhi, riportando la mente a quel momento.

La suoneria del mio telefono squillò e per poco non caddi dalla sedia. Il mio sogno erotico era stato frantumato in men che non si dica.

«Sì?» chiesi schiarendomi la voce.

«Potresti raggiungermi vicino alla Ruota Panoramica fra quindici minuti?» Il tono preoccupato di Doug mi fece alzare un sopracciglio.

«Certo» mi affrettai a dire, chiudendo il portatile. Mi alzai e frugai nell'armadio per trovare un abito decente. «Ma per quale ragione vorresti vedermi?»

Era strano che Doug volesse incontrai senza preavviso; non era da lui. 

«Perché ti devo dire una cosa che riguarda me e Martha» La voce era tesa e bassa.

Mi bloccai, sbattendo le ciglia.

Oh, no... Potrebbero essersi —

«No, niente di brutto, Adams, promesso» sottolineò, sospirando.

Estrassi un vestito corto e azzurro con un corpetto in pizzo. «Perfetto. Ti raggiungo fra pochi minuti.»

Lui mi salutò e riappese mentre io abbandonavo il cellulare sulla scrivania e mi ritiravo in bagno.

Uscii dalla camera vestita con tanto di borsa e delle scarpe basse.

Diedi una rapida occhiata alla camera di Garrett e prima di afferrare la maniglia, mi morsi il labbro.

Dovevo dirgli che sarei uscita?

La mia vocina mi rivolse uno sguardo truce e io la ignorai. Certo che dovevo!

Raggiunsi la sua camera in pochi secondi e bussai con le nocche. Dalla stanza provenne un suono roco e non riuscii a trattenere un sorriso divertito.

Aprii la porta e lo trovai seduto sul letto, la testa ancora china sul portatile e mille fogli con delle scritte in nero sparsi per terra, sulla scrivania e intorno a lui.

Alzò lo sguardo e mi sorrise. Si alzò lentamente ed appoggiai la schiena allo stipite della sua camera.

Lo guardai avvicinarsi cautamente, i suoi occhi verdi che stavano brillando.

Scelti Dal Destino (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora