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Lena, l'eroina della mia saga fantasy nonché spietata assassina del regno di Morvern, avrebbe dovuto pianificare il proprio attacco contro il luogotenente della regina, Arvane, uno stregone che intratteneva una relazione segreta con la nipote della stessa e che si stava servendo della propria influenza e dei propri poteri magici per manipolare le autorità monarchiche e politiche. E invece Lena si era messa a fantasticare di togliere i vestiti di dosso a Ten, il capo delle guardie della regina, che era stato biondo per tutti i primi cinque capitoli e che adesso era diventato moro e con gli occhi verdi. Ten non doveva essere l'eroe romantico. Anzi, non doveva proprio esserci nessunissimo eroe romantico. Qui si trattava di Lena! Frustrato, mi allontanai dal computer con una spinta.

Maledetto Harry! Stava guastando persino il mio manoscritto con la sua carica erotica velenosa.

Basta. Per oggi avrei chiuso con il lavoro. Sapendo che Niall avrebbe preso del cibo cinese da asporto per cena dopo la sua giornata all'università, decisi di fare un salto nella palestra dietro l'angolo, in Queen Street, per un attacco preventivo alle calorie. In genere non ero attento alla mia dieta, ma a scuola mi cimentavo in diversi sport e mi piaceva mantenermi in forma, il che era una buona cosa, dal momento che adoravo le patatine. Patatine grandi, piccole, grasse, deliziose e croccanti. La relazione stretta che intrattenevo con loro era forse la più concreta della mia vita.

Sfogai la frustrazione per il mio libro su tapis roulant, ellittica, cyclette e pesi fino a che non mi fui ridotto a una gelatina sudata e impresentabile. L'allenamento mi rilassò al punto che il mio cervello riprese a lavorare. Un personaggio femminile cominciò a prendere forma nella mia mente e non volle più saperne di lasciarmi in pace, soprattutto perché era molto simile a me. Sola nella vita, indipendente, determinata. Era cresciuta in affido in Scozia per trasferirsi poi negli Stati Uniti con un visto di lavoro, e aveva finito per innamorarsi...

Il personaggio era mia madre. La storia di mia madre era stata felice finché non era finita in tragedia. E a chi non piace una buona tragedia? Mia madre sarebbe piaciuta a tutti. Era risoluta e schietta, ma davvero buona e compassionevole. Mio padre la adorò sin dal primo istante, ma gli ci vollero sei mesi per riuscire ad abbattere le sue difese. La loro storia era stata straordinaria. Non avevo mai pensato di scrivere un romanzo sentimentale, ma non riuscivo a togliermi dalla testa l'idea di rendere immortali i mie genitori attraverso la carta. 

Sprazzi di ricordi che avevo sepolto sotto un ferrea e gelida determinazione presero a passarmi davanti agli occhi, fino a quando la palestra intorno a me svanì: vidi la mamma davanti al lavandino della cucina, che lavava i piatti perché non si fidava della lavastoviglie. Papà che le si avvicinava senza fare rumore e, facendole scivolare le braccia intorno ai fianchi, la stringeva a sé e le sussurrava qualcosa all'orecchio. Non so cosa le avesse detto, ma lei si scioglieva, abbandonandosi contro di lui e alzando la testa in cerca di un bacio. Poi, d'un tratto vidi papà rincorrere la mamma dentro casa una sera, la porta che sbatteva e io e la mia baby-sitter spaventati come non mai. Mamma che gli urlava contro e lo definiva uno sbruffone, un dannato maschio alfa. 

Papà che, ringhiando, rispondeva che non sarebbe stato con le mani in mano a guardare uno stronzo qualsiasi provarci spudoratamente con lei lì, sotto il suo naso. Mamma che urlava che lui non avrebbe dovuto dare un pugno a quel tipo. "Ma ti aveva messo una mano sul culo!" aveva ribattuto papà, mentre io continuavo a guardarli, stupito e frastornato. Qualcuno aveva toccato il sedere alla mamma davanti a papà? Che idiota. "Me ne stavo occupando io!" aveva replicato la mamma. "Non abbastanza velocemente! Tu con quello non ci lavori più!" Da quel momento la discussione era andata inasprendosi, al punto che la mia baby-sitter se l'era data a gambe senza nemmeno aspettare di essere pagata. Ma io non ero preoccupato per quella lite. 

Il rapporto tra i miei era sempre stato appassionato. Si sarebbe risolto tutto quanto. E così era stato. Papà si era scusato per aver perso la testa, ma sul fatto che la mamma non avrebbe più dovuto lavorare con quel tizio era stato irremovibile. Ne aveva fatto un tale dramma che la mamma infine aveva acconsentito, perché quello stronzo del suo collega era... be', uno stronzo, così avevo immaginato che dovesse esserci stato dell'altro oltre a quello che era successo quella sera. La mamma, dunque, aveva cominciato a lavorare in un altro studio di commercialisti. Il matrimonio era tutta una questione di compromessi, aveva detto, e papà per lei si sarebbe comportato allo stesso modo.

Sei bellissimo, staseraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora